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Prescrizioni politiche

Il gruppo Corporate Europe Observatory ha pubblicato un interessante rapporto sulle azioni di lobby dell’industria famaceutica in Europa, dal titolo Prescrizioni politiche.(1) Qui sotto trovate la traduzione del riassunto del rapporto, e due delle figure più interessanti. Il testo completo del rapporto è scaricabile da http://corporateeurope.org/sites/default/files/20150904_bigpharma_web.pdf.

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A pharma payment a day keeps doc’s finances ok

ProPublica (http://www.propublica.org), un’organizzazione no-profit, che si occupa di giornalismo investigativo, ha provveduto a tracciare i pagamenti dell’industria ai medici sin dal 2010, dopo l’avvio del Sunshine Act. Nel 2014, ultimo anno del quale si conoscono i dati definitivi, 1.617 aziende farmaceutiche hanno effettuato 15.7 milioni di pagamenti per un totale di quasi 10 miliardi di dollari. Dei15.7 milioni di versamenti, quasi tutti (14.9 milioni) sono stati classificati sotto la voce “pagamenti generali”, cioè conferenze promozionali, pareri consultivi, cibo, bevande, viaggi e hotel.

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Pediatri del Friuli Venezia Giulia

Alcuni pediatri del Friuli Venezia Giulia hanno elaborato un manifesto per annunciare ai genitori dei loro assistiti l’impegno a proteggere la salute dei bambini evitando, per quanto possibile, interferenze commerciali. Al manifesto hanno aderito, finora, 32 pediatri. Alcuni l’hanno stampato ed esposto in sala d’attesa; altri ritengono, per il momento, di non esporlo, in attesa di fare, tra qualche mese, un primo bilancio di questa iniziative e, se necessario, di modificare il manifesto e l’iniziativa stessa. Ci sembra una proposta da incoraggiare e seguire con attenzione. Ecco il testo, molto breve, del manifesto.

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EXPO 2015

Sarà utile? E se sì, a chi? Molti probabilmente si staranno facendo queste domande senza trovare, per il momento, risposte certe. Quello che sembra certo è che EXPO 2015 interessa ad alcune multinazionali del cibo e delle bevande, che hanno fatto a gara per diventare sponsor ufficiali sborsando, immaginiamo, fior di quattrini, con la certezza di ottenerne un buon ritorno in termini di immagine e, probabilmente, di profitti. Se no, perché spenderebbero tanti soldi? Eccovi una paio di considerazioni su questa faccenda; una esterna e una di un NoGrazie.

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Scienza zuccherata

Una recente serie di articoli del BMJ ha affrontato i conflitti d’interesse tra ricercatori e industria dello zucchero, o Big Sugar.(1-5) Quasi in contemporanea, il Lancet ha pubblicato una serie di articoli sull’obesità, discutendo in maniera molto simile il ruolo dell’industria degli alimenti, sia essa Big Food o Big Drink.(6) In entrambi i casi gli autori mostrano chiaramente come queste industrie abbiano usato le loro immense risorse per confondere, offuscare e indebolire le evidenze, sempre più forti e numerose, sul fatto che lo zucchero sia al centro dell’attuale epidemia di obesità.

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Forza zucchero!

Lo strano caso dell’Italia all’attacco delle nuove raccomandazioni dell’OMS sullo zucchero. Possiamo titolarla così la clamorosa iniziativa intrapresa in solitario dal nostro paese al Consiglio Esecutivo dell’OMS, con un’aggressività diplomatica mai vista prima. Lo scrive una che – dal lontano 1999 – segue con una certa accuratezza tutti gli appuntamenti intergovernativi dell’agenzia. Ma la battaglia nostrana sullo zucchero non è una questione tecnica, una storia per addetti ai lavori. C’è dell’altro.

