Due medici, attenti lettori del BMJ, hanno scritto al giornale commentando un articolo in cui si stigmatizza il ricorso a sponsor commerciali per organizzare congressi medici. (*)
Ma chi è che predica bene e razzola male? Secondo i due medici proprio il BMJ!
Nella prima lettera un nefrologo ospedaliero scrive: “Trovo sconveniente pubblicare un articolo sui possibili effetti collaterali di un farmaco (un antidiabetico della famiglia GLP-1) e poi trovarmi nello stesso numero del giornale la pubblicità del medesimo a tutta pagina”
Nell’altra lettera un medico di famiglia di Bristol fa notare come il BMJ si sia sempre vantato di fornire ai lettori una informazione indipendente e corretta ( indipendent and unbiased ). Come si può conciliare tutto ciò con un giornale che accetta di pubblicizzare i farmaci?
Si potrebbe rispondere che i medici sono in genere così intelligenti da saper schivare le trappole della pubblicità, ma le evidenze ci dimostrano il contrario. Esistono prove di come la pubblicità dei farmaci sia fuorviante – conclude la lettera- e sarebbe ora che il BMJ diventasse advertisement free.
L’articolo citato dalle due lettere si riferisce al commento portato in prima pagina da alcuni
quotidiani inglesi circa la sponsorizzazione di eventi medici pubblicato il 19 ottobre e firmato dal corrispondente Sosia Kmietowicz.
*“Industry sponsorship hits the headlines. BMJ 2016;355:i5585”
Il clamore è stato provocato da un depliant pubblicitario inserito nella cartellina dei congressisti che avevano partecipato all’incontro annuale del Royal College of General Practitioners. Il depliant invitava ad iscriversi ad una organizzazione chiamata Babylon che offre ai cittadini consultazioni mediche online a pagamento. Nello stampato si invitano i medici inglesi ad offrire le loro consulenze in videoconferenza promettendo tra le 50 e 60 £/h ovvero, in caso di impegno annuale, un guadagno fino a 90mila£ (circa 100mila€).
Per questa pubblicità Babylon aveva pagato all’Associazione dei GP inglesi la considerevole somma di 13.500£.
Alla fine, calcola il BMJ, gli sponsor avranno versato, tra annunci pubblicitari e plateatico per gli stand espositivi (circa 80) ben 525mila£, cosa che ha permesso agli organizzatori di rientrare ampiamente nelle spese pure con un discreto attivo di cassa.
I GP intervistati circa l’uso degli sponsor commerciali nei congressi medici hanno fornito risposte molto divergenti.
C’è chi ha ribattuto di avere una intelligenza sufficiente per non lasciarsi fuorviare (l’atteggiamento più diffuso), chi addirittura è stato felice di avere uno spazio di aggiornamento sulle novità del settore fornito direttamente dal produttore.
Altri naturalmente hanno dissentito: “Come è possibile offrire ai partecipanti un dibattito
sull’overdiagnosis e nel contempo sostenerla di fatto attraverso gli stand degli sponsor?”
Margaret McCartney, GP, editorialista del BMJ, che non aveva partecipato al convegno, ha
commentato negativamente l’iniziativa di accettare finanziamenti da Babylon. -Si tratta di una organizzazione che invita i GP inglesi a dedicarsi ai pazienti che se lo possono permettere, con la mira di un facile guadagno ma per una procedura dai risultati incerti qual è il parere medico attraverso uno schermo di computer-.
Altri, più pragmatici, hanno fatto rilevare che non avere sponsor avrebbe fatto lievitare la quota di iscrizione a livelli insostenibili, molto prossimi alle mille sterline.
Gli organizzatori si sono affrettati a rispondere che gli sponsor servono anche per offrire
partecipazioni gratuite a medici in formazione, che altrimenti non avrebbero potuto partecipare all’evento proprio per i costi di iscrizione.
Alla fine il parere di Peter Mansfield, il fondatore di Healthy Skepticism, che suggerisce come sarebbe meglio offrire dei corsi di psicologia delle decisioni umane, dove venga spiegato e compreso una volta per tutte che siamo vulnerabili e tutt’altro che immuni alle tecniche sofisticate di marketing approntate da Big Pharma. In questo caso probabilmente i medici in formazione non avrebbero accettato di partecipare ad un convegno scientifico così fortemente sponsorizzato.
E in Italia? Il paragone appare impietoso se qui da noi non ci si pone nemmeno il problema. La stragrande maggioranza dei Congressi medici vede come finanziatori protagonisti le case farmaceutiche che offrono iscrizione, vitto e alloggio ai medici partecipanti, oltre a pagare somme ingenti per poter aprire i loro stand commerciali all’interno dell’area congressi.
Libera traduzione e adattamento di Giovanni Peronato