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OMS: rendere disponibili tutti i risultati dei trials clinici

É la prima volta che l’OMS prende una posizione netta sull’obbligo di pubblicare i dati degli studi condotti sull’uomo.(1) In una dichiarazione diffusa il 15 Aprile 2015 afferma infatti che entro un anno dal termine dello studio tutti i dati dovranno essere depositati su uno dei due registri disponibili, quello europeo (EU-CTR) o quello statunitense (ClinicalTrials.gov), mentre i risultati dovrebbero essere pubblicati entro 2 anni su una rivista scientifica peer reviewed.

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The Cancer War, un grosso affare per Big Pharma

Colin Macilwain, giornalista scientifico scozzese, scrive su Nature che la battaglia contro il cancro sta cambiando strategia focalizzandosi sui test diagnostici e sulla terapia invece che ricercarne le cause e le modalità di prevenzione.(1) Quest’ultima viene gradualmente percepita dal pubblico in maniera distorta. Dopo la doppia mastectomia di Angelina Jolie e la successiva annessiectomia, migliaia di donne sono corse a procurarsi i costosi test genetici pensando sia questa la vera forma di prevenzione. Assieme ai test genetici, vengono oggi offerte cure sempre più costose per prolungare la sopravvivenza (non chiamiamola ‘vita’) magari solo di qualche mese, pensando che questa sia la strategia vincente nella guerra contro i tumori. Una grande massa di investimenti viene dirottata su test preventivi e sulle strategie terapeutiche piuttosto che essere impiegata nella ricerca delle cause. Big Pharma sembra dettare l’agenda anche a istituzioni pubbliche come il National Cancer Institute il cui budget per la ricerca sulla prevenzione è sceso dall’11% nel 2003 al 6% nel 2013. Si riduce anche il budget per la ricerca di sistemi di valutazione dei reali risultati ottenuti con le nuove terapie.

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Insulina evergreen

In un recentissimo articolo apparso sul NEJM ci si chiede come mai l’insulina, scoperta quasi un secolo fa e il cui brevetto fu ceduto nel 1923 al prezzo simbolico di un dollaro (e con la raccomandazione che non si facesse mai profitto di una farmaco salvavita) non sia ancora disponibile come prodotto generico.(1) Una volta ricevuto il brevetto l’Università di Toronto si rese subito conto che non sarebbe mai riuscita a produrre insulina per il fabbisogno del Nord America, così lo cedette alla Eli Lilly per gli Stati Uniti, lo tenne per sé invece per il resto dei mercati, vendendolo poi ad altre industrie farmaceutiche come la Nordisk danese (oggi Novo Nordisk). Già negli anni ’30 Hagedorn, che lavorava per la Nordisk, aggiunse della protamina all’insulina, prolungandone l’azione, ma anche il brevetto. Successivamente, con aggiunta di zinco, si riuscì a produrre un’insulina/protamina miscibile all’insulina regolare, lanciando sul mercato l’insulina NPH (neutral protamine Hagedorn), un altro brevetto, datato 1946. Negli anni ’50 si introdusse l’insulina cosiddetta ‘lenta’ arrivando ad estendere i brevetti sino agli anni ’70. Estrarre insulina dal pancreas di bovini e suini comportava la presenza di impurità con conseguenti reazioni immunologhe, così Novo Nordisk introdusse l’insulina monocomponente, altamente purificata, arrivando con il brevetto fino agli anni ’80.

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Non se ne parla più: medici e industria

Che le industrie farmaceutiche, di presidi e di apparecchiature sanitarie investano molte risorse economiche per informare/sollecitare/convincere i medici a prescrivere i propri prodotti, è noto da tempo e ripetutamente documentato. Talmente scontato da non suscitare più neanche un moto di indignazione, come succede con i fenomeni naturali che ci disturbano, ma non possiamo evitare. Di conseguenza, non se ne parla più. Almeno qui in Italia, dove siamo stati vaccinati da terremoti corruttivi in grande scala. Sapere però quanto il fenomeno coinvolga la classe medica e quanto sia in grado di influenzarne le scelte che ricadono sulla spesa sanitaria del Sistema sanitario nazionale e sulla salute dei pazienti, non è irrilevante.

