In un recente articolo sul BMJ la giornalista Maryanne Demasi esplora i rapporti tra le agenzie regolatrici dei farmaci e le industrie farmaceutiche.[1] A sei agenzie di punta il BMJ ha posto una serie di domande riguardo a come sono finanziate, che trasparenza garantiscano quanto alle loro decisioni e ai dati in loro possesso, e quanto velocemente approvano i farmaci.
Sovvenzioni dalle industrie
Tutte le agenzie ricevono fondi dalle ditte farmaceutiche. La Food and Drug Administration (FDA) statunitense vede il suo budget finanziato per il 65% dalle ditte, l’EMA europea per l’89%, la Terapeutic Goods Administration (TGA) australiana per il 96%, la Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency (MHRA) britannica per l’86%, la Pharmaceuticals and Medical Devices Agency (PMDA) giapponese per l’85%, la canadese Health Canada (HC) per il 50,5%. Inizialmente la FDA era interamente finanziata dalle tasse dei cittadini, ma in seguito a una legge del Congresso USA del 1992, le industrie furono autorizzate a partecipare ai finanziamenti. Dal 1993 al 2016 i fondi delle industrie alla FDA sono aumentati di 30 volte. Nel corso degli anni questi finanziamenti sono cresciuti significativamente anche in altre agenzie. Ad esempio, l’EMA nel 1995 riceveva il 20% dei finanziamenti dalle industrie, attualmente riceve l’89%. Si tratta di un fenomeno ‘su scala mondiale’.
Questi finanziamenti possono configurare dei conflitti di interessi (CdI), e una recente serie di scandali legati a procedure di dubbia validità quanto ad immissione in commercio di farmaci e strumenti medicali ha imposto approfondimenti al proposito. Il tasso di approvazione dei farmaci da parte della TGA negli anni 2020-2021 è stato di 9 su 10. Un’analisi riguardante gli ultimi 30 anni effettuata negli USA rileva come a un aumento dei fondi delle industrie alle agenzie regolatrici è corrisposta una riduzione negli standard di prove scientifiche per le approvazioni da parte delle agenzie stesse, con danno ai pazienti. Il sociologo Donald Light, della Rowan University nel New Jersey, afferma riguardo a tali agenzie: “Non sono rigorose, non sono indipendenti, sono selettive e tengono per sé i dati”.
Consulenti esterni
Le cose non migliorano se si estende la verifica ai gruppi di consulenti esterni alle agenzie regolatrici, che dovrebbero offrire un parere indipendente ed esperto. All’interno dei comitati statunitensi e britannici dedicati alla valutazione dei vaccini per il Covid-19 hanno operato professionisti che avevano legami economici con le industrie produttrici dei vaccini, legami ritenuti accettabili dalle agenzie regolatrici. Uno studio durato 15 anni ha rivelato che, di questi esperti, quelli che avevano contatti con una sola industria avevano maggiori probabilità di votare a favore del prodotto di quella industria.
Trasparenza e CdI
La TGA rende noti i nomi dei componenti del Comitato di Consulenza sui Vaccini, ma non i dati riguardanti precedenti ed attuali CdI economici e non economici. Nel 2020 alla TGA fu fatta richiesta ai sensi della Legge sulla Libertà di Informazione (FOI) e la TGA rese noti nomi e dettagli delle dichiarazioni finanziarie dei componenti. Una richiesta di dati più approfonditi fu rifiutata, scrive Maryanne Demasi, perché secondo la TGA si trattava di informazioni personali e quindi fuori dal FOI. I componenti del comitato furono quindi interpellati per posta elettronica, e fu chiesto loro se volessero pubblicare le loro dichiarazioni, ma non risposero. Inoltrarono invece la richiesta al TGA, che si rese disponibile a rendere noto che cinque dei dieci componenti avevano CdI, ma non comunicarono quali erano questi cinque ed affermarono che “si trattava di interessi che non davano luogo a conflitti”. La TGA prevede l’esclusione di componenti dalle riunioni, in dipendenza dai CdI riferibili alla riunione specifica, ma non rende noti dettagli e motivi della esclusione. L’agenzia canadese HC non si avvale usualmente di esperti esterni per le sue valutazioni e il suo gruppo di valutatori è l’unico a non avere CdI, tra quelle interpellate dal BMJ. Le agenzie europea, britannica e giapponese pubblicano regolarmente online le liste dei loro componenti e le relative dichiarazioni di CdI. La FDA giudica i CdI sulla base di ogni riunione e può accordare deleghe alla partecipazione volta per volta.
Dati della ricerca
EMA e HC pubblicano buona parte dei dati delle sperimentazioni cliniche degli sponsor nel loro sito web. TGA invece, come altre agenzie, non riesamina i dati derivanti da tali ricerche per verificare quanto rilevato su ogni singolo paziente, ma si basa su sintesi fornite dagli sponsor farmaceutici, che tengono per sé l’intero set di dati. Ad esempio, per l’approvazione dei vaccini per il Covid-19 la TGA aveva esaminato i dati aggregati forniti dai produttori dei vaccini stessi. Joel Lexchin, ricercatore nel settore delle policy sui farmaci alla York University di Toronto fa notare come la TGA dovrebbe riesaminare l’intero set di dati, non basarsi su sintesi. Solo FDA e PMDA effettuano questo riesame dei dati a livello di ogni singolo paziente, ma non pubblicano spontaneamente i risultati.
