Salute internazionale: Inevitabile iniziare con la serie di articoli pubblicati sul blog http://www.saluteinternazionale.info/
- Il primo presenta le ragioni per cui trattare tutte le persone affette da virus dell’epatite C (HCV) potrebbe essere considerata un’emergenza nazionale. Se così fosse, si potrebbe derogare dagli accordi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sulla proprietà intellettuale con una licenza obbligatoria che permetterebbe di produrre farmaci generici a basso costo (http://www.saluteinternazionale.info/2016/07/accesso-alla-terapia-contro-lepatite-c-la-soluzione/).
- Il secondo è quello che, sulla base del precedente, lancia una petizione per chiedere al governo l’adozione di una licenza obbligatoria per i farmaci contro l’HCV (http://www.saluteinternazionale.info/2016/07/epatite-c-il-diritto-alla-cura/).
- Un terzo articolo ci ricorda come la storia delle licenze obbligatorie non sia nuova. Per i farmaci contro l’HCV riguarda ora l’Italia e i paesi ad alto reddito. Ma i paesi a basso e medio reddito erano già passati attraverso questa esperienza quando ad avere costi esorbitanti erano i farmaci contro l’HIV (http://www.saluteinternazionale.info/2016/07/big-pharma-una-storia-che-si-ripete/).
- Il quarto articolo, partendo dal caso HCV, mostra come questo segni il passaggio ad una nuova fase nella politica farmaceutica, fase nella quale il profitto e i giochi finanziari salgono al primo posto, a scapito della ricerca, della salute e dei sistemi sanitari. Purtroppo, spesso, con un atteggiamento di indifferenza, ma anche di beneplacito, da parte dei governi (http://www.saluteinternazionale.info/2016/09/epatite-c-il-profitto-sopra-tutto/).
- Il quinto articolo ci porta negli USA, dove le leggi che permetterebbero di ridurre i costi e aumentare l’accesso ci sono, ma non sono mai state applicate per non fare uno sgarbo all’industria farmaceutica, che in cambio sovvenziona generosamente la politica (http://www.saluteinternazionale.info/2016/09/epatite-c-licenza-obbligatoria-allamericana/).
- Il sesto e finora ultimo articolo riferisce che anche il Rapporto sull’Accesso ai Medicinali pubblicato dall’ONU il 14 settembre 2016 esprime preoccupazione per questo razionamento pianificato dei farmaci anti HCV e si pronuncia a favore della licenza obbligatoria (http://www.saluteinternazionale.info/2016/09/epatite-c-prezzo-dei-farmaci-ordini-dei-medici-e-nazioni-unite/).
Stati Uniti
Negli USA sono soprattutto il New York Times e la rivista Health Affairs ad occuparsi del tema.
- Il New York Times in una serie di articoli riporta le proteste negli USA e in altri paesi per l’alto costo dei farmaci anti HCV (http://www.nytimes.com/2015/05/20/business/high-cost-of-hepatitis-c-drug-prompts-a-call-to-void-its-patents.html), la licenza concessa dai detentori del brevetto per produrne una versione generica in Egitto in cambio di royalties (7%) e della garanzia che non vi sia esportazione (http://www.nytimes.com/2015/12/16/health/hepatitis-c-treatment-egypt.html), le ulteriori proteste e le azioni legali intraprese per ridurre i prezzi dei farmaci anti HCV (http://www.nytimes.com/2016/01/28/business/gilead-faces-fights-over-hepatitis-c-and-hiv-drugs.html), e la possibilità di ridurre i decessi per HCV se i farmaci fossero più accessibili (http://www.nytimes.com/2016/05/05/us/hepatitis-c-deaths-in-us-rose-in-2014-but-new-drugs-hold-promise.html).
- Due professori di legge e medicina, rispettivamente delle Università di Yale e Harvard, propongono di usare una legge esistente, denominata government patent use, per produrre versioni generiche dei farmaci ritenuti troppo costosi per darli, a basso costo, agli individui assistiti da programmi federali per le famiglie a basso reddito. Le industrie farmaceutiche sarebbero compensate dal poter continuare le vendite ad alto prezzo per i rimanenti cittadini e da un aumento delle royalties proporzionale alle perdite subite per l’uso dei generici (http://content.healthaffairs.org/content/35/5/791.full.pdf+html).