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Informazione sui farmaci: chiedere all’oste se il vino è buono?

Il 15 febbraio 2013, nell’ospedale di Poissy, nei dintorni di Parigi, un settantenne morì per un’emorragia incontrollabile dopo una banale operazione a un ginocchio che si era svolta normalmente. Il 3 ottobre i parenti del paziente e di altre tre presunte vittime sporsero denuncia contro la multinazionale farmaceutica Boehringer-Ingelheim e contro l’Agenzia nazionale per la sicurezza dei farmaci (ANSM) sostenendo che i decessi erano attribuibili alla terapia con dabigatran (Pradaxa), sulla quale sarebbero state nascoste delle informazioni fondamentali per la sicurezza dei pazienti (1). Nel marzo 2014 il tribunale di Parigi archiviò senza seguito le denunce delle famiglie (2). Ma il 28 maggio 2014, negli Stati Uniti, Boehringer-Ingelheim International annunciò che avrebbe pagato 650 milioni di dollari nell’intento di porre fine a una cosa come 4000 denunce che la accusavano di non aver fornito informazioni sufficienti sui rischi legati al suo prodotto (3).

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Una brutta figura per i generici

Il 23 gennaio 2015, l’EMA (Agenzia Europea per i Farmaci) ha sospeso 48 farmaci generici dal commercio perché i relativi studi di approvazione condotti in India erano difettosi.(1) I generici sospesi sono molecole usate nella terapia di diabete, depressione e ipertensione (candesartan, donazepil, escitalopram, esomeprazolo e metformina). La FDA (l’EMA degli USA) non ha ancora preso un analogo provvedimento.

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Codice etico all’Istituto Superiore di Sanità

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS) si è finalmente dotato di un codice di etica.(1) Si tratta di una prima volta e di una diretta conseguenza dell’adozione di un nuovo statuto. Il Codice è rivolto ai suoi ricercatori e a tutto il personale. É stato messo a punto e adottato dal Comitato Etico dell’Ente, coordinato da Carlo Petrini, vicepresidente del Comitato stesso e responsabile dell’Unità di Bioetica, che ha redatto il Codice.

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Trials non pubblicati: un’ulteriore conferma

I lettori di questa newsletter sono bene informati della campagna AllTrials, cui aderisce anche NoGrazie, che chiede la totale trasparenza nella pubblicazione dei trials, soprattutto di quelli finanziati dall’industria farmaceutica. Molti avranno anche letto Ben Goldacre, che nel suo libro Bad Pharma mostra come di circa il 50% dei trials non si sappia nulla, perché i risultati non sono mai stati pubblicati. Con le ovvie tragiche conseguenze sulle terapie prescritte. Se qualcuno pensa ancora che ciò sia falso, ecco un ulteriore articolo a riprova delle affermazioni di Goldacre.(1) È pubblicato su una rivista open access e perciò può essere scaricato e letto gratuitamente da chiunque, basta saper leggere l’inglese (http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0101826).

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Direttiva UE sui segreti commerciali

Numerose associazioni europee hanno redatto e diffuso il 17 dicembre 2014 una presa di posizione contraria a una proposta di direttiva della Commissione e del Consiglio dell’Unione Europea riguardante i segreti commerciali. La riteniamo importante e abbiamo deciso di tradurla in italiano, perché anche individui e associazioni italiane la possano sottoscrivere, se lo ritengono utile. Inutile dire che il segreto commerciale riguarderebbe anche il commercio della salute.

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Gli studenti di medicina sono influenzati dalla promozione dell’industria farmaceutica?

Guido Giustetto, Recenti Prog Med 2014; 105: 445-447

La letteratura1 è sostanzialmente unanime nel valutare come inutili – e, già solo per questo, dannose – almeno il 30% delle prestazioni mediche: visite, indagini diagnostiche, prescrizioni di farmaci. Diverse sono le cause di questo fenomeno: la crisi del rapporto di fiducia medico-paziente, il persistere per incuria o ignoranza di pratiche obsolete, le attese miracolistiche verso la tecnologia sanitaria, l’atteggiamento difensivo dei medici e, non meno importante, la spinta promozionale dell’industria del farmaco e dei dispositivi medicali.

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