Sentenza del Consiglio di Stato e competenze delle Regioni

Antefatto

Nel 2016 la Roche è ricorsa al Consiglio di Stato contro la Regione Veneto per aver approvato un documento di indirizzo sull’utilizzo evidence-based di farmaci oncologici per il trattamento del carcinoma ovarico di I linea e del carcinoma mammario.

 

 

A settembre 2017, la III Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4546, ha annullato le raccomandazioni della Regione Veneto, nonostante fossero il prodotto di valutazioni di un gruppo di lavoro multidisciplinare di eminenti oncologi e di qualificati esperti del settore, seguendo una rigorosa metodologia scientifica riconosciuta e praticata a livello internazionale (il c.d. GRADE, Grading of Recommandations Assessment, Development and Evaluation). Come prevede il GRADE, le valutazioni sono espresse con raccomandazioni (es. positiva forte, positiva debole, negativa debole, negativa forte) alle quali si associano delle coerenti percentuali stimate di utilizzo.

Contesto e considerazioni

Il Consiglio di Stato ha annullato il documento della regione Veneto nonostante abbia riconosciuto il metodo ed il livello di competenze messo in campo, con la seguente motivazione: “le raccomandazioni contestate, nell’orientare medici e strutture sanitarie all’utilizzo di altre terapie alternative rispetto all’impiego di farmaci qualificati come moderatamente raccomandabili o addirittura, in alcuni casi, non raccomandabili, ha istituito, implicitamente ma chiaramente, una equivalenza tra principî attivi, che richiederebbe,… [1], una previa valutazione da parte dell’AIFA, unica deputata a compiere siffatto accertamento”[2]

A tal proposito si rileva che, se “compete solo all’AIFA la valutazione circa l’appropriatezza terapeutica dei farmaci, l’equivalenza tra i principî attivi impiegati per la cura di gravi patologie, e la rimborsabilità dei medicinali da parte del Servizio Sanitario Nazionale”, si osserva che, nell’autorizzare e rendere rimborsabili i farmaci, non risulta che AIFA svolga una valutazione delle equivalenze in maniera sistematica, bensì su eventuale puntuale richiesta da parte di terzi, né che definisca sistematicamente il place in therapy dei nuovi farmaci. Le iniziative regionali sembrano pertanto supplire a una vuoto lasciato dell’ente regolatorio centrale.

Nella sentenza del Consiglio di Stato inoltre si legge che le raccomandazioni introducono limiti aggiuntivi e stringenti controlli all’impiego di alcune terapie farmacologiche, condizionando la libertà prescrittiva del medico, con evidente lesione anche dei diritti dei pazienti, discriminati in funzione della zona di residenza rispetto alla fruizione di terapie rientranti nei LEA. [3]

Tale affermazione appare decisamente discutibile su più piani:

– La libertà prescrittiva del medico non è una libertà teorica ed assoluta ma deve essere concreta e calata nella realtà delle evidenze disponibili.

– Né AIFA, né tantomeno EMA definiscono il place in therapy dei nuovi farmaci nell’ambito, ad esempio, della stessa linea terapeutica.

– Infine, appare infondata e paradossale l’affermazione secondo la quale i cittadini di regioni che producono documenti di indirizzo sul governo dei farmaci e indicazioni di limitazioni d’uso, verrebbero discriminati. Nelle regioni infatti che producono linee di indirizzo evidence based, il diritto alla salute e ad un sistema sanitario efficiente, sembra più garantito grazie anche a strumenti di governo sull’uso appropriato dei farmaci – e quindi delle risorse – attraverso valutazioni costo/beneficio o costo/opportunità, a reale tutela dell’accesso dei pazienti alle cure. Tale tutela si sviluppa nell’immediato e nel tempo, specie in un quadro, come quello attuale, caratterizzato da un aumento importante del costo dei trattamenti.

La mancata uniformità dell’accesso ai LEA sul territorio nazionale infine è un tema spesso presentato come il prodotto della riforma del Titolo V della Costituzione che ha affidato alle Regioni competenze anche sulla sanità. Purtroppo tale affermazione è smentita dal fatto che le disparità che ancora si osservano, c’erano anche prima della Riforma federalista e ci sarebbero state purtroppo e comunque, a nostro parere, se fosse passato il referendum di riforma costituzionale del 4 dicembre 2016.

Il governo della sanità, che sia centralizzato o portato a livello delle regioni, ha sempre fatto sì che dove c’era una gestione “locale virtuosa” assicurava un’assistenza di qualità ai cittadini, dove la gestione invece a livello locale era, per usare un eufemismo “discutibile”, abbia continuato ad esserlo.

