Certificato protettivo complementare: un sistema altamente redditizio per le aziende farmaceutiche

Il certificato protettivo complementare (“supplementary protection certificate”) fa parte di una serie di meccanismi di protezione industriale che include i brevetti. Questi certificati consentono alle aziende di estendere il loro monopolio di mercato fino a cinque anni oltre i 20 anni di protezione offerti da un brevetto.

Sono stati introdotti all’inizio degli anni ‘90 principalmente perché il periodo sempre più lungo tra il deposito di un brevetto del farmaco e l’ottenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio rendeva il periodo di protezione effettiva ai sensi del brevetto insufficiente a coprire l’investimento nella ricerca. Da allora, però, le cose sono cambiate, sia perché diversi studi hanno dimostrato che le aziende farmaceutiche recuperano i loro investimenti molto rapidamente, soprattutto sui farmaci antitumorali, sia perché i tempi di ricerca e sviluppo si sono notevolmente ridotti negli ultimi anni, sia perché i farmaci vengono venduti a prezzi elevati.

Nel 2017, un rapporto della Commissione Europea ha mostrato che le aziende farmaceutiche fanno un uso estensivo di questo meccanismo: l’86% dei farmaci ha ottenuto un certificato di protezione complementare tra il 2010 e il 2016. Tra questi, alcuni farmaci “blockbuster” (come Sovaldi/sofosbuvir, Glivec/imatinib e Herceptin/trastuzumab) hanno ricevuto certificati protettivi complementari, dimostrando un meccanismo troppo permissivo. Prolungare il monopolio di un’azienda farmaceutica ritarda l’ingresso sul mercato di farmaci generici più economici, penalizzando sia i pazienti che i sistemi di assistenza sociale.

A cura di Luca Iaboli

Fonte: Prescrire International. Supplementary protection certificates: highly profitable for drug companies. Prescrire 1 October 2021. https://english.prescrire.org/en/81/168/61229/0/NewsDetails.aspx

LEGGI TUTTA LA LETTERA 96