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Il problema

Che problema c’è? C’è che l’industria del far soldi continua a ingrassare sulla pelle della gente, sviluppando progetti di lunga durata infilati nelle pieghe delle circostanze, in modo da essere meno vistosi possibile e tuttavia inevitabili. Parliamo di farmaci, ma anche di zuccheri e dolciumi, di alimenti non salutari, di nocività del lavoro, di tabacco e ora anche di combustibili, armi e acqua.

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Una tra le possibili soluzioni

Nella primavera del 2004 si costituì un gruppo per promuovere l’indipendenza della sanità dalle pressioni economiche dell’industria. Infatti, contrariamente a quanto credono molti operatori sanitari, esistono ampie prove scientifiche dell’influenza dell’Industria sul comportamento dei singoli operatori sanitari, di gruppi e persino delle Istituzioni, attraverso le più svariate modalità̀ di promozione. All’inizio eravamo pochi, ma crescemmo rapidamente e, come in ogni sodalizio, incorremmo in qualche crisi. Molte persone del primo momento sono ancora nei NoGrazie, ma il gruppo ha cambiato nome: dal vecchio No Grazie Pago Io, all’attuale NoGrazie. Ma è cambiato anche l’impegno richiesto agli aderenti. Prima era tassativo, non si accettava niente dall’industria. Ma poi emersero concrete difficoltà a mantenere la promessa: per esempio, in molti ambiti non esistevano proposte formative indipendenti ed era inevitabile l’accesso a iniziative sponsorizzate. Era meglio rifiutare l’incoerenza e sciogliere il movimento? O era meglio mantenere un compito educativo e informativo per chi non conosceva il problema, promovendo nel contempo le scelte corrette? I NoGrazie scelsero questa linea. Così siamo cresciuti, invecchiati, alcuni non sono più tra noi, molti sono in pensione, ma nuovi NoGrazie si affacciano al movimento, e ci rinnovano.

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Stati Uniti contro Biogen: 900 milioni di dollari

Alcuni anni or sono a un mio familiare fu prescritto un antibiotico fluorochinolonico per una infezione delle vie urinarie. Il foglietto illustrativo riportava come controindicazione affezioni tendinee e come effetto collaterale una possibile rottura del tendine di Achille. Di fatto tale rischio era presente in quel familiare. Un esame della letteratura confermava quanto riportato nel foglietto, e da altri articoli si evinceva che spesso i medici prescrittori dei fluorochinolonici sottovalutavano questi effetti. Contro il parere del medico che aveva prescritto questo tipo di antibiotico, dopo avere chiesto un altro parere, si scelse un altro antibiotico, efficace per la stessa patologia. Il medico che aveva fatto la prima prescrizione non fu contento. “Potrebbe essere – pensammo – che abbia ricevuto informazioni parziali sul farmaco in questione?” Alcune settimane più tardi, si era nel 2018, l’AIFA comunicava la decisione dell’EMA di sospendere l’autorizzazione all’immissione in commercio dei fluorochinolonici. Veniva inoltre ristretto l’ambito prescrittivo di questa classe di antibiotici. Mesi appresso, un amico che aveva assunto numerosi cicli di fluorochinolonici dovette essere operato per la sostituzione di una corda tendinea cardiaca che si presentava lesionata. A torto o a ragione, venne spontaneo associare questo fatto all’azione di quella classe di antibiotici. Sempre di tendini si trattava, in fondo.

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Commercio dei farmaci: l’esempio dei campioni gratuiti

Bisogna cambiare mentalità: i campioni di farmaci vanno considerati alla stregua di un regalo, non di una forma di risparmio per il paziente, anzi sono una delle più efficaci strategie di marketing.[1] Nel 2016, negli USA, le aziende farmaceutiche hanno investito 13,5 miliardi di dollari in campioni di farmaci da distribuire gratuitamente ai medici, dai quali sono ben accetti nel’80% circa dei casi. La strategia consiste nel fatto che il paziente in futuro userà con maggiore probabilità quel farmaco ricevuto in omaggio. La relazione fra azienda e paziente è intermediata dal medico, utilizzatore indiretto del farmaco e decisore nella scelta del prodotto. La distribuzione dei campioni rappresenta per i medici uno tra i servizi più importanti fra quelli svolti dagli informatori (nel’84% dei casi secondo uno studio). I campioni non sono distribuiti casualmente o a pioggia, ma si privilegiano i prodotti più costosi e con indicazioni prolungate nel tempo, devono arrivare al medico in piccole quantità e in più occasioni ravvicinate, goccia a goccia. Questa modalità è quella che fornisce il maggior ritorno di investimento.

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Il caso dell’Academy of Nutrition and Dietetics

Il coinvolgimento dell’industria di alimenti e bevande, e soprattutto delle compagnie transnazionali che dominano il settore, nella ricerca e nello sviluppo di politiche è considerato un fattore determinante negativo per l’occorrenza di molte malattie non trasmissibili e per il loro controllo. Questo fattore fa parte dei cosiddetti determinanti commerciali di salute e malattia. Negli Stati Uniti, la maggioranza delle associazioni professionali sono soggette all’influenza dell’industria. Uno studio appena pubblicato esplora l’interazione tra la più importante associazione del settore, l’Academy of Nutrition and Dietetics (AND), e le grandi corporazioni dei produttori di alimenti e bevande zuccherate, spesso soprannominate Big Food e Big Soda.[1] Data la natura globale di queste corporazioni, i risultati dello studio non hanno implicazioni solo per gli Stati Uniti, ma per il mondo intero.

