Professionisti della salute e promozione da parte dell’industria

Il problema dell’influenza delle industrie farmaceutiche sulle scelte terapeutiche dei clinici dell’età evolutiva è purtroppo spesso poco conosciuto, e quindi sottovalutato. In una relazione tecnica riguardante l’argomento, pubblicata sulla rivista Pediatrics,[1] il Comitato sulla Bioetica dell’American Academy of Pediatrics (AAP) espone alcuni dati sull’argomento. In particolare, propongono elementi di monitoraggio dei metodi messi in atto dai rappresentanti dell’industria per influenzare i medici. Questi ultimi dovrebbero essere consapevoli degli effetti di tali influenze, al fine di effettuare scelte terapeutiche che siano sempre nell’esclusivo interesse degli assistiti.

Gli autori non negano peraltro l’importanza di una collaborazione tra clinici e industria quando scrivono che “lo sviluppo di prodotti farmaceutici e di dispositivi medici essenziali per la cura dei pazienti richiede un’interazione con medici esperti e con ricercatori in quasi tutte le tappe del processo di ricerca e sviluppo”. E affermano che i contributi economici delle ditte sono importanti, dato che i fondi stanziati dai governi per la ricerca medica sono inadeguati. Precisano che la collaborazione tra industria e professionisti della salute deve mirare sempre esclusivamente alla salute presente e futura degli assistiti stessi.

Quali sono invece i lati negativi di questa “collaborazione”? I rappresentanti dell’industria possono orientare le scelte terapeutiche dei medici verso i prodotti di quella data industria tramite incentivi finanziari (regali, compensi per attività professionali o in quanto relatori, inviti a pasti gratuiti, viaggi, alloggiamenti, donazioni per formazione e ricerca) e non finanziari (atteggiamenti di deferenza, apprezzamenti professionali, vari supporti mirati a incrementare la reputazione del clinico, ad esempio tramite nuove pubblicazioni). Se il paziente sa di questi condizionamenti, la sua fiducia nei confronti del medico può diminuire notevolmente. Ma il problema più importante e diffuso non è rappresentato dai medici che consapevolmente si fanno corrompere, ma da quelli che sono condizionati inconsapevolmente, sicuri di agire correttamente.

Panoramica sui rapporti tra professionisti della salute e industrie farmaceutiche

I dati riportati nell’articolo sono impressionanti. Per esempio, nel 2016 le industrie del farmaco negli USA hanno speso 29,9 miliardi di dollari in marketing, di cui 20,3 miliardi (68%) diretto ai medici; 5,6 di questi riguardavano il lavoro dei rappresentanti, per la presentazione di farmaci ai medici; 13,5 miliardi per i campioni gratuiti; 979 milioni per pagamenti ai medici per farmaci specifici; 59 milioni per formazione su specifiche patologie. Il settore accademico è tutt’altro che esente da questo tipo di contatto, sotto forma di consulenze, relazioni a convegni dietro compenso, e simili. Un sondaggio del 2009 aveva rivelato che il 76% dei medici intervistati affermava di avere trovato in qualche modo interessante l’informazione ricevuta dai rappresentanti, e il 29% usavano tale informazione per decidere di prescrivere un nuovo farmaco. È esperienza comune che i contatti di tipo promozionale avvengono nello studio del medico, durante convegni, e durante eventi formativi. I medici sono recettivi nei confronti di tali novità, anche perché i normali canali istituzionali di informazione su nuovi farmaci sono spesso lenti, mentre le ditte sono molto rapide. I rappresentanti sono spesso persone intelligenti e socievoli e fanno il loro lavoro di persuasione. Sono formati a conoscere gli interessi personali e la vita dei medici cui si rivolgono, e per instaurare un rapporto che appaia il più possibile come di amicizia. È quindi difficile rifiutarsi di interloquire con loro. Si informano sui tipi e livelli di prescrizione del singolo medico tramite agenzie che a pagamento accedono ai registri di vendita delle farmacie, per poi rivolgersi più frequentemente ai “bassi prescrittori” del farmaco della ditta per la quale lavorano, focalizzare meglio i loro metodi persuasivi e verificarne poi i risultati. Le informazioni che trasmettono sono spesso adattate alla promozione del farmaco che devono reclamizzare.

