Hall of fame

Della famiglia Sackler, proprietaria di Purdue Pharma e produttrice dell’Oxycontin, uno dei farmaci maggiormente implicati nella crisi degli oppiacei, ci siamo occupati nell’editoriale della lettera del mese scorso. Le sfortune di questa famiglia, successive alle fortune associate al boom degli oppiacei, attirano cronisti e scrittori.

Di un libro appena pubblicato si occupa una recensione del Lancet (McCartney M. The fall of a poisoned empire. Lancet 2022;399:135). Il libro si intitola L’impero del dolore, e racconta la storia segreta della dinastia Sackler (Keefe PR. Empire of pain: the secret history of the Sackler dynasty. Picador, 2021). Il fondatore, Arthur M Sackler (1913–87), oltre a essere psichiatra e ricercatore, possedeva un’agenzia di marketing di così grande successo da essere incluso, nel 1997, nella Medical Advertising Hall of Fame. Non sapevo dell’esistenza di una hall of fame per la pubblicità medica; credevo che le hall of fame fossero riservate ad attori e attrici di Hollywood, a cantanti di country music e a campioni di basket e football. e a cantanti di country music. E invece, anche chi fa pubblicità medica può meritarsi un posticino in una hall of fame. Il riconoscimento, postumo, gli fu assegnato perché “nessun singolo individuo ha fatto di più per formare il carattere della pubblicità medica del multi-talentuoso Dr Arthur Sackler”. Un talento che, secondo il CDC, ha causato circa 500.000 morti tra il 1999 e il 2019. Solo che mentre il CDC contava i morti, i Sackler frequentavano i corridoi della FDA per far approvare rapidamente prodotti e bugiardini. Margaret Mc Cartney, l’autrice della recensione, così conclude: “L’immenso danno inflitto al mondo da un piccolo gruppo di persone energiche e ambigue è motivo di riflessione. Il totale fallimento delle agenzie regolatorie nell’evitare che succedesse è criminale, ed è sconvolgente dirlo.

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