Società medico-scientifiche italiane e conflitto di interessi

É stato da poco pubblicato, sul BMJ Open, uno studio che indaga le interazioni tra le società medico-scientifiche italiane e l’industria farmaceutica e di dispositivi medico-chirurgici.(1) Si tratta di un lungo lavoro di ricerca, condotto da studenti in medicina, specializzandi e specialisti in Igiene e Medicina Preventiva, che hanno dato vita ad un Gruppo di Lavoro sul Conflitto di Interessi all’interno della Consulta dei Medici in Formazione Specialistica della Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (S.It.I). Le autrici e gli autori dello studio hanno sentito il bisogno di riflettere sulla frequente sponsorizzazione da parte delle industrie degli eventi formativi organizzati dalle società medico-scientifiche.

Questa prassi, purtroppo, viene spesso percepita come “normale” tra i nostri colleghi. Con il duplice intento di fare informazione e ricerca sul tema del conflitto di interessi è nato, dunque, un gruppo di lavoro che ha condotto un’indagine sui siti web delle società-medico scientifiche, allo scopo di fare luce su quelli che sono i rapporti con l’industria farmaceutica e biotecnologica.

 

Il primo obiettivo della ricerca è stato, quindi, quello di analizzare le interazioni tra società medico-scientifiche e industria nel contesto italiano. A questo scopo sono stati consultati i siti web delle 154 società iscritte alla Federazione delle Società Medico-Scientifiche Italiane (FISM), analizzando i seguenti parametri:

  • presenza di uno statuto o di un regolamento con un riferimento al problema del conflitto d’interessi;
  • presenza di un codice etico volto a regolamentare i rapporti con l’industria;
  • pubblicazione del bilancio societario;
  • presenza di loghi industriali sulla home page dei siti web;
  • presenza di una sponsorizzazione industriale all’ultimo congresso nazionale e/o presenza di simposi satellite sponsorizzati.

 

Il quadro che emerge dai dati raccolti è il seguente: solo il 4,6% delle società medico-scientifiche analizzate possiede un codice etico specifico, il 45,6% possiede uno statuto che menziona il conflitto di interessi e il 6,1% ha un bilancio societario trasparente. Rispetto alla sponsorizzazione industriale, l’indagine evidenzia che il 29% delle società presenta loghi di case farmaceutiche o di ditte di dispositivi medicali sulla propria home page; inoltre il 67,7% delle società ha accettato sponsorizzazioni industriali in occasione dell’ultimo congresso analizzato.

 

A partire da questi dati, il secondo obiettivo è stato quello di individuare il tipo di correlazione che intercorre tra le politiche regolatorie e la sponsorizzazione industriale. É interessante notare come la presenza di un codice etico sia associato ad un rischio maggiore di sponsorizzazione nel programma dell’ultimo congresso nazionale.

 

Esistono diverse possibili spiegazioni rispetto a queste tendenze, come ad esempio la presenza di norme poco stringenti sulla regolamentazione o sulla gestione del conflitto di interessi o la mancanza di un monitoraggio della loro effettiva applicazione. Un’ulteriore interpretazione potrebbe essere la maggiore propensione a dichiarare le sponsorizzazioni industriali, quando queste si verificano, da parte delle società che hanno adottato un codice etico.

 

Preoccupa, tuttavia, la possibile mancanza di una definizione univoca di conflitto di interessi, che, secondo Thompson, è una condizione in cui “il giudizio professionale riguardante un interesse primario tende ad essere indebitamente influenzato da un interesse secondario”.(2) La sponsorizzazione industriale rischia, dunque, di pregiudicare l’interesse primario delle società medico-scientifiche, il cui compito è quello di promuovere le attività di ricerca, l’aggiornamento medico attraverso un’informazione scientifica imparziale ed indipendente, la stesura di linee-guida e l’organizzazione di eventi formativi.