L’educazione continua in medicina (ECM) comprende sia gli eventi accreditati, e quindi verificati quanto a eventuali conflitti di interessi (CdI), sia quelli che non lo sono. Quando gli eventi finanziati da una ditta non sono accreditati, l’informazione che ne deriva, “confezionata” in modo da apparire neutrale, è spesso distorta al fine di promuovere la classe di farmaci, o uno specifico farmaco di quella ditta, e l’originale rispetto al generico. Spesso le relazioni sono preparate dalla ditta, che per la presentazione sceglie e compensa un relatore stimato nel settore. Oppure sceglie un esperto che ha già presentato una relazione favorevole per quella stessa ditta. Spesso il nome della ditta non compare nel programma, perché il vero sponsor risulta essere l’azienda privata che organizza l’evento, finanziata a sua volta dall’industria.

Per quanto riguarda la scelta dei relatori, l’industria preferisce quelli che hanno più tatto e che sottilmente sanno fare attività promozionale. Il relatore è “arruolato” gradualmente. Un primo livello include affidare al relatore una presentazione a un’audience locale dietro compenso. In questa fase può non esserci alcun tentativo di influenzare il contenuto della relazione. Se il relatore dimostra di favorire in qualche modo il messaggio della ditta, gli saranno affidate altre presentazioni, e sarà delicatamente incoraggiato ad adattarne il contenuto in modo da sostenere i prodotti della ditta stessa. Se tutto va bene, al relatore saranno affidate presentazioni a livello nazionale, con lauto compenso. In caso contrario non sarà più contattato dalla ditta. Ovviamente, in caso di collaborazione, il risultato per la ditta potrà essere un aumento di prescrizioni sia da parte del relatore che del suo pubblico. Il relatore prescriverà per ricambiare il “regalo” ricevuto, vale a dire l’opportunità di presentare dietro onorario, e per il legame ormai instaurato con la ditta; inoltre, ascolterà con più attenzione i rappresentanti che verranno a trovarlo. Questi relatori possono anche suggerire l’uso off-label del farmaco di cui parlano, estendendone talvolta indebitamente ed ampiamente le indicazioni terapeutiche (vedi il caso del gabapentin), cosa che è proibita ai rappresentanti in fase di commercializzazione. Si tratta della pratica definita “farmaci in cerca di una patologia”. Un altro esempio potrebbe essere l’induzione a un aumento delle diagnosi di allergia al latte vaccino per poi commercializzare le cosiddette formule ipoallergeniche.

A volte le ditte offrono donazioni a gruppi di sostegno ai pazienti che permettono al gruppo stesso di finanziare delle presentazioni per professionisti della salute finalizzate non solo a informare su una particolare patologia, ma anche sui trattamenti che quella ditta produce per la stessa patologia. I gruppi di sostegno in quel caso sono strumentalizzati affinché influenzino le scelte normative concernenti specifici farmaci.

Promozione tramite la ricerca

Questo avviene mediante articoli in riviste peer-reviewed, recensioni di articoli, editoriali scritti da esperti con legami con le ditte. Per quanto riguarda le linee-guida, si è visto che l’87% degli autori partecipanti ai gruppi di lavoro avevano una qualche forma di contatto con le aziende, il 58% ricevevano emolumenti dalle aziende e il 38% erano stati impiegati o pagati come consulenti da industrie farmaceutiche.