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A cosa servono i codici volontari di Big Food e Big Soda

Nature Food ha pubblicato un lungo articolo di revisione sulle azioni volontarie messe in atto dall’industria di alimenti e bevande e sulle implicazioni per la salute pubblica e le politiche nei paesi a basso e medio reddito.[1] Ha pubblicato anche un riassunto di questa revisione.[2] Siccome credo che risultati e implicazioni non valgano solo per i paesi a basso e medio reddito, ma anche per quelli ad alto reddito, come l’Italia, ho pensato di tradurre il riassunto e di lasciare a chi è interessato la decisione eventuale di leggersi il testo completo della revisione.

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Il 1-12-22 la Consulta ha deciso in modo opposto a quanto mostrano i dati citati a sostegno

Rispetto all’obbligo vaccinale legittimato dalla Corte Costituzionale abbiamo letto un articolo sul Corriere della Sera che afferma:
Gran parte della discussione è ruotata intorno all’efficacia delle dosi… non solo sull’efficacia rispetto alla contrazione del virus, ma anche sulla limitazione della sua diffusione.
E un altro quotidiano:
All’obiezione dell’Avv. Sandri sul vaccino che non blocca l’infezione, replica l’Avv. Tomiola (dello Stato) “L’efficacia dei vaccini è evincibile dai dati dell’ISS, che comprovano che due terzi delle persone non si ammalano, pertanto la critica non tiene conto della realtà obiettiva”.
L’aspetto paradossale è che nessuno, pare, abbia smentito tale affermazione presentando i “dati dell’ISS” richiamati (parlo dei dati, non della narrazione dell’ISS, che sul tema citato diverge dagli stessi dati che l’Istituto pubblica). Proveremo a presentarli almeno a chi leggerà questa Lettera, con riferimento al Bollettino ISS del 23 novembre (Tab. 6, pag. 28), l’ultimo pubblicato, e riprendendo nei grafici i dati delle Tabelle corrispondenti (prima erano le n. 5), nella serie dei Bollettini settimanali da gennaio 2022.

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Lettera aperta al nuovo Ministro alla Salute Orazio Schillaci

Gentile Ministro, le nostre associazioni sono da tempo impegnate nella difesa, nel rilancio e nel rinnovamento del Servizio Sanitario Nazionale pubblico e universale. In particolare abbiamo individuato nella riforma delle Cure Primarie e nel potenziamento dell’assistenza di prossimità il cuore delle nostre proposte.

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Trasparenza nei rapporti tra le imprese produttrici e i soggetti che operano nel settore della salute: la lezione degli USA

In attesa dell’applicazione del Sunshine act italiano, un articolo pubblicato su Drug Therapeutic Bulletin ripercorre la storia di come gli Stati Uniti sono arrivati all’approvazione della legge che obbliga alla trasparenza sulle transazioni finanziarie tra sanitari e industria.[1] A scriverlo è il direttore della sezione ricerca di Public Citizen, un’organizzazione statunitense di difesa dei consumatori, che mostra al selezionato pubblico inglese di Drug Therapeutic Bulletin i vantaggi del sistema statunitense rispetto al più lasso sistema inglese, basato sulla dichiarazione volontaria.

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USA: mediche discriminate nei pagamenti dall’industria

Il dizionario Treccani ci autorizza da quest’anno a usare il femminile “medica” per indicare una donna che esercita la medicina. [1] Un passo in avanti nella parità di genere che negli USA non è stato ancora fatto, per lo meno per quanto riguarda i pagamenti da parte dell’industria, secondo gli autori di un articolo pubblicato questo mese. [2] Che le mediche USA guadagnino meno dei loro colleghi maschi è risaputo; probabilmente si tratta di una discriminazione presente in molti paesi. Per verificare che tale differenza esistesse anche per i pagamenti dell’industria, gli autori dello studio hanno analizzato i dati forniti dal Sunshine Act USA tra il 2013 e il 2019. Hanno selezionato le 15 ditte con la maggiore quantità di pagamenti e, per ognuna di queste, i 5 medici e le 5 mediche che capeggiavano la lista.

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La guerra nell’Europa dell’Est: sull’orlo di un disastro umanitario

Che cosa succede, dal punto di vista sanitario, quando una superpotenza invade un paese a reddito medio basso? La storia recente insegna e un punto di partenza è l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti. Dato il significato politico, la stima delle persone uccise direttamente nella guerra varia ampiamente e nessuna fonte si può considerare priva di distorsioni. Il calcolo stesso del numero delle vittime del conflitto iracheno, iniziato nel marzo 2003, era diventato una battaglia nella battaglia. La tabella sintetizza alcune stime.

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