L’osservatore può registrare inoltre che le realtà regionali che si sono organizzate per valutare appropriatezza e place in therapy dei nuovi farmaci, con metodi validati a livello internazionale, mostrano un’importante mobilità attiva[4] (indice di attrazione della regione), mentre, le Regioni che non sviluppano strumenti di governo simili, più spesso presentano una importante mobilità passiva[5] (indice di fuga dalla regione) e una più alta spesa pro-capite.

L’osservazione della realtà sembra mostrare che le disparità nell’accesso ai LEA non sono generate dalle limitazioni associate a raccomandazioni sull’utilizzo appropriato dei farmaci, ma dall’esatto contrario, cioè da una non attenta e accorta gestione delle risorse evidence based. In un contesto di inevitabile aumento della spesa sanitaria e contemporanea riduzione delle risorse disponibili è fondamentale per la sostenibilità del Sistema Sanitario universalistico, evitare gli sprechi che si generano se – ad esempio – in nome di un’astratta libertà prescrittiva, a parità di evidenze di efficacia e sicurezza, ci si orienta sul farmaco o sulla classe di farmaci più costosa.

I LEA[6] devono soddisfare gli obiettivi di salute indicati nel piano sanitario nazionale e sono stati scelti in base ai principi di efficacia e di appropriatezza. Se l’“appropriatezza è l’adeguatezza delle misure messe in pratica per trattare una malattia. È il risultato della convergenza di diversi aspetti: quelli relativi alla salute del malato e quelli concernenti un corretto impiego delle risorse[7], ne consegue che, documenti come quello della Regione Veneto perseguono saggiamente tali obiettivi. Solo 8 regioni in Italia assicurano completamente i LEA secondo il documento pubblicato a luglio 2017 dal Ministero della Salute[8].

Sarebbe importante per un quadro coerente e complessivo del governo del farmaco che in AIFA, la CTS e la CPR non fossero unità distinte bensì un solo corpo dalla visione complessiva. Verrebbe forse valutata con maggiore accortezza, la rimborsabilità di farmaci, attualmente più costosi e noti per essere privi di valore aggiunto per il paziente e quindi non rispondenti al criterio di appropriatezza. Sarebbe auspicabile inoltre che AIFA, sempre nel quadro delle sue competenze, effettuasse sistematicamente valutazioni di equivalenza e individuasse il place in therapy dei farmaci o, in caso contrario, delegasse le regioni a farlo e che in questo processo, fosse assicurata la partecipazione delle associazioni dei malati. Potrebbe essere così diffusa, una maggiore consapevolezza del senso e del valore delle analisi e dei documenti che consentono il governo delle risorse per fare sì che i farmaci più efficaci siano veramente disponibili per i pazienti. Limitare prima, le valutazioni di equivalenza, ed invalidare ora, le raccomandazioni d’uso evidence based elaborate con strumenti utilizzati a livello internazionale, significa minare nelle fondamenta la sostenibilità del Sistema Sanitario universalistico. Merita di essere però sottolineato che, nonostante questi segnali, ci sono importanti azioni da sviluppare e ampi margini di intervento a tutela del SSN.

Lucia Alberghini e Giglia Bitassi

[1]           ai sensi dell’art. 15, comma 11-ter, del d.l. n. 95 del 2012

[2]           Consiglio di Stato, Sentenza n. 4546 del 29/09/2017

[3]           “la illegittimità delle raccomandazioni …, nella parte in cui di fatto introducono limiti aggiuntivi e stringenti controlli circa l’impiego di alcune terapie farmacologiche rispetto ai presupposti e ai requisiti già individuati a livello nazionale per esse dall’AIFA, discostandosi in modo sensibile dalla determinazioni assunte in proposito a livello nazionale dall’AIFA e, prima ancora, a livello sovranazionale dall’EMA, e condizionando la liberà prescrittiva del medico, con evidente lesione anche dei diritti dei pazienti, discriminati in funzione della zona di residenza rispetto alla fruizione di terapie rientranti nei LEA.” [Consiglio di Stato, Sentenza n. 4546 del 29/09/2017]

[4]           Mobilità attiva: indice di attrazione di prestazioni sanitarie offerte da una Regione ad assistiti non residenti

[5]           Mobilità passiva: indice di fuga di una Regione, con prestazioni sanitarie dei residenti di una Regione effettuate fuori da questa.)

[6]           I livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA) sono le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a garantire a tutti i cittadini, gratuitamente o con il pagamento di un ticket, indipendentemente dal reddito o dal luogo di residenza.

[7]           http://www.aifa.gov.it/glossary/term/1433

[8]           Ministero della Salute, Direzione Generale della Programmazione Sanitaria – Ufficio VI “Monitoraggio dei LEA attraverso la cd. Griglia LEA Metodologia e Risultati dell’anno 2015”- Luglio 2017