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OMS: rendere disponibili tutti i risultati dei trials clinici

É la prima volta che l’OMS prende una posizione netta sull’obbligo di pubblicare i dati degli studi condotti sull’uomo.(1) In una dichiarazione diffusa il 15 Aprile 2015 afferma infatti che entro un anno dal termine dello studio tutti i dati dovranno essere depositati su uno dei due registri disponibili, quello europeo (EU-CTR) o quello statunitense (ClinicalTrials.gov), mentre i risultati dovrebbero essere pubblicati entro 2 anni su una rivista scientifica peer reviewed.

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The Cancer War, un grosso affare per Big Pharma

Colin Macilwain, giornalista scientifico scozzese, scrive su Nature che la battaglia contro il cancro sta cambiando strategia focalizzandosi sui test diagnostici e sulla terapia invece che ricercarne le cause e le modalità di prevenzione.(1) Quest’ultima viene gradualmente percepita dal pubblico in maniera distorta. Dopo la doppia mastectomia di Angelina Jolie e la successiva annessiectomia, migliaia di donne sono corse a procurarsi i costosi test genetici pensando sia questa la vera forma di prevenzione. Assieme ai test genetici, vengono oggi offerte cure sempre più costose per prolungare la sopravvivenza (non chiamiamola ‘vita’) magari solo di qualche mese, pensando che questa sia la strategia vincente nella guerra contro i tumori. Una grande massa di investimenti viene dirottata su test preventivi e sulle strategie terapeutiche piuttosto che essere impiegata nella ricerca delle cause. Big Pharma sembra dettare l’agenda anche a istituzioni pubbliche come il National Cancer Institute il cui budget per la ricerca sulla prevenzione è sceso dall’11% nel 2003 al 6% nel 2013. Si riduce anche il budget per la ricerca di sistemi di valutazione dei reali risultati ottenuti con le nuove terapie.

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Insulina evergreen

In un recentissimo articolo apparso sul NEJM ci si chiede come mai l’insulina, scoperta quasi un secolo fa e il cui brevetto fu ceduto nel 1923 al prezzo simbolico di un dollaro (e con la raccomandazione che non si facesse mai profitto di una farmaco salvavita) non sia ancora disponibile come prodotto generico.(1) Una volta ricevuto il brevetto l’Università di Toronto si rese subito conto che non sarebbe mai riuscita a produrre insulina per il fabbisogno del Nord America, così lo cedette alla Eli Lilly per gli Stati Uniti, lo tenne per sé invece per il resto dei mercati, vendendolo poi ad altre industrie farmaceutiche come la Nordisk danese (oggi Novo Nordisk). Già negli anni ’30 Hagedorn, che lavorava per la Nordisk, aggiunse della protamina all’insulina, prolungandone l’azione, ma anche il brevetto. Successivamente, con aggiunta di zinco, si riuscì a produrre un’insulina/protamina miscibile all’insulina regolare, lanciando sul mercato l’insulina NPH (neutral protamine Hagedorn), un altro brevetto, datato 1946. Negli anni ’50 si introdusse l’insulina cosiddetta ‘lenta’ arrivando ad estendere i brevetti sino agli anni ’70. Estrarre insulina dal pancreas di bovini e suini comportava la presenza di impurità con conseguenti reazioni immunologhe, così Novo Nordisk introdusse l’insulina monocomponente, altamente purificata, arrivando con il brevetto fino agli anni ’80.

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Non se ne parla più: medici e industria

Che le industrie farmaceutiche, di presidi e di apparecchiature sanitarie investano molte risorse economiche per informare/sollecitare/convincere i medici a prescrivere i propri prodotti, è noto da tempo e ripetutamente documentato. Talmente scontato da non suscitare più neanche un moto di indignazione, come succede con i fenomeni naturali che ci disturbano, ma non possiamo evitare. Di conseguenza, non se ne parla più. Almeno qui in Italia, dove siamo stati vaccinati da terremoti corruttivi in grande scala. Sapere però quanto il fenomeno coinvolga la classe medica e quanto sia in grado di influenzarne le scelte che ricadono sulla spesa sanitaria del Sistema sanitario nazionale e sulla salute dei pazienti, non è irrilevante.

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