Gran Bretagna
Sono ovviamente il BMJ ed il Lancet ad interessarsi del tema.
- Il BMJ comincia col suggerire che l’inclusione dei nuovi farmaci anti HCV, e di altri farmaci costosi, nella lista OMS dei farmaci essenziali (cosa che è poi avvenuta per i farmaci anti HCV) potrebbe contribuire a vincere le battaglie per renderli universalmente accessibili, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito (http://www.bmj.com/content/353/bmj.i2035).
- Poco dopo, in un’editoriale, una famosa economista propone al governo britannico un modo per tenere sotto controllo i prezzi: limitare i diritti di proprietà intellettuale mantenendone una buona parte sotto controllo pubblico (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i4136).
- In un successivo articolo, due studiosi di economia politica svelano i giochi finanziari che determinano i prezzi dei nuovi farmaci, in modo ben più preponderante che le spese sostenute per ricerca e sviluppo (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i3718).
- Un altro articolo mostra come dirigenti del SSN britannico abbiano tentato di limitare l’estensione del trattamento contro l’HCV, raccomandata dal NICE, giustificandosi con i rischi che ciò avrebbe comportato per la sostenibilità del sistema (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i4117).
- Tutti gli articoli di cui sopra hanno stimolato molti lettori del BMJ a scrivere lettere a favore o contro le tesi degli autori, con commenti e proposte, e contro risposte degli autori. Tra queste lettere, non poteva mancare l’opinione di un alto dirigente dell’industria, che ovviamente difende la sua politica dei prezzi (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i3718/rr-0). Tra le varie lettere, ve ne sono un paio di autori italiani, per chiedere una riforma delle regole per la determinazione dei prezzi da parte delle agenzie nazionali ed europea del farmaco (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i4136/rr-1), e per promuovere l’uso della licenza obbligatoria (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i4117/rr-5). Licenza obbligatorio che è peraltro evocata anche da un esperto britannico di medicina legale (http://www.bmj.com/content/354/bmj.i4117/rr-4).
- Il Lancet è meno impegnato del BMJ nel riferire le diatribe relative al prezzo dei farmaci anti HCV. Riporta alcune stime globali e nazionali sul carico di malattia e la risoluzione dell’OMS per l’eradicazione, menzionando la possibilità di una licenza obbligatoria (http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(16)30520-7/fulltext). Riferisce delle vicende relative al ritiro e alla concessione del brevetto per il sofosbuvir in India (http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(16)30656-0/fulltext). E pubblica un richiamo per un accordo tra le parti che permetta di aumentare l’accesso al trattamento negli USA (http://www.thelancet.com/journals/laninf/article/PIIS1473-3099(16)30005-6/fulltext), riportando le posizioni dei candidati alle prossime elezioni presidenziali (http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(16)31479-9/fulltext).
Italia
Non si può dire che la petizione di cui sopra sulla licenza obbligatoria abbia avuto una vastissima eco, nonostante sia sta firmata da associazioni e personalità importanti. Pochi sono stati i media che ne hanno parlato. Che si sappia, non se ne è parlato sui canali radio e TV nazionali. Qualche articolo è stato pubblicato su importanti quotidiani (Repubblica, Sole 24 ore). Qualcosa di più è apparso sui media specializzati, sia online che in forma stampata. Politicamente, però, la proposta ha sollevato interesse e discussioni, sotto forma di mozioni e di interventi in consigli regionali (per esempio, Toscana ed Emilia Romagna) e al parlamento nazionale. Il sostegno più autorevole alla petizione è arrivato dalla FNOMCeO, con un ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio Nazionale che riportiamo qui sotto. In precedenza, anche alcuni Ordini dei Medici provinciali avevano espresso la stessa posizione.
