Riviste mediche, editori e CdI

Easley TJ. Medical Journals, Publishers, and Conflict of Interest. JAMA 2017;317:1759-60
Gli editori di riviste scientifiche devono essere impegnati, come i redattori, nel definire e gestire le politiche sui CdI, perché la credibilità e l’integrità delle loro pubblicazioni costituiscono il loro bene più importante. L’autore, vice presidente e editore delle pubblicazioni del network di JAMA, precisa che per un editore oggi questo compito è sempre più complesso, in considerazione dei cambiamenti esponenziali del giornalismo biomedico negli ultimi 15 anni.

 

 

Il mondo del giornalismo medico è sempre più influenzato dalle tendenze culturali; in generale, le questioni che ruotano intorno al CdI non sono mai state così rilevanti. La veridicità, l’indipendenza e l’obiettività dei media sono sotto assedio, e la fiducia dell’opinione pubblica nel “quarto potere” sta raggiungendo il minimo storico. Allo stesso tempo, il pubblico è diventato sempre più cinico, e la sua disillusione incentrata sul CdI è in aumento. Per questi motivi, è più importante che mai che redattori e editori delle riviste mediche lavorino con intelligenza, e insieme, per ridefinire le loro politiche sul CdI e per riaffermare i loro valori, che devono essere focalizzati alla riconquista della fiducia dell’opinione pubblica sull’integrità e l’indipendenza del processo redazionale. Secondo l’autore, gli editori possono svolgere un ruolo attraverso tre modalità:

  1. pianificando un progetto finanziario attuabile a lungo termine;
  2. coltivando e attuando una profonda comprensione e rispetto nei confronti della cultura e dei valori dell’editoria;
  3. assicurando un’organizzazione che separi le decisioni editoriali da quelle redazionali, incoraggiando una collaborazione rispettosa.

 

La cosa più importante che un editore può fare per proteggere l’indipendenza editoriale è garantire la redditività a lungo termine e l’integrità del modello di business, soprattutto per le riviste pubblicate da soggetti no profit come l’AMA. Per riuscire a raggiungere questo obiettivo c’è bisogno non solo di un forte piano finanziario che gestisca le spese in linea con i ricavi anticipati anno per anno, ma richiede anche che l’editore lavori a stretto contatto con la leadership redazionale per garantire una strategia a lungo termine, per cui i piani di business supportino la visione editoriale. Per molti anni, il programma editoriale dell’AMA ha contribuito ad ottenere una eccedenza per le varie attività; a partire dagli anni 2000, però, il declino della stampa come piattaforma primaria per la lettura e per la diffusione di ricerche cliniche ha introdotto significative sfide per la carta stampata che ha cominciato un costante e talvolta precipitoso declino, stabilizzato durante questi ultimi anni. Tuttavia, durante questo decennio, l’editoria è stata in grado di riconvertire le risorse e programmare le spese per sostenere una nuova visione editoriale, focalizzata sul modello digitale. Ancora più importante, come altri hanno raccomandato, il processo per allineare la visione editoriale alla strategia aziendale deve essere un processo continuo, non episodico attivato solo nei momenti critici.

 

Nel 2014, lo staff redazionale e editoriale di JAMA ha iniziato a considerare l’espansione del network JAMA e l’aggiunta di nuovi titoli all’attuale gruppo di riviste di ricerca clinica. Dopo un allineamento intorno a una visione editoriale per creare un’offerta migliore di riviste unite come parte del network JAMA, si è lavorato contemporaneamente a una strategia digitale, un’importante opportunità per diffondere le riviste. È molto importante per gli editori rispettare e comprendere i valori editoriali, la cultura e l’indipendenza, pur garantendo la redditività del modello di business. Per JAMA, questo significava che la cosa più importante è il valore intellettuale dei contenuti che devono essere pubblicati, e non la vitalità commerciale della rivista. La materia è ricca nell’ambito di nuove scoperte? Il futuro per la ricerca e la pratica è promettente nell’ambito di un potenziale nuovo titolo? La rivista può svolgere un ruolo importante o come nicchia editoriale nell’introduzione di un nuovo titolo nel mercato? Queste erano le principali domande richieste in primis; la risposta è stata data dal caporedattore e non dall’editore. Se la genesi per i nuovi titoli avesse avuto inizio nel dominio dell’editore, senza il pieno rispetto dei valori editoriali e della indipendenza, le relazioni tra lo staff editoriale e la redazione potevano diventare tesi e in qualche modo ostacolare il progresso, come successo con molti editori nel passato. Secondo l’autore, gli editori possono anche pregiudicare la politica redazionale quando permettono agli interessi commerciali di svalutare quanto dichiarato nelle politiche sui CdI o quando il confine tra business e contenuto editoriale è sfocato, sia intenzionalmente o per altri motivi.

