Collaborazione con Big Food e Big Drink

Uno dei campi nei quali è più probabile che si ricorrerà a partenariati pubblico/privato è il controllo delle malattie non trasmissibili (respiratorie croniche, cardiovascolari, diabete, tumori), destinate a diventare prioritarie non solo nel mondo ricco, dove lo sono già, ma anche in quello povero. I principali attori del settore privato sono le multinazionali degli alimenti (Big Food) e delle bevande (Big Drink). Queste multinazionali sono additate da innumerevoli prove scientifiche come co-responsabili dell’elevata incidenza, mortalità e morbosità di molte malattie non trasmissibili, e dell’obesità che soggiace a molte di esse.

Eppure si pensa che sia impossibile attuare politiche di controllo delle stesse senza il contributo di McDonalds, Nestlé, CocaCola e compagnia bella (si fa per dire). Queste ditte, integrate in un partenariato con il settore pubblico, diventerebbero d’un tratto virtuose e rinuncerebbero a commercializzare i loro prodotti dannosi, sostituendoli progressivamente con alimenti e bevande salutari.

 

In un saggio pubblicato dal centro per l’etica dell’Università di Harvard,(1) Jonathan Marks, allievo di Lawrence Lessig,(2) si chiede quale sia l’etica di queste collaborazioni e cosa ne possa guadagnare la salute pubblica. Marks comincia col notare che la mission di un partner privato è diversa, e spesso contrastante, rispetto a quella del partner pubblico; è quindi impossibile che non vi sia un conflitto d’interessi. Vi è poi il problema della corruzione istituzionale, intesa dall’autore (e da Lessig) non come frode o inganno, ma come perdita di fiducia nelle istituzioni da parte dei cittadini.(3) La corruzione istituzionale non è necessariamente il risultato di pratiche illegali, e spesso nemmeno di pratiche considerate immorali. É invece il risultato di pratiche che confliggono con la mission dell’istituzione. Vi potrebbe essere, quindi, una perdita di fiducia nell’istituzione pubblica che da un lato ha come mission la salute dei cittadini, dall’altro si allea con un partner che è identificato come un rischio per la salute. L’istituzione “corrotta” perde la sua capacità di sviluppare e mettere in atto politiche, di stabilire delle regole e di verificarne il rispetto; perde anche la capacità di alzare la voce in difesa dei suoi valori, e arriva al punto di autocensurarsi. Nel campo della ricerca, perde la capacità di stabilire le proprie priorità e di solito abdica alla diffusione e alla comunicazione dei risultati, lasciando questo compito al partner privato, che si fa bello del suo presunto contributo alla salute pubblica e spalma una patina di rispettabilità sul suo marchio e relativi prodotti. Il partner privato acquista anche il diritto di esporre il suo logo di fianco a quello del partner pubblico, con il conseguente effetto sul marketing di tutti i suoi prodotti.

 

Molte istituzioni pubbliche favorevoli alla costituzione di partenariati pubblico/privato ritengono di essere in grado da un lato di ottenere in pieno i benefici che si aspettano dalla partnership, dall’altro di gestire i possibili danni. La storia, però, dimostra che ciò non è vero e che il partner privato riesce sempre a trarre da una collaborazione di questo tipo molti più benefici di quanti non ne tragga il partner pubblico; che anzi ne esce spesso con le ossa rotte. In conclusione, Marks pensa che le sfide etiche legate alla presenza di Big Food e Big Drink dovrebbero essere valutate con molta attenzione prima di procedere alla creazione di partenariati per il controllo delle malattie non trasmissibili. Meglio sarebbe tener fuori Big Food e Big Drink dalle assise dove si discutono e decidono politiche e regole, e dalle istituzioni che fanno ricerca per aiutare e stabilire le migliori politiche e le migliori regole.

 

“La prossima volta che sentirete di una ditta di alimenti o bevande che sponsorizza un programma di attività fisica per il doposcuola della vostra comunità, potete essere sicuri che diranno che è per mostrare la preoccupazione della ditta per la salute dei vostri bambini. Ma l’intento reale è sembrare degli angeli, facendo sentire i consumatori soddisfatti del marchio e distogliendo l’attenzione dalla natura insalubre dei prodotti. Stanno posando per un santino, come soleva dire un mio collega.” Michael Mudd, già Vice Presidente Esecutivo per gli affari globali di Kraft Foods.

 

1. Marks JH. What’s the Big Deal? The Ethics of Public-Private Partnerships Related to Food and Health. Edmond J. Safra Research Lab Working Papers, No. 11, Harvard University, 2013

2. http://www.nograzie.eu/wp-content/documents/Lezione%20di%20Lawrence%20Lessing_ultima.pdf

3. Lessig L. Republic, Lost: How Money Corrupts Congress — and a Plan to Stop It. Twelve, New York, 2011