Un giornalista di Science si è inventato un articolo pieno di errori facilmente identificabili e l’ha inviato a 304 riviste “open access”.(1,2) Riviste di questo tipo spuntano attualmente come funghi e danno la possibilità ai ricercatori di pubblicare i loro articoli, pagando somme ragionevoli ma a volte anche elevate per renderli accessibili liberamente e gratuitamente al pubblico.
La proliferazione di queste riviste, della maggior parte delle quali non si conosce la qualità, potrebbe essere un fatto positivo per la divulgazione scientifica; ma si presta certamente a loschi affari, sia tra editori e redattori delle stesse, sia tra ricercatori senza troppi scrupoli. L’articolo in questione era totalmente falso: falsi gli autori (Ocorrafoo Cobange, per esempio), falsa la loro affiliazione (fantomatici istituti dei quali era facile scoprire l’inesistenza, come il Wassee Institute of Medicine), falsi i metodi (con difetti che sarebbero risultati evidenti a qualsiasi reviewer), falsi i risultati (la scoperta di proprietà antitumorali in una molecola estratta da un lichene), falsa la discussione (un’affermazione su un presunto effetto dose/risposta non evidenziato nei risultati). Per simulare una scarsa padronanza con l’inglese, il testo era stato tradotto in francese con Google Translator e poi ritradotto in inglese con lo stesso programma. Nonostante queste evidentissime debolezze, l’articolo è stato accettato da 157 riviste. E non solo da riviste di settore, come il Journal of Natural Pharmaceuticals, ma anche da riviste che nulla hanno a che fare con l’argomento, come il Journal of Experimental and Clinical Assisted Reproduction. Da notare che alcune delle riviste appartengono a editori rinomati come Sage e Elsevier. La rivista Sage che ha accettato l’articolo è il Journal of International Medical Research, con una fattura per 3100 $. Il caporedattore, un professore emerito dell’Istituto di Psichiatria di Londra, si è preso tutta la responsabilità per l’errore. Invention Today è una rivista che Elsevier pubblica in India: nessuna spiegazione per l’accaduto. Circa un terzo delle riviste contattate sono pubblicate in India, un mercato evidentemente florido per l’open access, definito dall’autore della beffa un far west. Per fortuna l’autore ha subito ritirato tutti gli articoli accettati dalle 157 riviste, per evitare che tale presa in giro fosse pubblicata.
1. Bohannon J. Who’s afraid of peer review? Science 2013;342:60-5
2. Hawkes N. Spoof research paper is accepted by 157 journals. BMJ 2013;347:f5975 http://www.bmj.com/content/347/bmj.f5975?etoc=