EpaC, la Onlus che si occupa di epatite, cirrosi e altre malattie del fegato, riporta la presentazione al Senato della petizione, ma non commenta, né positivamente né negativamente. Non è chiaro perché l’EpaC non prenda posizione, ma una possibile spiegazione potrebbe risiedere nel fatto che abbia “ricevuto più di 300mila euro da aziende produttrici di farmaci (costosissimi) contro l’epatite C (Janssen, Gilead, Abbvie),” come riferito da alcuni siti internet specializzati in salute (http://www.informasalus.it/it/articoli/big-pharma-soldi-medici.php, http://www.repubblica.it/salute/2016/08/13/news/big_pharma_la_verita_sui_soldi_dati_ai_medici-145932670/). Lo stesso presidente dell’EpaC afferma sul suo sito di ricevere soldi dalle aziende, ma non dice quali e in quale quantità (http://www.epac.it/default.asp?id=887).
Tra chi ha espresso dei dubbi sulla petizione vi è la Fondazione Allineare Sanità e Salute (ASS), la cui posizione è stata espressa ai seguenti link:
- Articolo di EpaC e altre Associazioni http://bit.ly/1TVvdxM; prima risposta di ASS http://bit.ly/1VMhRse; replica di EpaC http://bit.ly/1Uf4j7C; nuova argomentata risposta di ASS, insieme a CSERMeG e WONCA Italia http://bit.ly/1Xagogr
- Articolo di economisti di La Voce http://www.lavoce.info/archives/41394/epatite-c-se-il-farmaco-salvavita-costa-troppo-per-essere-usato/; articoli di commento di ASS, CSERMeG e WONCA Italia http://www.lavoce.info/archives/41614/epatite-c-nuovi-farmaci-a-tutti-ragioniam o-in-base-ai-dati/ e http://www.lavoce.info/archives/41617/epatite-c-perche-no-a-screening-di-massa/; presa d’atto da parte degli economisti autori del primo articolo http://www.lavoce.info/archives/41604/la-risposta-degli-autori-dinovi-carrieri/
ASS è critica rispetto a un forte allargamento delle attuali indicazioni AIFA all’accesso ai trattamenti con i nuovi farmaci anti HCV, per motivi sanitari (prima ancora che di sostenibilità e costo-opportunità) e per una valutazione prudenziale di rischio-beneficio alla luce delle attuali conoscenze. Ed è ancor più critica rispetto alle spinte a fare screening di popolazione e a dare farmaci a tutti gli infetti, a prescindere dal loro stato di salute.
Per quanto riguarda la petizione, ASS identifica le seguenti criticità:
- Sembra poco sostenibile che l’HCV costituisca un’emergenza nazionale di sanità pubblica. Potrebbe, è vero, interessare oltre 1 milione di italiani (le associazioni di pazienti dicono anche 2 milioni), ma che ci sono da molto tempo, non sono in aumento, bensì in diminuzione, perché non si fanno più trasfusioni di sangue infetto e c’è maggior consapevolezza sui rischi legati a strumenti taglienti. Fortunatamente, poi, i rapporti eterosessuali sono quasi esenti da rischi di trasmissione per l’HCV, a differenza di quanto può accadere con altri virus. Dunque il serbatoio degli infetti sembra in diminuzione, mano a mano che gli infetti più anziani decedono, per loro fortuna in gran parte di vecchiaia, e senza sapere di essere stati portatori di HCV.
- É poco sostenibile parlare di emergenza anche perché la progressione dell’infezione, quando c’è, in genere è molto lenta. Inoltre, è frenabile con una quantità di misure comportamentali sotto il potenziale controllo degli interessati, purché le conoscano e siano supportati nella loro implementazione, il che oggi non accade, anche se costerebbe 100 volte meno dei nuovi farmaci; o forse proprio per questo?
