La proliferazione e la trasparenza finanziaria delle società di ginecologia

È stato recentemente pubblicato un articolo il cui obiettivo era identificare le società italiane di ostetricia e ginecologia, definirne le caratteristiche e accertarne la trasparenza finanziaria attraverso indagini basate sui siti presenti in internet e l’analisi dei relativi contenuti.(1) Si tratta di un argomento di grande interesse per NoGrazie.

 

Gli autori ricordano che i conflitti d’interesse (COI) sono stati definiti come “un set di circostanze che creano il rischio che le azioni e il giudizio professionale riguardo a un interesse primario possano essere indebitamente influenzate da un interesse secondario”. L’interesse primario di una società scientifica va inteso come quello di promuovere la migliore qualità delle cure (in un ambito specifico), anche attraverso l’educazione continua dei suoi iscritti. L’interesse secondario va inteso (in questo caso) come il benessere finanziario della società, insieme al profitto finanziario di qualche industria. Questo avviene non solo se la società riceve denaro dalle case farmaceutiche o dalle case produttrici di tecnologie inerenti alla società stessa, ma anche se membri della società hanno legami finanziari con l’industria che possono portare a influenzare le azioni e le decisioni all’interno della società stessa. Ricordano ancora che il COI è una condizione in cui uno si trova, non un comportamento. E sebbene COI e bias non siano sinonimi, il primo costituisce un fattore di rischio dimostrato per il secondo.

 

Le informazioni cercate in internet vertevano su:

1. le caratteristiche generali della società e del suo sito web (anno di istituzione  se la sede è indipendente o nei locali di un’organizzazione di congressi e provider di educazione continua in medicina (ECM), se sono disponibili online lo statuto della società e la descrizione dell’attività di ECM, se nel programma dell’ultima riunione annuale sono incluse e sessioni sponsorizzate, se sul sito si trovano pubblicità delle industrie o link che rimandino a siti di industrie;

2. la trasparenza finanziaria dell’associazione (discussione dei COI finanziari nello statuto, politica di interazione con le industrie, disponibilità online dei COI in essere per il presidente, il past president e il presidente eletto e per i membri del consiglio e dello staff, disponibilità online della situazione finanziaria annuale, informativa sui sussidi dell’industria e sulle donazioni individuali, e l’indicazione degli sponsor dell’ultimo congresso annuale basata su una spiegazione scritta piuttosto che su un semplice logo).

 

Sono state identificate 56 associazioni professionali di ostetricia e ginecologia. Ne sono state successivamente scartate 9 (perché società private, o gestite in modo individuale, o per caratteristiche religiose o socio politiche, o perché non più attive). Le caratteristiche delle 47 società rimanenti, in maggioranza di ginecologia, sono poi descritte nel testo e nelle tabelle dell’articolo. Sei società non hanno un sito web.

 

Tra il 1980 e il 2014 (anno dello studio) il numero delle società italiane di ostetricia e ginecologia è quadruplicato, partendo da 12 e crescendo alla media di una all’anno negli ultimi 35 anni. Le sedi delle associazioni sono indipendenti in 26 casi su 41, mentre per le restanti 15 le sedi sono nei locali di un’organizzazione di congressi e provider di ECM. Lo statuto è disponibile online per 32/41 società. Quarantasei società organizzano attività ECM e congressi, 9 includono sessioni sponsorizzate nei loro congressi annuali. Annunci pubblicitari o rimandi a link di industrie sono presenti sui siti di 12 su 41 società.

 

Per quanto riguarda la trasparenza finanziaria, nessuna delle società ha uno statuto che menzioni i COI. Nessuna ha almeno apparentemente sviluppato una politica di interazione con le industrie. I membri del consiglio spesso siedono in più di una società. I COI dei membri del consiglio della società e dello staff non sono mai riportati sui siti web. Nessuna società, tranne una, riporta sul web informazioni sui sussidi dell’industria e sulle donazioni individuali, e l’indicazione degli sponsor dell’ultimo congresso annuale. Anche i siti della AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani) e della SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia), le due società più importanti, sono carenti delle informazioni ricercate. Inoltre, sul sito della SIGO si fa pubblicità ad alcuni farmaci e alle case farmaceutiche che sponsorizzano corsi ed eventi.

 

Per gli autori dell’articolo l’aumento del numero delle società è inspiegabile. A volte vi sono addirittura dei doppioni, particolarmente nei sottogruppi di area ginecologica, quali fertilità e sterilità, chirurgia pelvica ed endoscopica, e uroginecologia. In nessun altro campo della medicina c’è stato un incremento così marcato. Una spiegazione teorica potrebbe essere che gli sponsor commerciali si sbilanciano a favore di patologie da cui si trae maggior profitto; in quest’ottica, la ginecologia può essere un’area più ricca e appetibile rispetto all’ostetricia in termini sia di farmaci che di dispositivi chirurgici e diagnostici. Ma è solo un’ipotesi.

 

La trasparenza finanziaria delle società si può dire che non esista, in quanto non si trovano pubblicate sui siti informazioni rilevanti, con l’eccezione del bilancio annuale di una singola piccola società ginecologica. Alcune società non hanno neppure un sito web. Sfortunatamente in Italia non c’è l’obbligo di pubblicare online i budget annuali e i dati riguardanti i finanziamenti ricevuti. Poiché non è stato possibile verificare se e in che misura esistano dei rapporti finanziari tra le associazioni di ostetricia e ginecologia e l’industria, gli autori deducono che non è possibile escludere che questi rapporti non esistano. Questo vale anche per il supporto ai meeting annuali e ai corsi, sebbene in questo caso l’area di ostetricia e ginecologia non costituisca un’eccezione rispetto ai dati sul finanziamento complessivo del settore della ECM in Italia.