La ricerca finanziata dalle ditte in alcuni casi si è discostata dai normali standard di ricerca. Ne deriva una manipolazione dei criteri di inclusione dei casi, di selezione della popolazione da studiare, dei dosaggi dei farmaci in modo da favorire i risultati di quelli della ditta, un uso selettivo dei dati, mancata o ritardata pubblicazione degli studi sfavorevoli per la ditta, resoconto parziale e/o selettivo e/o distorto dei risultati, mancato resoconto degli eventi avversi, deviazione dagli standard accettati per l’analisi dei dati con conseguente distorsione dei risultati, distorsioni che si presentava anche nella discussione e nelle conclusioni degli articoli. Il fatto che la ricerca sia finanziata dalle ditte accresce notevolmente la probabilità che i risultati siano favorevoli alle ditte stesse. Una rianalisi dei dati in alcuni casi ha evidenziato come questi risultati fossero gravemente fuorvianti. In casi più gravi emergeva una cancellazione dei rischi individuati dopo la commercializzazione. Uno sponsor può decidere di impedire l’accesso ai dati a chiunque, tranne che agli statistici della ditta. A questo punto è più facile che si operi in un’ottica di selezione dei dati positivi, applicando in modo non corretto i modelli statistici. I nomi degli statistici scelti dalle ditte possono non figurare tra gli autori dell’articolo.

Accade anche che una ditta chieda a un gruppo di esperti del settore di prestare il loro nome come autori (ghost authors, vale a dire autori fantasma) di uno studio interamente realizzato dalla ditta stessa. Il nome dei veri autori può non comparire, mentre i ghost authors figurano o al primo o all’ultimo posto. La ditta può poi adoperarsi per far pubblicare l’articolo su una rivista con alto fattore di impatto. I ghost authors possono ricevere un compenso, ma anche in assenza di questo resta per loro il vantaggio di poter aggiungere una pubblicazione al loro curriculum. Ancora, le ditte possono finanziare studi dopo l’approvazione di un prodotto con l’unico scopo di pubblicizzarlo. In altri termini, si tratta di studi che servono solo a favorire la commercializzazione di quel prodotto, possibilmente a discapito del generico equivalente.

Il potere della psicologia della persuasione

I professionisti della salute ritengono di non essere influenzati dalle tecniche di marketing e di saper distinguere tra informazioni accurate e non accurate, nonostante molti studi indichino il contrario. Un monitoraggio delle prescrizioni mediche in un ospedale degli Stati Uniti attuato 22 mesi prima e 17 mesi dopo un simposio completamente sponsorizzato riguardante due farmaci, dimostrava un netto aumento di consumo di quei farmaci in quell’ospedale dopo il simposio, nonostante rimanessero fissi i dati di consumo nazionale degli stessi farmaci nello stesso periodo e i partecipanti riferissero di non avere cambiato orientamento prescrittivo dopo il simposio. Al contrario, una restrizione della partecipazione di medici a incontri con rappresentanti delle ditte, attuata in ambiente accademico ospedaliero, si associava a una riduzione della prescrizione di molti farmaci reclamizzati. I medici che ritengono di essere immuni da influenze delle ditte, ritengono che i loro colleghi non lo siano. Anche dopo avere seguito un corso volto a correggere questo loro punto di vista distorto, la distorsione persiste. Gli autori dell’articolo oggetto di questo sunto indicano le tecniche di persuasione adottate dai rappresentanti delle industrie per influenzare i medici:

