Ancora una volta, come quindici anni fa, Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri, interviene sul BMJ per stigmatizzare le storture ancora presenti nell’Agenzia Europea del Farmaco (EMA). (1) Per far meglio comprendere il suo pensiero allega una tabella dove si osservano in sinossi le modifiche attuate dopo che l’EMA stessa è stata spostata dalla Direzione Generale Imprese (DG Enterprise, anno 2000) alla Direzione Generale Sanità e Consumatori (DG SANCO, anno 2015).
L’attuale collocazione è certamente più appropriata della precedente, che vedeva l’agenzia del farmaco ed aziende produttrici sotto lo stesso ombrello; peccato però che il sostegno finanziario di EMA da parte dell’industria sia passato dal 71% all’83%. Chi sarebbe così improvvido da inserire in un comitato di valutazione farmaci un soggetto che percepisce l’80% del suo stipendio dalle aziende di cui deve giudicare i prodotti? Garantiti prosegue nel suo esame critico riassumendolo in due capoversi, accesso ai dati ed eccesso di potere.
1. L’accesso ai dati.
Si ammette che oggi la documentazione per il processo di approvazione di una farmaco dovrebbe essere ancora più trasparente, anche se qualche spiraglio è stato aperto rispetto alla totale riservatezza osservata in passato. Ma la critica più incisiva sta nei criteri usati per l’approvazione dei farmaci, sempre basati sulla triade storica: qualità, efficacia e sicurezza. Si dovrebbe aggiungere un quarto elemento, il “valore aggiunto”, cioè cosa apporta di nuovo un certo prodotto nel panorama dell’esistente. Ancora oggi purtroppo gli studi per la registrazione di un farmaco sono di superiorità verso un placebo oppure di equivalenza o di non inferiorità verso un comparatore attivo, mentre la registrazione viene concessa troppo spesso per outcome surrogati. Ancora oggi sono accettati solo studi sponsorizzati dall’industria, essendo facoltativi RCT condotti da ricercatori indipendenti. É ancora la stessa industria a redigere il foglietto illustrativo con le caratteristiche del prodotto, che andrà in mano a medici e pazienti, omettendo spesso informazioni importanti quali il confronto con altri farmaci della stessa classe terapeutica.
2. L’eccesso di potere.
Oggi il CHMP (Comitato per i Prodotti Medicinali ad uso Umano) concentra in sé troppe attribuzioni, alcune delle quali in chiaro conflitto fra loro. Ha facoltà, dietro compenso, di concedere consulenze scientifiche alle industrie per aiutarle a preparare la documentazione per gli studi di registrazione, che vengono poi giudicati dallo stresso Comitato, che in qualche caso fa ricorso (contro se stesso!). Il CHMP è responsabile nel contempo della farmacovigilanza e del ritiro dal commercio di farmaci che esso stesso ha autorizzato. Consulenze scientifiche, ricorsi e ritiro dal commercio dei prodotti dovrebbero essere attribuzioni di altri comitati indipendenti. Troppo spesso il CHMP approva farmaci in circostanze non ordinarie, quali l’”accettazione con riserva”, alla quale spesso non fanno seguito quegli studi adeguati che EMA aveva richiesto a posteriori per questo tipo di procedura. Si sta poi attuando una forma di approvazione descritta come “approccio flessibile alla regolamentazione dei farmaci”, che in sostanza mira a immettere più rapidamente alcuni prodotti sul mercato, ma basandosi su requisiti di prova inferiori rispetto all’autorizzazione convenzionale. Questo può essere pericoloso per i pazienti, in quanto sposta ulteriormente l’onere della prova dal pre-marketing al post-marketing.
A questo punto Garattini conclude come a più di 20 anni dalla sua creazione, l’EMA non abbia ancora assolto pienamente ai compiti istituzionali per i quali era stata pensata: una sola agenzia europea per l’approvazione dei farmaci, al fine di armonizzarne la disponibilità tra i singoli stati dell’Unione. Purtroppo gli interessi economici dei singoli stati e le lobbies industriali hanno finora ostacolato l’adozione di regole che favoriscano pienamente l’interesse dei pazienti.
Libera traduzione e riassunto di Giovanni Peronato
1. Garattini S. The European Medicines Agency is still too close to industry: two decades after its inception, the agency still fails to put patients’ interests first. BMJ 2016;353:i2412 doi: 10.1136/bmj.i2412 (Published 6 May 2016)