 

Quasi tutte le società identificate forniscono ECM con corsi e congressi. La mancanza delle indicazioni riguardanti il sostegno dell’industria all’attività ECM sui siti non è né sorprendente né illegale, ma solleva comunque interrogativi etici. Alcune di queste indicazioni si trovano sul sito dell’AGENAS, che si occupa del programma nazionale ECM per conto del Ministero della Sanità. Tuttavia i dati non sono chiari e i finanziamenti non quantificabili, mentre i nomi delle industrie che sponsorizzano sono elencati.

 

Gli autori dell’articolo pensano che le società scientifiche dovrebbero pubblicare i dati sui finanziamenti delle industrie spontaneamente, e farlo sui loro siti. Questo appare particolarmente importante quando le società che fanno attività ECM, che costituisce una fonte di reddito per il provider, non hanno una sede indipendente, ma sono ospitate da società che organizzano eventi, le quali possono ricevere denaro da industrie farmaceutiche e industrie di dispositivi medici, o quando la pubblicità o i link dei prodotti appaiono sui loro siti. D’altra parte, senza una valutazione formale del prodotto ECM, nessuna conclusione può essere tratta.

 

Anche i COI dei membri dei consigli di amministrazione e dei comitati esecutivi delle società non sono resi noti. In genere è difficile trovare membri privi di COI e dovrebbero comunque essere concentrati nei consigli delle poche e maggiori società di ostetricia e ginecologia. Se ci sono tante piccole società scientifiche, la difficoltà aumenta ed è praticamente impossibile trovare membri privi di COI. Questo può avere influenza sull’attività della società, incluso lo sviluppo e la pubblicazione di linee guida.

 

Queste situazioni sono presenti, secondo gli autori, anche in altri ambiti e il loro lavoro potrebbe servire da guida per indagare altre specialità. Inoltre, essi ricordano come siano già state pubblicate delle linee guida per prevenire l’influenza delle industrie e mantenere l’integrità delle associazioni mediche. Rothman et al, in un articolo del 2009 su JAMA, affermano che le società scientifiche dovrebbero andare verso un divieto assoluto sull’uso di fondi delle industrie, ad eccezione dei fondi derivati dalla pubblicità sulle riviste, e che i bilanci dovrebbero essere pubblici e dettagliati. Nel 1965, negli USA, è stato creato il Council of Medical Specialty Societies. Questo Council ha creato dei codici di comportamento per quel che riguarda la trasparenza delle società e i loro rapporti con le industrie. In particolare, il codice invita le società a rendere pubblici i COI, i bilanci e i rapporti dei membri dei loro consigli con le industrie, in modo che le informazioni possano essere conosciute da tutti i soci e dal pubblico. Ad oggi questo codice di comportamento è stato accettato da 32 società scientifiche del Nord America affiliate al Council e da 17 non affiliate.

 

Esistono comunque degli esempi di società trasparenti che pubblicano sul web i loro bilanci e gli introiti ricevuti dalle industrie, oltre ai pagamenti ricevuti dai membri dei loro consigli direttivi e i pagamenti fatte dalle compagnie per l’organizzazione dei congressi annuali. Una politica attenta ai COI viene già attuata da numerose società scientifiche e non sembra che questo abbia portato effetti negativi in termini di bilanci, di soci, di partecipazione ai congressi e di reclutamento di leader.

 

Non è chiaro se il proliferare in Italia di tante società di ostetricia e ginecologia porti più benefici che danni alle pazienti. Sono necessarie altre indagini che verifichino se questo fenomeno aumenta davvero le conoscenze e se ciò si traduce in maggior benessere per le pazienti, o se al contrario la frammentazione conduca a portare informazioni distorte all’interno della comunità scientifica. I ricercatori italiani dovrebbero unirsi per ottenere trasparenza sui COI delle società che si occupano di ECM e sui finanziamenti dell’industria alle società scientifiche. Inoltre, il Ministero della Salute dovrebbe controllare l’ECM erogando crediti solo a quegli eventi completamente trasparenti in termini di finanziamenti dell’industria, compresi i finanziamenti per i congressi.

 

Più in generale si può affermare la necessità di un Sunshine Act per le società scientifiche e per l’ECM, in aggiunta a quello già esistente per i singoli medici, che porterebbe grossi benefici ai pazienti, ai medici stessi e ai ricercatori. Oggi non è eticamente accettabile la mancanza di trasparenza delle società scientifiche, ancor più pensando che queste influenzano la stesura di protocolli e linee guida, nonché’ il comportamento prescrittivo dei medici. L’impegno nella medicina delle società scientifiche non costituisce un semplice interesse, ma un dovere morale.

 

Gli autori concludono affermando la necessità di un rapporto tra le società scientifiche e i ricercatori dei dipartimenti farmacologici dell’industria, animati da uno stesso entusiasmo per fare il bene dei pazienti, e non un rapporto tra società e dipartimenti di marketing dell’industria, che hanno solo l’interesse di vendere più farmaci ai pazienti. La trasparenza e il rendere pubblici i dati non porteranno all’eliminazione totale dei COI, ma potranno rendere i medici e i cittadini capaci di guardare nella giusta prospettiva le informazioni prodotte dalle società.

 

Per le tabelle e la bibliografia si rimanda all’articolo originale:

1. Vercellini P, Viganò P, Frattaruolo MP, Somigliana E. Proliferation of gynaecological scientific societies and their financial transparency: an Italian survey. BMJ Open 2016;6:e008370. doi:10.1136/bmjopen-2015-008370 http://bmjopen.bmj.com/content/6/1/e008370.full.pdf+html