  • Impegno e coerenza. I rappresentanti sono allenati a indurre il medico ad assumere un impegno. Portano ad esempio il medico a essere d’accordo sul fatto che sia necessario usare un farmaco che sia il meglio per curare quella data patologia e riduca i rischi di effetti collaterali. A quel punto suggeriscono che chiunque prescriverebbe il farmaco che loro promuovono, dato che presenta meno effetti collaterali dei farmaci di altre ditte (secondo il materiale informativo della ditta rappresentata). Infine, cercano di ottenere dal medico un impegno a prescrivere il loro farmaco sui primi 5 o 10 pazienti che visiteranno. Se il medico cede, dopo i primi 5 casi è molto probabile che per coerenza continuerà a prescrivere lo stesso farmaco.
  • Riprova sociale. Al medico si dice che la maggior parte dei colleghi in quel territorio stanno usando il farmaco A al posto del farmaco B. Per una naturale tendenza a uniformarsi, il medico facilmente si adeguerà alle scelte che gli è stato detto sono state fatte dai colleghi.
  • Simpatia. Come già scritto, i rappresentanti sono persone amichevoli, piacevoli e attraenti. Solitamente si è più responsivi nei confronti di persone con queste qualità, in particolare se l’incontro avviene in un luogo dove è servito un pasto e il rappresentante è pronto ad adulare, essere deferente, scherzare e fare anche dei regali. Il rappresentante può anche informarsi sugli interessi del medico, e trovarne alcuni in comune, per rinforzare il legame di “amicizia”.
  • Fare riferimento alle autorità del settore. Il rappresentante può comunicare che il tale esperto della tale prestigiosa università prescrive il farmaco che lui sta promuovendo. Metodo che può essere ancor più efficace se l’esperto opera nella stessa istituzione del medico oggetto della promozione.
  • Penuria. Genera la sensazione che qualcosa di valore è limitato in quantità, e induce la persona ad agire rapidamente per non farsi sfuggire l’occasione. Questa categoria include la possibilità di operare come consulente o relatore, opportunità da cogliere prima che svanisca o che sia colta da qualche altro collega.
  • Reciprocità. È una norma culturale piuttosto radicata e prevede di ricambiare ciò che si è ricevuto. Il medico si sente in dovere di ricambiare favori, regali o semplicemente la gentilezza. I regali non necessariamente devono essere di valore. Anche una penna o una tazza può indurre il medico a ricambiare dedicando tempo e attenzione al rappresentante.

Reciprocità e regali

Secondo gli autori dell’articolo, la cortesia e i regali influenzano la persona a un livello subconscio. Quando una persona prende una decisione, è convinta di averla presa coscientemente e razionalmente, ma di fatto la maggior parte delle decisioni umane non consegue a un esame razionale dei relativi pro e contro. Questo esame è effettuato con la partecipazione della corteccia prefrontale e richiede tempo. Entrano invece più spesso e più rapidamente in funzione le strutture del sistema limbico e paralimbico, per una scelta emotivo-intuitiva in parte inconsapevole. Si sceglie perché si sente che così è corretto. Le strategie di marketing, ad esempio un regalo, si rivolgono alla parte socio-emotiva del processo decisionale, nel nostro cervello. In alcuni casi la parte razionale interviene non nel decidere, ma nel giustificare una scelta distorta che lascia dei dubbi al medico quanto a correttezza. Il regalo è consegnato senza che ci sia il minimo accenno al fatto che ci si attende una reciprocità. Un piccolo dono non è percepito come un tentativo di influenzamento e quindi agisce come vaccino per far sì che successivi regali più importanti non siano percepiti come in grado di influenzare decisioni e scelte. Da vari studi emerge che il comportamento prescrittivo del medico è modificato anche dal ricevere un semplice pasto. Per quanto riguarda i campioni di farmaci, questi non sono percepiti come regali, perché in teoria diretti ai pazienti. Di fatto non sono poi dati più spesso a quelli meno abbienti, che negli USA non hanno coperture assicurative adeguate, e spesso sono usati dai medici stessi o dai loro familiari o amici. Quando il farmaco è dato al paziente, e si tratta di una terapia a lungo termine, lo stesso farmaco è poi prescritto, spesso a lungo termine e nella forma originale della ditta, non come generico.

Possibili soluzioni e indicazioni da parte di organizzazioni professionali

Non tutti i medici che ricevono i vari tipi di regali e incarichi subiscono un’alterazione della loro capacità di esprimere un giudizio obiettivo e modificano il loro comportamento prescrittivo a favore della ditta “donatrice”. È pertanto necessario che chi è inconsapevolmente influenzato mantenga una lucidità e vigilanza sufficienti a evitare distorsioni nelle prescrizioni. I medici devono saper conoscere e riconoscere le tecniche persuasive delle ditte.

