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Servire due padroni, un conflitto di interessi insuperabile

Il problema del conflitto di interessi si esprime ai livelli massimi quando lo stesso soggetto arriva a riunire una posizione di rilievo all’interno di una azienda farmaceutica assieme ad un incarico dirigenziale nell’ambito del sistema sanitario. Sembra una situazione paradossale, ma è invece tutt’altro che rara negli USA. Essere dirigenti all’interno di una azienda farmaceutica comporta la necessità di promuovere il successo commerciale della stessa, cosa che può facilmente configgere con la responsabilità nella pratica clinica o di ricerca.

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Health Technology Assessment e conflitti di interesse negati

In questi giorni, a ragione, si discute molto di quanto successe qualche anno fa quando, con la paura del virus H1N1, si costituirono enormi riserve di antivirali che oggi si scoprono essere perfettamente inutili. Ma con il senno di poi, purtroppo, non si cambia la realtà. Invece bisogna cercare di imitare quel che sta succedendo negli USA. Il Sunshine Act sta costringendo le aziende farmaceutiche a rivelare chi è al loro servizio e quanto vengono pagati i key opinion leaders che inquinano la ricerca, i corsi ECM, l’insegnamento universitario e le riviste scientifiche (oltre alla stampa di divulgazione). ProPublica si occupa di divulgare questi conflitti di interesse.

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Ho venduto l’anima al diavolo

L’ultimo della famiglia dei pentiti di Big Pharma è John Virapen , ex direttore della Eli Lilly Svezia, che al suo 74° compleanno ha scritto una confessione professionale insolita.(1) Per ironia della sorte, il suo libro (Médicaments, effets secondaires : la mort) è uscito in Francia giovedì 17 aprile 2014, dopo la morte di Jacques Servier, il padrone dell’azienda responsabile del caso benfluorex.(2) “Per anni a volte nelle prime ore del giorno sagome spettrali mi appaiono in sogno – scrive nell’introduzione -. Sbattono la testa contro il muro o si tagliano braccia e gola con il rasoio. Mi sono reso conto che avevo indirettamente contribuito alla morte di persone le cui ombre mi perseguitano. Io, ovviamente, non ho ucciso nessuno direttamente , ma ora non posso non sentirmi in parte responsabile di queste morti. Ero uno strumento, un esecutore, [ … ] mi sono lasciato usare senza pormi troppe domande. Ho venduto la mia anima al diavolo.”

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TTIP

TTIP sta per Transatlantic Trade and Investment Program (Partenariato transatlantico su commercio ed investimenti) ed è una trattativa a tutto campo fra USA e Unione Europea non solo per abolire i dazi doganali, di per sé già molto ridotti (mediamente del 4% in entrambi i sensi), ma soprattutto per superare le barriere non doganali, vale a dire armonizzare le migliaia di normative che impediscono ad esempio ad un manufatto di essere venduto in un altro paese.

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Venditori di medicine

Ieri ho partecipato come membro di NoGrazie ad una tavola rotonda, in collegamento telefonico, organizzata dal Fatto Quotidiano sul rapporto medici/industria in occasione dell’uscita del film “Il venditore di medicine”. Il tempo a mia disposizione era poco, la sintonia, anche di contenuti, con gli altri partecipanti nulla, la giornalista incalzante mi suggeriva anche le risposte alle sue domande. Vedete voi…

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Cochrane: 5 buoni motivi per considerare le fonti di finanziamento come fonti di bias

Recentemente si è svolto un interessante dibattito durante il Cochrane Methods Symposium di Quebec City circa l’opportunità di inserire le fonti di finanziamento come fonti di bias nella valutazione del rischio di bias degli studi (ovvero quei fattori capaci di influenzare oggettivamente i risultati degli studi; attualmente la Cochrane valuta almeno 6 categorie di bias per ogni studio, p. es. selection bias, reporting bias…) da parte della Cochrane Collaboration nelle sue revisioni sistematiche. Il dibattito ha visto come protagonisti da una parte Jonathan Sterne dell’Università di Bristol, UK e dall’altra Lisa Bero e Peter Gøtzsche della Cochrane Collaboration. Vi invitiamo a leggere tutti e tre gli interventi e riportiamo qui un riassunto dell’editoriale scritto da Lisa Bero, Co-Chair della Cochrane Collaboration, dal titolo “Perché la scheda di valutazione Cochrane dovrebbe includere le fonti di finanziamento tra i fattori che possono influenzare gli studi” [“Why the Cochrane risk of bias tool should include funding source as a standard item”] .