Di recente un gruppo di più di 80 docenti e ricercatori facenti parte del “Public Health and Medical Professionals for Transparency” ha fatto causa alla FDA al fine di accedere ai dati completi usati per approvare la commercializzazione dei vaccini Pfizer per il Covid-19. La FDA ha replicato che il carico di lavoro era tale che poteva fornire informazioni al ritmo di 500 pagine al mese, ciò che avrebbe portato a completare il compito in 75 anni. Un giudice di un Tribunale Federale ha tuttavia imposto alla ditta di ottemperare in otto mesi. A quel punto Pfizer ha chiesto di essere esentata in quanto riteneva che si trattasse di informazioni esenti dal FOI, ma tale richiesta è stata rifiutata.
Approvazioni rapide
I finanziamenti da parte delle ditte farmaceutiche hanno portato a un aumento del personale delle agenzie regolatrici, e questo ha fornito un pretesto alle industrie per chiedere un’approvazione veloce delle richieste di commercializzazione dei farmaci, al punto da concordare una data limite per tale approvazione. Lexchin fa notare che si è creato un meccanismo per cui può accadere che gli operatori delle agenzie regolatrici lavorino a un ritmo elevato, con minore accuratezza; questo al fine di rispettare i limiti di tempo concordati, per il timore che un ritardo possa compromettere l’invio di fondi da parte degli sponsor. Si è visto che i farmaci approvati in questo modo sono poi ritirati più facilmente dal commercio per questioni di sicurezza, è più probabile che siano contrassegnati con un avviso di rischio per la salute, ed è anche più probabile che il produttore decida di eliminare uno o più formati di dosaggio del farmaco dopo la sua immissione in commercio. Inoltre, un processo di approvazione rapida può comportare l’applicazione di regole e misurazioni surrogate, tutt’altro che rigorose. Un esempio è l’approvazione dell’aducanumab per la malattia di Alzheimer, che ha un costo annuo di € 46.000 per paziente.[2] Nonostante un voto negativo da parte di tutti i componenti del comitato di esperti, la FDA aveva poi approvato il farmaco sulla base di un criterio surrogato, non adeguatamente validato, che misurava una diminuzione della proteina β-amiloide visibile. Si era infatti deciso che questo criterio potesse correlarsi con un criterio più valido, quello del miglioramento clinico. Tre componenti della commissione si dimisero per protesta, la decisione fu aspramente criticata su media e riviste mediche, il New York Times pubblicò un articolo investigativo, e due ospedali statunitensi si rifiutarono di adottare il farmaco.[3]
Courtney Davis, sociologo medico e politico al Kings College di Londra, afferma che le agenzie regolatrici dovrebbero ricevere fondi tramite una tassazione generale o un’imposta specifica applicata alle industrie farmaceutiche. Il finanziamento diretto, infatti, consente più facilmente alle ditte di configurare a proprio favore le policy e le priorità delle agenzie. Le industrie non devono avere voce in capitolo sugli obiettivi che le agenzie stesse devono raggiungere e sulla base dei quali devono essere valutate. Altrimenti si rischierebbero decisioni di approvazione sempre più rapide, anche per farmaci non giudicati terapeuticamente importanti per i pazienti.
Lo scambio di ruoli tra regolatori e collaboratori delle industrie
Si è osservato spesso come i professionisti operanti presso le agenzie regolatrici assumano in altri periodi ruoli di collaboratori con le stesse industrie che precedentemente regolavano. Ad esempio, nove su dieci dei commissari in servizio presso la FDA tra il 2006 e il 2019 hanno successivamente avuto ruoli collegati alle ditte farmaceutiche. Maryanne Demasi porta ulteriori esempi di CdI da parte di professionisti con ruoli di preminenza presso le agenzie regolatrici e di conseguenza riporta le proposte di coloro che vorrebbero una totale indipendenza delle agenzie regolatrici. Da varie parti si auspica che tutti i CdI nei componenti dei comitati di consulenza siano resi noti, unitamente all’ammontare delle cifre percepite da chi presenta CdI e il motivo per cui questi componenti non possono essere sostituiti da chi non ha CdI. Occorre verificare le motivazioni scientifiche su cui si basano i criteri usati per le approvazioni rapide, che devono ragionevolmente essere predittive dei risultati clinici che si vogliono raggiungere, come richiesto dagli standard della FDA. Nel momento dell’approvazione, le ditte devono avere già avviato gli esperimenti di conferma, di modo che non passi troppo tempo da quando il farmaco è stato approvato a quando si evidenzino effetti negativi tramite l’esperimento di conferma. Non risultano multe comminate dalla FDA per le ditte che non avviano immediatamente gli esperimenti di conferma; in alcuni casi di esperimenti di conferma che hanno avuto effetto negativo, la FDA non ha ritirato il farmaco approvato. Un esempio è quello del bevacizumab per il glioblastoma multiforme.[3]
Donald Light afferma che al momento non è possibile per medici e pazienti ricevere informazioni sicure dalle agenzie regolatrici dei farmaci. Data la situazione attuale, è opportuno che si istituiscano degli organismi non-profit come l’Istituto per la Qualità e l’Efficienza nelle Cure della Salute, operativo in Germania, al fine di attuare valutazioni dei farmaci immessi in commercio che siano indipendenti dall’industria, rigorose, imparziali e trasparenti. In altri termini, secondo Light le agenzie di controllo dei farmaci vanno ora controllate anch’esse da un comitato esterno, con personale e finanziamenti propri, e che abbia la necessaria autorità. D’altra parte, gli stati hanno organismi di controllo indipendenti per la sicurezza aerea, perché non dovrebbero averli per farmaci e vaccini?
A cura di Silvio Loddo
1. Demasi M. From FDA to MHRA: are drug regulators for hire? BMJ 2022;377:o1538
2. Mahase E. FDA approves controversial Alzheimer’s drug despite uncertainty over effectiveness. BMJ 2021;373:n1462
3. Lenzer J, Brownlee S. Should regulatory authorities approve drugs based on surrogate endpoints? BMJ 2021;374:n2059