Per quanto riguarda i rapporti formali con le ditte, sono state proposte due strategie: una di totale interruzione, che appare come la migliore ad alcuni e poco praticabile ad altri, e una di gestione di tali rapporti, che si avvalga di misure di trasparenza. Un’interruzione totale nel campo della ricerca sembra poco praticabile, data la scarsità di finanziamenti pubblici e la disponibilità di quelli privati. Un certo grado di collaborazione tra clinici e industria è visto da molti come necessario, perché i primi possono organizzare delle sperimentazioni cliniche e intervenire nell’intero percorso delle stesse, e nell’elaborazione dei dati e delle deduzioni finali, il che può portare alla produzione di nuove molecole attive e utili. Secondo alcuni le strategie di gestione offrono solo una soluzione parziale. Una di queste strategie propone che le collaborazioni tra medici e ditte (docenze, relazioni, partecipazioni alla stesura di linee-guida, esecuzione di attività di ricerca e stesura di articoli e commenti) siano pubblicate in un sito web; lo prevedono i vari Sunshine Act di alcuni paesi, ai quali ora si aggiunge l’Italia. Tuttavia, questa strategia non sembra eliminare le distorsioni e i CdI. Anzi, c’è il rischio che la distorsione permanga, perché relatori o consulenti possono ritenere che l’avere dichiarato l’assenza di CdI abbia risolto il problema. Tale dichiarazione di assenza di CdI può indurre i lettori di un articolo o i partecipanti a un convegno a sottostimare la possibilità di distorsione di dati e risultati. Da tenere presente che uno studio del 2018 evidenziava che tra gli articoli pubblicati da 100 medici tra quelli maggiormente pagati da 10 produttori di dispositivi medici, solo il 37,3% includeva la dichiarazione di tutti i più importanti CdI. Le dichiarazioni sarebbero più efficaci se includessero descrizioni precise delle relazioni con le ditte, unitamente a quanto ammontavano le cifre pagate, e comprendessero tutti i pagamenti, non solo quelli ritenuti importanti dall’autore. Per quanto riguarda gli articoli scientifici, si dovrebbero dichiarare i nomi di tutti coloro che intervengono nello studio, quanto a finanziamento, programmazione, raccolta e analisi dei dati, scrittura dell’articolo e delle conclusioni. Deve anche risultare se la versione finale dell’articolo abbia richiesto approvazione da parte della ditta.

È stato proposto di organizzare la dichiarazione di CdI in due parti. Primo, nel partenariato con l’industria i clinici dovrebbero accettare rapporti nei quali la ditta condivide almeno uno di due obiettivi primari con i professionisti della salute: a) fornire un’assistenza clinica di alta qualità agli attuali pazienti, oppure b) migliorare l’assistenza di futuri pazienti attuando una ricerca che sia eticamente e scientificamente solida. Secondo, individuare i casi in cui gli interessi dell’industria non siano allineati con quelli primari dei clinici e creare in partenza delle regole personali che proteggano questi ultimi, quando si verifica un disallineamento tra le due parti.

Quanto al ricevere regali dalle ditte, l’AAP ha approvato le linee-guida dell’American Medical Association, che non proibiscono del tutto le donazioni, ma suggeriscono di gestirle come segue:

  • I medici devono rifiutare qualsiasi somma di denaro da enti che hanno un diretto interesse nelle raccomandazioni di trattamento.
  • I medici devono rifiutare qualsiasi regalo per il quale sia attesa o sottintesa una reciprocità.
  • Le istituzioni accademiche e i programmi di borse di studio e di specializzazione possono prevedere finanziamenti speciali per sostenere la partecipazione di tirocinanti a riunioni professionali, inclusi incontri formativi, solo se il programma identifica i beneficiari sulla base di criteri istituzionali indipendenti e i fondi sono distribuiti ai beneficiari senza una specifica attribuzione a questo o quello sponsor.

Le indicazioni dell’AAP prevedono in più che i medici debbano rifiutare qualsiasi regalo fornito da una ditta farmaceutica che vende un prodotto che ricade nell’ambito prescrittivo del pediatra.

A cura di Silvio Loddo

1. Diekema DS and the Committee on Bioethics. Health Care Clinicians and Product Promotion by Industry. Pediatrics 2022;49: :e2022056549

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