Un articolo del BMJ svela come Coca-Cola abbia segretamente finanziato conferenze per giornalisti in università degli USA nel tentativo di stimolare articoli favorevoli alle bibite zuccherate sui media.(1) La ditta vuole far passare il messaggio secondo cui si possono bere in abbondanza le sue bibite se si fa anche dell’esercizio fisico; è tutto un problema di bilancio energetico. L’obesità, cioè, sarebbe legata alla mancanza di attività fisica, non all’assunzione di Coca-Cola. I milioni investiti a questo scopo sono stati soldi ben spesi.
La storia inizia con la creazione dell’ormai defunto Global Energy Balance Network, di cui abbiamo scritto nella lettera n. 36 (gennaio 2016). Dopo le denunce pubblicate dal New York Times, l’università del Colorado aveva restituito alla Coca-Cola i soldi ricevuti, nel tentativo di ripulirsi l’immagine, e la ditta aveva iniziato a pubblicare sul suo sito internet i finanziamenti a varie istituzioni e associazioni. Ma nessuno aveva ancora rivelato i finanziamenti segreti rivolti ad influenzare i giornalisti. Per esempio, un giornalista della CNN ha partecipato nel 2014 ad una conferenza presso l’università del Colorado, finanziata con 37.000 US$, ed aveva poi preparato un servizio a favore della mancanza di attività fisica come causa di obesità, assolvendo le bibite zuccherate. I primi finanziamenti per queste conferenze sono del 2011 e la prima conferenza si tenne nel 2012, con 20 partecipanti. Il professore universitario che aveva ricevuto questo finanziamento scrisse una mail alla Coca-Cola dopo l’evento classificandolo come un “home run” (un punto a baseball; un gol, in termini calcistici). E aggiunse che “i giornalisti ci hanno detto che questa conferenza è favolosa e può ispirare molti articoli e servizi”; “penso che nelle prossime conferenze potremo coinvolgere altri sponsor”. Per le successive conferenze il finanziamento aumentò a 45.000 US$. Un manager della ditta scrisse al professore: “ho letto tutto il rapporto sull’evento: eccellente. Conti su di noi per il prossimo”.
Non tutto fila liscio. Una giornalista, dopo aver scoperto che il finanziamento per la conferenza cui aveva partecipato proveniva dalla Coca-Cola, si lamentò con la National Press Foundation (NFP). Gli organizzatori della conferenza, interpellati dal presidente della NFP in seguito a questa lamentela, contattarono la giornalista e le dissero che i finanziamenti provenivano dalla fondazione dell’università del Colorado, dalle risorse messe a disposizione per l’educazione, nascondendo il fatto che la fondazione riceveva i soldi dalla Coca-Cola. La giornalista accettò la spiegazione, a dimostrazione del fatto che non è facile, nemmeno per un giornalista, distinguere tra informazione scientifica e marketing, quando quest’ultimo è occultato a dovere.
Il lavoro investigativo dell’autore dell’articolo del BMJ è stato possibile grazie all’applicazione del Freedom of Information Act (FOIA), una legge USA che permette di avere accesso, su richiesta, a tutti i documenti, compresi quelli di natura confidenziale, relativi al problema oggetto di indagine. Dal maggio 2016, un FOIA è in vigore anche in Italia,(2) anche se obbliga alla totale trasparenza, sempre su richiesta, solo la pubblica amministrazione. E se cominciassimo a chiedere al ministero della salute tutta la documentazione riguardante i rapporti con le ditte?
Riassunto e commento di Adriano Cattaneo
- Thacker P. Coca-Cola’s secret influence on medical and science journalists. BMJ 2017;357:j1638
- http://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/ministro/12-02-2016/trasparenza