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“Un mare di bambini…un mare di profitti” lettera aperta al prof. Giovanni Corsello

Condividiamo qui di seguito la lettera aperta che un gruppo di mamme e papà hanno scritto al Prof. Giovanni Corsello, Presidente del 70° Congresso Italiano di Pediatria “Un mare di bambini”. Ci auguriamo che venga permesso di leggerla ai convenuti al Congresso durante la cerimonia inaugurale giovedì 12 giugno 2014 alle 18 con gli auguri di buon lavoro e sperando di indurre una riflessione collettiva. Se la condividete, potete aderire, inviando una mail con le vostre generalità (nome, cognome, città e se volete un vostro commento) a domodamablog@yahoo.it.

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HTA e conflitti di interesse negati

In questi giorni, a ragione, si discute molto di quanto successe qualche anno fa quando con la paura del virus H1N1 si fece stockpiling di antivirali che oggi si scoprono perfettamente inutili. Ma con il senno di poi purtroppo non si cambia la realtà. Invece bisogna cercare di imitare quel che sta succedendo negli Usa. Il Sunshine act sta costringendo le aziende farmaceutiche a rivelare chi è al loro servizio e quanto vengono pagati i key opinion leader che inquinano la ricerca, i corsi Ecm, l’insegnamento universitario e le riviste scientifiche (oltre alla stampa di divulgazione) e ProPublica si occupa di divulgare questi conflitti di interesse.

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Medici e Ordini

All’inizio di febbraio impariamo dalla stampa che il presidente dell’Ordine dei Medici di Milano, dott. Rossi, mette in discussione la decisione, assunta dal dott. Bianco, presidente della federazione nazionale degli Ordini (così veniamo a conoscenza anche di questa decisione), di consegnare ai nuovi medici iscritti all’ordine un regalo della Sanofi, il Manuale di Diagnostica e Terapia, prezzo di copertina 99 euri. Il momento scelto per la consegna è di una qualche solennità (la cerimonia del Giuramento di Ippocrate) e nell’occasione potrà partecipare un rappresentante della Sanofi,

