Qualche mese fa, a Bari, Renzi capitò fianco a fianco con alcuni dirigenti di Farmindustria, che gli raccontarono le prospettive di crescita immediate di un settore dalle altissime capacità di investimento. È Massimo Scaccabarozzi, presidente dei farmaceutici italiani e tra i membri della delegazione che si è recata a inizio settimana a Palazzo Chigi, a raccontare la genesi del rapporto: “A luglio abbiamo fatto una serie di iniziative a livello regionale per far comprendere agli stakeholders il nostro valore finanziario. A Bari abbiamo incontrato Renzi, che è subito rimasto affascinato dal potenziale economico del nostro settore, che esporta il 70% del proprio fatturato ed è al terzo posto in Italia nell’export complessivo”.
In quella sede il premier scartò e, come è nel suo stile, rilanciò: “Vi diamo una mano, ma in un anno prometteteci 1.500 posti di lavoro”. “Noi siamo andati oltre – spiega Scaccabarozzi – abbiamo spiegato che eravamo in grado di muovere 1,5 miliardi di nuovi investimenti. E di crearne 2000, di posti di lavoro. In meno di quattro mesi siamo già a 1.600, più che nelle più rosee aspettative del premier”.
“Perché non organizziamo un incontro con i Ceo del vostro settore a stretto giro?”, rilanciò Renzi. Detto, fatto. A varcare il portone di Palazzo Chigi sono stati gli amministratori delegati dei più grandi colossi del settore: John Lechleiter e Eric Baclet (Ely Lilly), Belen Garijo e Antonio Messina (Merck Serono), Andrew Witty e Daniele Finocchiaro (GlaxoSmithKline), Joseph Jimenez e Georg Schroeckenfuchs (Novartis), Christoph Franz e Maurizio de Cicco (Roche), Joaquin Duato (Johnson and Johnson), Olivier Brandicourt e Giovanni Fenu (Bayer), Alberto Chiesi (Chiesi farmaceutici), Lucia Aleotti (Menarini), Lamberto Andreotti e Roberto Tascione (Bristol-Myers Squibb).
Di fronte una delegazione al gran completo. Oltre a Renzi, intorno al tavolo anche Pier Carlo Padoan, Beatrice Lorenzin e Luca Lotti. Un team con l’incarico di predisporre, in vista della legge di stabilità, un pacchetto di misure per venire incontro alle richieste di Big Pharma. Che, riassunte, sono quattro: uno snellimento burocratico, una maggior chiarezza nel caos delle competenze fra stato e regioni, incentivi fiscali per nuove (e vecchie) imprese, e una maggior efficienza e rapidità nelle procedure che regolamentano l’Aifa.
Nessun impegno concreto, ma il piatto per il premier è appetitoso: innestare in brevissimo tempo nel sistema paese una parte di quelle energie che sono fondamentali per rilanciare l’economia e ridare smalto all’azione di governo. Lo stesso discorso che farà ai colossi del tabacco, che nel nostro paese operano da circa quarant’anni, tra gli sponsor storici di un marchio d’eccellenza del made in Italy come la Ferrari.
Estratto dall’articolo dell’Huffington Post (Matteo Renzi: con Big Pharma e Philip Morris per rilanciare subito gli investimenti. Con buona pace di chi a sinistra li combatte da anni) del 9 ottobre 2014 (http://www.huffingtonpost.it/2014/10/09/matteo-renzi_5_n_5959450.html), a cura di Fabio Suzzi.