- E a maggior ragione non sembra sostenibile perché oggi i trattamenti innovativi a carico del SSN non sono affatto negati ai cirrotici con HCV (330 mila? interrogato, dato che non si è riusciti a completare il reclutamento dei 50.000 trattati concordati tra AIFA e i produttori, di cui i cirrotici sono solo circa 2/3). E non sono negati neppure ai pazienti F3 (e anche a non pochi F2, per cui probabilmente saranno previsti altri ampliamenti dei criteri), tant’è che nel 2015 il SSN ha pagato i famosi € 41 mila/trattamento perché i trattamenti avviati sono stati molto sotto quelli pattuiti nell’accordo stretto da AIFA, che solo al raggiungimento di quel target avrebbe previsto sconti molto importanti. Non si esclude che ci siano pazienti che rientrano teoricamente nei criteri di accesso stabiliti e cui qualche Regione/Centro abbia chiesto di aspettare, ma le cause sono motivi organizzativi dei Centri, che dunque non sarebbe il caso di sovraccaricare con altre ondate di infetti allarmati da un improvvido screening di popolazione.
- Per i motivi di cui sopra, non pare facile sostenere l’esistenza di un’emergenza nazionale o di un’estrema urgenza senza soccombere nell’arbitrato cui verosimilmente si appellerebbero le multinazionali, che vedrebbero i loro interessi globali minacciati se un primo paese ricco dovesse imboccare la strada della licenza obbligatoria. E se vincessero loro, i risarcimenti probabilmente affonderebbero del tutto il nostro SSN.
- In ogni caso l’ASS non sarebbe disposta a supportare un’iniziativa come quella prospettata drammatizzando in modo non evidence based i rischi di tutti gli infetti, e avrebbe poca tolleranza nei confronti di proposte di screening, finché non fosse chiaro:
- che chi non ha fibrosi evolutiva abbia più da guadagnare che da perdere con i farmaci attuali, non solo a breve, ma a lungo termine (la ricerca di Wong mostrerebbe ben altro, sia pure per l’HBV, con lamivudina, entecavir e tenofovir);
- che si è già riusciti davvero ad abbattere i costi dei farmaci innovativi di almeno 10 volte, e che pertanto il rapporto costo-opportunità non è più così inaccettabile rispetto a possibili usi sanitari alternativi di quell’ammontare di risorse.
- L’ASS teme infine che appelli come questi, pur senza poter indurre Governi di un singolo paese ricco a rischiare simili avventure, avrebbero comunque ricadute negative di insoddisfazione e sfiducia nei confronti del SSN, come se non fosse già sottoposto ad attacchi che rischiano di affossarlo (i due più immediati: linee guida di fatto vincolanti per tutti i sanitari affidate per legge a Società Scientifiche e porte aperte ai Fondi Sanitari e ad Assicurazioni che si finge di considerare integrative). Il rischio è di dare involontario supporto a una manovra per spingere lo screening, che scatenerebbe una pressione cui AIFA e SSN non riuscirebbero a resistere.
Varie ed eventuali (sempre a proposito di farmaci efficaci, ma costosi)
Mauro Pecchioli: Secondo voi, che ci stanno a fare quelle due case farmaceutiche che compaiono nel video come “contributo non condizionato”? http://www.tvqui.it/video/home/140577/anche-a-modena-la-settimana-della-fibrosi-polmonare.html
Risposta di Giovanni Peronato: Se non erro, uno dei farmaci in questione per il trattamento dell’ipertensione polmonare è il macitentan (Seraphin@) della Actelion che costa a dosaggio pieno negli USA 7.500 $ al mese. Lo studio vs placebo pubblicato nel NEJM nel 2013 aveva sollevato molte perplessità, anche da parte di studiosi italiani. In una lettera firmata anche da Gianni Tognoni si segnalava come il dato dell’end point composito primario (morte + ospedalizzazione) fosse favorevole al farmaco, mentre scorporando i dati della sola mortalità per ipertensione polmonare e per ogni causa il farmaco era pari o inferiore al placebo. In più uno degli autori, che aveva dichiarato in passato il non essere più eticamente accettabile condurre ancora studi vs placebo nel campo dell’ipertensione polmonare, si è dimostrato chiaramente recidivo. In ogni caso le azioni Actelion negli ultimi 5 anni sono salite da 25$ a 165$ e questo, al di là dello studio del NEJM, è sicuramente un ottimo e incontestabile risultato.
A cura di Adriano Cattaneo