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Revisione sistematica Cochrane di Tom Jefferson et al. sugli interventi fisici per interrompere o ridurre la diffusione di virus respiratori

In situazioni ad alto rischio (interazione con un malato, ambienti chiusi affollati con permanenza prolungata di persone e possibilità di essere accanto a malati) è ragionevole pensare che una mascherina correttamente indossata offra una protezione aggiuntiva. Ma l’uso ampio che ne è stato promosso a livello di comunità non ha prove di utilità nel contenimento della diffusione del SARS-CoV-2, a maggior ragione in presenza di varianti contagiosissime come Omicron. Questo era già evidente all’aperto con il virus originario dal 2020,[1] ma una risposta chiara allo stato delle conoscenze viene oggi dall’ultimo aggiornamento di una rassegna sistematica delle sole ricerche di maggior validità (studi randomizzati controllati, RCT), effettuato da Tom Jefferson e collaboratori, e da poco pubblicata sul database Cochrane.[2] Le due slide riprodotte spiegano importanti motivi per prendere decisioni di sanità pubblica basate su disegni di studio validi, senza farsi condizionare in tema di mascherine da disegni di studio osservazionali.

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Politiche sui conflitti di interessi nelle scuole di medicina

Alcuni anni fa, assieme ad alcuni studenti del SISM (Segretariato Italiano Studenti Medicina), abbiamo sviluppato un progetto con l’obiettivo di analizzare le politiche sui conflitti di interessi (CdI) delle facoltà di scienze mediche italiane e dei relativi ospedali di insegnamento. Siamo riusciti a raccogliere tutta la documentazione necessaria e ad assegnare a ogni università un primo punteggio, da ridiscutere assieme prima di attribuirlo in via definitiva. A questo punto il progetto di ricerca si è arenato ed è finito nel dimenticatoio, per ragioni mai chiarite.

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Nuove strategie per vendere oppiacei a donne e minori negli USA

Tre ricercatori dell’Università della California hanno analizzato tutti i documenti interni delle aziende farmaceutiche coinvolte nel processo Stato dell’Oklahoma vs Purdue Pharma et al., rilasciati a vario titolo dal 1999 al 2017.[1] L’analisi ha coinvolto i maggiori produttori di oppiacei: oltre a Purdue, Janssen, Ortho-McNeil, Teva (Actavis), Janus e Cephalon. L’indagine si è focalizzata su un particolare target, donne e minori, analizzando le modalità di marketing indiretto e le campagne promozionali senza marchio dichiarato.

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La crisi degli oppiacei ha evidenziato la crisi delle istituzioni: il piano d’azione della Stanford-Lancet Commission

La crisi degli oppiacei non interessa solo gli USA, ha contagiato anche il Canada, con 6.200 morti nel 2019 e una crescita del 67%, riferisce un recente editoriale apparso sul Lancet.[1] L’escalation dell’ossicontin parte da lontano e precisamente dal 1995, quando fu erroneamente approvato come analgesico sicuro a lento rilascio (in realtà il suo metabolita ossimorfone è 10 volte più potente della morfina, ndr). Da allora, molto è stato scritto sulle discutibili decisioni della FDA che ha fallito nello specificare le indicazioni d’uso riportate nelle confezioni. Altre responsabilità ricadono sulla Drug Enforcement Administration (l’agenzia federale antidroga statunitense facente capo al Dipartimento di Giustizia) per l’eccessiva quantità di prodotto autorizzato al commercio e le inascoltate segnalazioni di letalità.

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Le strategie della Coca Cola in Estremo Oriente

Delle strategie di marketing della Coca Cola potremmo scrivere in ogni numero di questa Lettera non periodica, tante sono le malefatte di questa compagnia transnazionale e tanti i danni per la salute dell’umanità e del pianeta. Il mese scorso abbiamo visto come abbia influenzato conferenze e oratori in USA e Gran Bretagna. Ma il mercato, e i relativi profitti, si spostano sempre più verso l’Estremo Oriente, Cina in primis, e di conseguenza si spostano, e si adattano, le strategie di marketing. Le analizza un articolo uscito da poco sul BMJ Global Health.[1]

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Vaccinazioni anti-COVID-19 annuali “come per l’influenza? I perché di un doppio No

Da mesi varie Agenzie e Autorità sanitarie di paesi occidentali rilasciano dichiarazioni su una possibile o raccomandabile introduzione di richiami annuali per la vaccinazione antiCOVID-19, “così come accade per i vaccini antinfluenzali”, lasciando intendere che la prassi riguarderebbe tutta la popolazione. Si è anche già parlato di richiamo a due dosi per i giovanissimi, come pure     – in tal caso routinario – per anziani e fragili, che potrebbero non generare risposte immunitarie sufficienti. Le istituzioni statunitensi si sono spinte a ipotizzare l’inserimento della vaccinazione anti-COVID-19 tra quelle pediatriche di routine.

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Consigli di lettura

Per i lettori della nostra Lettera non periodica interessati all’argomento, segnaliamo la recente uscita di un libro sui determinanti commerciali di salute: Maani N, Petticrew M, Galea S (Eds). The commercial determinants of health. Oxford University Press, 2022 https://global.oup.com/academic/product/the-commercial-determinants-of-health-9780197578759?cc=gb&lang=en& Tra i coautori e le coautrici, anche la nostra Alice Fabbri.