 

Dalla ricerca emerge anche che le società medico-scientifiche con un più alto numero di iscritti hanno un maggior rischio di sponsorizzazione industriale, avvalorando l’ipotesi secondo la quale esse sono più facilmente bersaglio da parte dell’industria per il loro alto potenziale prescrittivo.

 

Da questo scenario emerge, complessivamente una mancanza di trasparenza, in linea con i risultati di un altro recente studio italiano specifico sulle società ostetriche e ginecologiche.(3) La pubblicazione del bilancio societario sui siti web non è certo la soluzione al problema, ma rappresenta una prima strategia da implementare per avere consapevolezza dell’entità dei finanziamenti industriali.

 

Quanto alle politiche regolatorie, esempi virtuosi in Italia sono l’Associazione Culturale dei Pediatri (ACP) e la Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM), che  hanno adottato codici etici con norme puntuali rispetto alla sponsorizzazione dei congressi.(4,5)

 

Infine, proposte alternative alla diffusa sponsorizzazione industriale ai congressi sono state avanzate da Rothman e già sperimentate da alcune società statunitensi.(6,7) Si tratta di soluzioni ad interim, come un tetto massimo del 25% dei finanziamenti da parte dell’industria, prima di arrivare ad una “sponsorizzazione zero” o all’istituzione di un deposito centrale in cui far confluire i finanziamenti dell’industria, con la piena titolarità del patrimonio da parte della società destinataria.

 

In Italia, Pisacane ha proposto e sperimentato tecniche di formazione a piccoli gruppi (audit clinici, outreach visits, feed-back e reminder), di comprovata efficacia e a costi ridotti.(8)

 

Lo studio qui presentato, pur con i suoi limiti, vuole stimolare un dibattito in Italia sulle interazioni tra società medico-scientifiche e industria. L’intento del Gruppo di Lavoro sul Conflitto di Interessi è inoltre quello di estendere lo studio a livello europeo, attraverso la rete Euronet MRPH, formata da specializzandi in Sanità Pubblica di tutta Europa, contribuendo ad accrescere la consapevolezza sul tema del conflitto di interessi.

 

Cosima Lisi, a nome del Gruppo di Lavoro sul Conflitto di Interessi della Consulta degli Specializzandi della S.It.I

 

  1. Fabbri A, Gregoraci G, Tedesco D et al. Conflict of interest between professional medical societies and industry: a cross-sectional study of Italian medical societies’ websites. BMJ Open 2016;6e01124. doi:10.1136/ bmjopen-2016-011124
  2. Thompson D. Understanding financial conflict of interest. N Engl J Med 1993;329:573-6
  3. Vercellini P, Viganò P, Frattaruolo MP et al. Proliferation of gynaecological scientific societies and their financial transparency: an Italian survey. BMJ Open 2016;6: e008370. doi:10.1136/ bmjopen-2015-008370
  4. Associazione Culturale Pediatri (ACP). Impegno di autoregolamentazione nei rapporti con l’industria. Approvato con emendamenti dell’Assemblea dei soci dell’11/10/2013. Disponibile all’indirizzo: http://www.acp.it/wp-content/uploads/Impegno-di-autoregolamentazione-approvato-in-assemblea-2014.pdf
  5. Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM). Regolamento interno della Società Italiana di Medicina delle Migrazioni. Disponibile all’indirizzo: http://www.simmweb.it/fileadmin/documenti/Simm_x_news/2012/2012.Regolamento_SIMM.pdf
  6. Rothman DJ, McDonald WJ, Berkowitz CD et al. Professional medical associations and their relationships with industry. A proposal for controlling conflict of interest. JAMA 2009;301(13):1367-72
  7. Shofferman JA, Eskay-Auerbach ML, Sawyer LS et al. Conflict of interest and professional medical associations: The North American Spine Society experience. Spine J 2013;13:974-9
  8. Pisacane A. Rethinking continuing medical education. BMJ 2008;337:a973