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Dell’Avastin e del Lucentis

Dell’Avastin e del Lucentis ormai si sono dette moltissime cose; facciamo un riepilogo degli aspetti tecnici e nelle conclusioni trattiamo punti che non ci pare siano emersi nel dibattito di questi giorni.
– Bevacizumab (Avastin®), un farmaco di Roche registrato per il trattamento del carcinoma del colon-retto, è risultato efficace anche nel trattamento delle maculopatie essudative (DMA, DME, RVO, MMD)(1) e del glaucoma neovascolare, al punto che, nel maggio 2007(2) era stato inserito nelle liste della legge 648/96. Tali liste contengono farmaci il cui utilizzo nelle indicazioni specifiche è autorizzato da AIFA nonostante l’Azienda farmaceutica non abbia provveduto alla registrazione dell’indicazione, in quanto AIFA ha valutato sussistere le evidenze di efficacia e sicurezza da studi clinici almeno di fase II, tali da autorizzarne l’uso(3). Per questa ragione, i medicinali contenuti in tali elenchi sono erogabili a totale carico del SSN. Nel caso del bevacizumab, proprio per il trattamento della DMLE, una iniezione di bevacizumab ha un costo per il SSN pari a circa 15 euro.
-Alla fine del 2008 viene autorizzata da AIFA l’immissione in commercio di un nuovo farmaco, un cosiddetto me too, (cioè un farmaco che è strutturalmente molto simile ad un altro già noto) (4), il ranibizumab (Lucentis®) di Novartis per il trattamento della DMLE. Una iniezione di ranibizumab aveva inizialmente un costo per il SSN pari a 1.100 euro poi sceso a circa 900 e ad oggi si attesta a circa 650 euro.
– Nel marzo 2009, a seguito dell’immissione in commercio del ranibizumab per il trattamento della DMA e con le successive estensioni di indicazione, AIFA ha provveduto ad escludere progressivamente il bevacizumab dalle liste della 648/96 fino a cancellarlo completamente nell’ottobre 2012(5), sottraendogli pertanto il quadro legale che, sulla base delle evidenze disponibili di rapporto positivo di efficacia e sicurezza, ne aveva consentito, fino a quel momento, l’uso consolidato sui pazienti in ambito oculistico. Di conseguenza ne è stato impedito l’utilizzo a carico del SSN, consentendone l’uso solo sotto la responsabilità diretta del singolo medico in base all’art 3 della legge n.94/1998.
– La motivazione addotta da AIFA a supporto della progressiva eliminazione di Avastin® dalle liste della Legge 648/96 è stata il rispetto della normativa che un farmaco può essere incluso in tali liste solo in caso di non esistenza di una valida alternativa terapeutica on-label.
– Già nel 2009 la Regione Emilia Romagna con la delibera 1628, aveva legiferato per il
mantenimento nel proprio SSR dell’utilizzo off-label di bevazizmab per la cura delle
maculopatie degenerative legate all’età (DMA).
– A febbraio 2012 una nota dell’AIFA inviata alla Direzione Sanità della Regione Emilia
Romagna afferma: “un’ulteriore estensione dell’uso off-label dell’Avastin non appare legittimo dal punto di vista normativo e scientifico, al di là del risparmio di spesa che potrebbe conseguirne”. Da osservare che si era già in piena preparazione della spending review.(6)
– Nello stesso anno, la Regione Emilia Romagna aveva analizzato ulteriormente le evidenze di letteratura disponibili per i due farmaci e alla luce degli elementi raccolti aveva pubblicato un rapporto tecnico(7) su efficacia e sicurezza del bevacizumab intravitreale nel trattamento della Degenerazione Maculare Legata all’età (DMA) che concludeva così: “Alla luce della sostanziale sovrapponibilità fra i due farmaci in termini di benefici e rischi e in considerazione di un costo 70 volte superiore di ranibizumab, la Commissione Regionale del Farmaco ritiene che il bevacizumab dovrebbe essere il farmaco di prima scelta nella terapia della DMLE anche ai fini della sostenibilità complessiva della spesa sanitaria.” Il documento aveva inoltre valutato le implicazioni economiche della scelta tra bevacizumab e ranibizumab. Nel rapporto infatti si legge: “Le terapie intraculari con bevacizumab e ranibizumab hanno un costo molto diverso: ranibizumab ha un prezzo ex factory pari a 1.100,00 euro per fiala monouso da 0,23 ml mentre bevacizumab nella confezione da 100 mg ha prezzo ex factory pari a 321,85 euro. Poichè la dose di bevacizumab da utilizzare è molto piccola rispetto alle confezioni commerciali, è necessario frazionarlo in unità posologiche per uso oculistico; il frazionamento viene eseguito nei laboratori galenici delle Aziende Sanitarie della Regione Emilia‐Romagna seguendo un protocollo condiviso; il costo di una unità posologica di bevacizumab è inferiore a 16,00 euro. La stima di spesa per ogni paziente per un anno di trattamento con ranibizumab è pari a 13.700,00 euro rispetto ai 194,00 euro del bevacizumab (pari ad un rapporto di 1:70). Il numero di cicli di trattamento (ove per ciclo di trattamento si intende una iniezione al mese per 3 mesi consecutivi) con bevacizumab nel corso del 2011 nella Regione Emilia-Romagna è stato
di 4.078 con un costo di 198.154,00 euro. Lo spostamento della prescrizione su ranibizumab comporterebbe una spesa incrementale di oltre 15 milioni di euro all’anno.”
– È così quantificato il danno provocato dalla cancellazione del bevacizumab dalle liste della 648/96 per la sola Regione Emilia-Romagna.
– Sempre nel 2012 l’AIFA ha pubblicato un comunicato di alert sull’uso intravitreale di
bevacizumab recepito da EMA, che ha indotto anche le Regioni più lungimiranti e critiche a
trasmettere tale segnalazione alle Aziende Sanitarie chiedendo la sospensione dell’uso
intravitreale di Avastin®,
– Sono state quindi modificate alcune modalità prescrittive che, inevitabilmente, sono andate esclusivamente a vantaggio delle aziende farmaceutiche, senza offrire alcun valore aggiunto ai pazienti.
– Alla luce delle obiezioni sollevate dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Regione Veneto e
anche dalla Società Oftalmologica Italiana (SOI), le stesse hanno presentato istanza di
partecipazione al procedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Anti-Trust), richiesta poi accolta.(8)
– Al termine di questa complessa istruttoria, l’Autorità ha deliberato la condanna e la relativa sanzione salita alla ribalta delle cronache in queste settimane.(9)
– Va segnalato che si sono verificati casi analoghi di immissione in commercio di nuovi farmaci per indicazioni per le quali erano presenti altri farmaci nella lista 648/96. Tocca però registrare che attualmente tali farmaci non sono stati cancellati dalle liste della 648/96, né tantomeno con la tempestività osservata per il farmaco di Novartis. Va precisato peraltro che l’impatto economico di questi farmaci non è deflagrante come quello del ranibizumab e nonostante ciò, proprio l’analogo del ranibizumab è stato tempestivamente eliminato dalle liste della Legge 648/96.
– Vi sono altri esempi che è possibile sviluppare se, come associazione, desideriamo fare
un’approfondimento specifico e continuativo su questo argomento. Ad esempio, basta leggere il punto 174 della delibera sul caso Avastin-Lucentis del 27.02.2014 della Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Il caso Avastin/Lucentis solleva diverse riflessioni, alcune delle quali non sembra poi siano emerse negli articoli di stampa.
– Ad esempio l’impossibilità da parte di un’Azienda Sanitaria o di una Regione di richiedere la registrazione di un farmaco per un’indicazione per la quale l’Azienda non ha interesse ad
andare a registrazione. Le royalties sarebbero comunque assicurate all’Azienda farmaceutica proprietaria del brevetto, si assicurerebbe al contempo l’accesso a terapie con evidenze di efficacia e sicurezza ai pazienti, il tutto a costi non speculativi.
– Inoltre, la decisione presa dal Ministro della Salute del governo Monti che normativamente, dall’inizio del 2013, ha impedito di inserire nelle gare pubbliche di acquisto dei farmaci la sovrapponibilità terapeutica delle molecole, pratica invece già diffusa da anni in alcune agenzie regionali per gli acquisti e in diverse aziende sanitarie che effettuavano gli acquisti in comune, centralizzando questa facoltà tecnica, basata su studi ed evidenze di letteratura, riservando solo all’AIFA la facoltà di definire le sovrapponibilità (10)
È stato annunciato che l’Aifa sarà riformata: come?
È interesse anche dei cittadini e di associazioni come la nostra poter concorrere alle decisioni di riforma. Innanzitutto chiediamo che sia modificata l’attuale normativa che impedisce scelte tecniche sulle sovrapponibilità terapeutiche a livello delle strutture/istituzioni sanitarie che hanno assicurato invece in questi anni appropriatezza delle cure e contemporaneamente risparmi per il SSN, assicurando i trattamenti più efficaci e sicuri ai pazienti, ma non prescindendo mai dalla necessità di assicurare farmaci con le più solide evidenze di efficacia e sicurezza.
Nella valutazione del place in therapy dei farmaci non si deve, né si può prescindere da una valutazione anche della sostenibilità economica quale criterio di eticità al fine di poter continuare ad assicurare un servizio sanitario universalistico in un quadro in cui i costi per la salute aumentano continuamente e i tagli sono continui e progressivi.
Il 13 marzo scorso la stampa ha pubblicato la notizia di un intervento legislativo sul tema dei farmaci off-label, attraverso un decreto legge proposto dal Ministro della Salute al CdM del 14 marzo. L’ipotesi di intervento, così come presentato dalla stampa, ci pare un intervento frettoloso e con contenuti che:
– oscurano l’approccio metodologico dell’anti-trust;
– dal punto di vista scientifico l’AIFA non sembra nemmeno tenuta a considerare studi già
esistenti;
– l’iniziativa sembra non prevedere il confronto con le strutture sanitarie pubbliche;
– infine sembra supina agli orientamenti delle Aziende del farmaco in nome di una proprietà del brevetto che nulla sembra avere a che vedere con i reali interessi dei pazienti-cittadini.