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2006

Nel 2006 il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB), un organo del nostro governo, ha espresso un parere sui conflitti di interessi nella ricerca biomedica e nella pratica clinica. Il testo integrale può essere letto e scaricato da questo link: https://bioetica.governo.it/it/pareri/pareri-e-risposte/conflitti-dinteressi-nella-ricerca-biomedica-e-nella-pratica-clinica/. Qui riportiamo l’abstract, sperando che la lettura stimoli a leggere il testo integrale del parere (17 pagine), ricco di osservazioni e raccomandazioni importanti e, purtroppo, poco praticate a distanza di 16 anni.
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Il Lancet in conflitto di interessi?

Nel 2015 Lancet istituì una commissione dedicata che definiva la risposta al cambiamento climatico come “la più grande opportunità di salute globale del 21° secolo”. In seguito a questa dichiarazione dal 2016 partiva l’iniziativa Countdown on health and climate change, una collaborazione internazionale e multidisciplinare (articoli, audio, video, infografiche) dedicata al monitoraggio dell’evoluzione del cambiamento climatico sotto il profilo sanitario. Da allora, ogni anno, il sito della rivista fornisce, attraverso una miriade di dati aggiornati, una valutazione indipendente del rispetto degli impegni assunti dai governi di tutto il mondo ai sensi dell’Accordo di Parigi del novembre 2016.[1]

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Coca Cola influenza conferenze e oratori

La Coca Cola ne ha fatte e ne continua a fare di cotte e di crude. Ne abbiamo scritto spesso in questa lettera, l’ultima volta a febbraio del 2021. Esce ora un articolo su Public Health Nutrition nel quale gli autori analizzano come la ditta influenzi ricerca e politiche sponsorizzando eventi scientifici e relativi oratori.[1] In particolare, i quattro autori, due dei quali sono affiliati anche alla Bocconi, sono interessati a capire come diverse forme di finanziamento e sponsorizzazione abbiano un impatto sulle relazioni tra la ditta, le istituzioni accademiche, i relativi docenti e ricercatori, e alla fin fine sui progetti di ricerca e le politiche di salute pubblica. Per far ciò, hanno ovviamente realizzato una revisione della letteratura, ma hanno anche chiesto di visionare documenti non pubblicati, ricorrendo ai Freedom of Information Acts (FOIA) di Stati Uniti e Gran Bretagna. Hanno così avuto accesso a 11.488 pagine di documenti, incluse email e relativi allegati, riguardanti 239 eventi svoltisi tra il 2009 e il 2018. Hanno inoltre analizzato la documentazione ufficiale pubblicata di 151 tra congressi e conferenze, compresi i relativi siti internet.

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Idratazione, bufale e conflitti di interessi

Quante volte abbiano visto persone che girano con una bottiglietta di acqua minerale bevendone con frequenza piccoli sorsi? Quante volte abbiamo sentito ripetere la raccomandazione di bere due litri di acqua al giorno? Ma esistono prove scientifiche al riguardo? Ne parla il BMJ,[1] riportando e commentando i risultati di una ricerca pubblicata su Science che confuta gli 8 bicchieri al giorno (circa 2 litri secondo le misure anglosassoni), reputando tale volume troppo elevato per la maggior parte degli individui.

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Europa e farmaci

All’interno dell’Unione Europea, molti aspetti della politica sanitaria sono gestiti a livello nazionale. Ma la politica farmaceutica, così come le decisioni legali e amministrative in materia di farmaci, sono prese per lo più a livello europeo. La CE, il Consiglio dell’Unione Europea (UE), il Parlamento Europeo e l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) svolgono un ruolo chiave, dalla determinazione del quadro giuridico che disciplina i medicinali, fino al rilascio delle autorizzazioni all’immissione in commercio o al loro ritiro per motivi di farmacovigilanza.

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Oggi (2022) in Italia i vaccini a mRNA non tutelano meglio gli altri, e non vi è prova che riducano le malattie gravi e le morti totali

Nella Lettera precedente, la numero 108, ho sostenuto che, stando a quanto sinora comunicato, pare che la Corte Costituzionale abbia deciso in modo opposto a quanto mostrano i dati istituzionali ufficiali, che purtroppo quasi nessuno consulta. Non ultimo il Presidente AIFA, Prof. Palù, in una recente intervista al Corriere della Sera ripresa da Quotidiano Sanità, ha sostenuto ancora che il vaccino “non difende in modo completo dall’infezione”. L’affermazione è sorprendente da parte di chi dovrebbe conoscere i dati ufficiali: infatti, in realtà oggi sono proprio i vaccinati a essere più suscettibili all’infezione, come da tempo documentano proprio le pubblicazioni ISS, benché i commenti dicano altro. In base al Bollettino del 21 dicembre la vulnerabilità all’infezione dei vaccinati continua ad aumentare: il peggioramento si può misurare nel confronto con i dati dei grafici della scorsa Lettera.

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