Questa newsletter aveva diffuso l’informazione del convegno mondiale dei No Free Lunch alcuni mesi fa: ho avuto tutto il tempo per pensare al tema del conflitto d’interesse (CdI), a come in varie circostanze era entrato nella mia esperienza e nella mia riflessione. Organizzare il viaggio è stato la conseguenza diretta.
Per me la consapevolezza del problema proviene dal gruppo di studio in Bioetica della Società Italiana di Neurologia, che aveva prodotto due lavori sul CdI da due punti di vista specifici,[1],[2] quello delle associazioni degli ammalati e quello delle società scientifiche. Il dibattito italiano sull’indipendenza delle linee guida e sul loro utilizzo normativo,[3] e quello internazionale sui risultati non pubblicati di trial sponsorizzati dalle aziende farmaceutiche,[4] rappresentano bene la distribuzione ubiquitaria del CdI. I buoni motivi per incontrare i colleghi attenti ai danni mondiali prodotti dal CdI sono numerosi.
Berlino ci ha accolti col sole. La Haus der Demokratie (Casa della Democrazia) è una costruzione in stile socialista, grigia, manifesti con citazioni (ahimè in tedesco) tappezzano l’accesso al cortile interno. La sala del convegno si riempie di voci plurilingue: l’atmosfera è amichevole, i tempi della scaletta scrupolosamente osservati. L’iniziativa è del MEZIS, i No Free Lunch tedeschi, che celebrano i 10 anni di attività ed hanno voluto festeggiare allargando la prospettiva e incontrando indiani, australiani, keniani, cileni, francesi, sudafricani, italiani, brasiliani, polacchi…
Nella prima giornata, dopo una conferenza stampa, vengono illustrate le modalità del CdI fra Nord e Sud del mondo (Peter Mansfield, Healthy Skepticism Australia; Alexander Lohner, Misereor) e di seguito si lavora in gruppo sulle differenze e analogie del CdI in varie aree, sullo sviluppo del CdI, sulle conseguenze sullo standard di cure proponibile e sull’aggiornamento professionale, sulle leggi anti-corruzione e sulle azioni internazionali. Nella seconda giornata viene riproposto il lavoro in gruppi finalizzato alle prospettive future di collaborazione fra gruppi nazionali, proposte di azioni specifiche per il Sud del mondo e modalità di sensibilizzazione dei colleghi con conclusioni condivise (Astrid Berner-Rodoreda, Brot fur die Welt; Manja Dannenberg, MEZIS).
Un medico indiano ha voluto sottolineare la funzione primaria della condivisione dei problemi: prima pensava che il CdI nella salute fosse un deprecabile problema nazionale, ora è convinto che le dimensioni siano molto maggiori e, nonostante resti deprecabile, sembra che valga anche in India “mal comune, mezzo gaudio”.
Lo spirito dell’incontro è stato quello di conoscersi per trovare modalità d’intervento comuni, per questo serve costituire reti che possano sia fare pressione a livello normativo (un esempio la proposta di un Sunshine Act europeo), che individuare le modalità del CdI in quello che accomuna il mondo sanitario, come le linee guida o l’aggiornamento, e proporre dei correttivi.
Le persone presenti a Berlino sicuramente erano impegnate ed entusiaste. Adesso la sfida è condividere i temi del convegno con i colleghi meno informati e motivati.
[1] “In assenza di competenze specifiche, c’è tuttavia il rischio che le Associazioni siano condizionate dai ricercatori stessi e dai loro sponsor. (…) Quando un’Associazione accetta la sponsorizzazione di convegni e d’iniziative da parte di aziende produttrici di beni e servizi, può diventare veicolo di diffusione di prodotti (farmaceutici, protesici ed altri) che non corrispondono pienamente all’interesse dei malati (per esempio indirizzando la spesa verso farmaci di limitata efficacia, piuttosto che verso provvedimenti socio-assistenziali).” M. Gasparini, V. Bonito, M. Leonardi, D. Tarquini, L. Colombi, M. Congedo, N. Marcello, R. Causarano, M. Gasperini, M. Rizzo, C. Porteri, L. Borghi, A. Primavera, C.A. Defanti. Il neurologo e le associazioni di malati: alleanze e conflitti, Bioetica, rivista interdisciplinare. Casa Editrice Vicolo del Pavone. Anno XVIII, n. 2A 2010 pp 193-205.
[2] “In Italia nel 2003 il CIRB (Coordinamento per l’Integrità dellaRricerca Biomedica) si è fatto promotore di un appello rivolto alle Società scientifiche, ai Direttori generali, ai Comitati Etici locali e ai singoli ricercatori per introdurre anche in Italia alcuni principi per la salvaguardia dell’indipendenza della ricerca biomedica, e di un’inchiesta finalizzata a valutare l’attenzione rivolta dalle Società Scientifiche Italiane all’interferenza di eventuali conflitti di interessi: hanno risposto 42 società su 99 interpellate.” M Gasparini, F Alberti, V. Bonito, F Formaglio, N Marcello, M. Marogna, C Porteri, E Pucci, D Tarquini, S Veronese, R D’Alessandro per il Gruppo di Studio di Bioetica e Cure Palliative della Società Italiana di Neurologia. Conflitto d’interesse e Società Scientifiche, documento interno 2011.