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Multa Johnson & Johnson: 2.2 miliardi di dollari

La multa è una delle più alte mai pagate nella storia degli USA ed è conseguenza di una lunga indagine federale sull’illegale promozione commerciale di tre farmaci (gli antipsicotici risperidone e paliperidone, e la nesiritide per lo scompenso cardiaco), promozione che comprendeva pagamenti a medici e farmacisti che facessero aumentare le vendite.(1) Alcuni medici erano pagati anche per fare lezioni e conferenze, sempre allo scopo di aumentare le vendite.

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Multa Pfizer: 10.6 milioni di euro

Il Consiglio di Stato ha bocciato una sentenza del Tar del Lazio e ha dato ragione all’Antitrust, che nel gennaio 2012 aveva multato la multinazionale Pfizer per 10.6 milioni di euro per abuso di posizione dominante, con conseguente mancato risparmio di 14 milioni per il SSN.(1) Pfizer dovrà ora pagare la multa e rifondere all’Antitrust e ad Assogenerici, che aveva fatto ricorso, 10.000 euro ciascuna per le spese legali.

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Legislazione europea sugli interferenti endocrini

La Commissione Europea (CE) sta sviluppando una direttiva che potrebbe portare alla messa al bando di alcune sostanze chimiche che agiscono da interferenti endocrini e che sono potenzialmente dannose per la salute umana e animale. Queste sostanze si trovano in numerosissimi prodotti industriali delle più svariate categorie e tendono a concentrarsi nella catena alimentare, al vertice della quale vi è l’essere umano. Oltre a questa porta d’entrata principale, l’esposizione agli interferenti endocrini può avvenire anche, in minor grado, per via cutanea e respiratoria. L’industria non vede di buon occhio lo sviluppo di questa direttiva e ha di conseguenza messo in azione la sua lobby con l’intento di bloccarla, o di ritardarla, o di renderla meno radicale. Una delle tecniche di lobby più usate dall’industria consiste nel far parlare a suo nome scienziati e ricercatori di fama.

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