 

Un altro aspetto importante che l’autore sottolinea: gli editori delle riviste, in particolare quelle di ricerca clinica, devono comprendere quali siano le ricerche e le pratiche che servono, e devono conoscere gli standard delle comunità e le pratiche commerciali etiche specifiche di queste comunità. Un esempio di questo concetto viene dai mezzi di informazione: il Los Angeles Times ha pubblicato un numero speciale del Times Magazine per commemorare l’inaugurazione dello Staples Center nel 1999. L’apertura dello Staples Center è stato un evento culturale e commerciale di grande significato per Los Angeles, degno di un’edizione speciale della rivista. La direzione editoriale, tuttavia, durante la preparazione di questo numero speciale, stipulò un accordo commerciale con lo Staples Center, senza informare la leadership redazionale. Ripensandoci, l’editore riconobbe che l’errore fu il risultato di un “fondamentale malinteso dei principi editoriali dell’industria dei quotidiani”.

 

Se esiste un divario di conoscenza tra un editore di riviste mediche e i principi e i valori redazionali del giornalismo medico, la creazione di un CdI è inevitabile. Una comunicazione regolare tra editore e redattori è necessaria per ridurre la probabilità di violazione dell’indipendenza editoriale. Come in molti rapporti professionali efficaci, la collaborazione tra redattori e editore è migliore se c’è mutuo rispetto e buona volontà, ma sono richiesti anche solide strutture e una governance che devono fornire la definizione di ruoli, dei paletti entro cui muoversi, e una sottostruttura alla quale rivolgersi quando i conflitti inevitabilmente sorgono. Una governance strutturale destinata a garantire l’indipendenza editoriale può assumere molte forme, tra cui un comitato sulle pubblicazioni, un comitato di sorveglianza, un consiglio di governo o una struttura che si affida più esplicitamente agli standard della Commissione per l’Etica della Pubblicazione. A JAMA, un comitato di sorveglianza indipendente assicura l’indipendenza editoriale del redattore capo. Tra le altre responsabilità, questo comitato è il solo che ha la responsabilità di esaminare le prestazioni del redattore capo. Un piano di governance dettagliato definisce la struttura e la rappresentazione dei membri del comitato. Inoltre, come raccomandato dal Comitato Internazionale degli Editori di Riviste Mediche (ICMJE), il caporedattore ha un contratto che definisce i termini e la durata del contratto. In questa struttura, mentre c’è collaborazione tra editore e redattori, c’è anche una rigorosa separazione delle funzioni e delle responsabilità redazionali e commerciali; se il redattore dovesse avere autorità e responsabilità per le questioni che riguardano il settore economico, i lettori non potrebbero essere sicuri quale tra le priorità di business o editoriali abbia avuto la precedenza.

 

Gli editori di giornali medici possono avere successo solo quando i loro giornali riescono a garantire che i contenuti che pubblicano sono credibili e che l’indipendenza editoriale è autentica, e pertanto gli editori, così come i redattori, devono prestare molta importanza al CdI. Una rivista può avere successo nel lungo termine solo se il suo pubblico percepisce che la rivista non fa compromessi con i suoi principi per generare reddito e, altrettanto importante, che la rivista chiaramente sostiene un autentico impegno sul tema del CdI.

 

Libera traduzione di Sergio Conti Nibali, pediatra e direttore di UPPA (Un Pediatra Per Amico)