La Coca Cola ne ha fatte e ne continua a fare di cotte e di crude. Ne abbiamo scritto spesso in questa lettera, l’ultima volta a febbraio del 2021. Esce ora un articolo su Public Health Nutrition nel quale gli autori analizzano come la ditta influenzi ricerca e politiche sponsorizzando eventi scientifici e relativi oratori.[1] In particolare, i quattro autori, due dei quali sono affiliati anche alla Bocconi, sono interessati a capire come diverse forme di finanziamento e sponsorizzazione abbiano un impatto sulle relazioni tra la ditta, le istituzioni accademiche, i relativi docenti e ricercatori, e alla fin fine sui progetti di ricerca e le politiche di salute pubblica. Per far ciò, hanno ovviamente realizzato una revisione della letteratura, ma hanno anche chiesto di visionare documenti non pubblicati, ricorrendo ai Freedom of Information Acts (FOIA) di Stati Uniti e Gran Bretagna. Hanno così avuto accesso a 11.488 pagine di documenti, incluse email e relativi allegati, riguardanti 239 eventi svoltisi tra il 2009 e il 2018. Hanno inoltre analizzato la documentazione ufficiale pubblicata di 151 tra congressi e conferenze, compresi i relativi siti internet.
Nel periodo studiato, la ditta ha finanziato 98 congressi, 21 simposi, 10 serie di lezioni, 14 riunioni private, 1 workshop, 3 webinar, 3 seminari, 3 forum e 3 tavole rotonde in 158 eventi. 38 di questi riguardavano l’obesità, 34 l’attività fisica, 21 la nutrizione, 12 la collaborazione tra settore privato e istituzioni accademiche, 9 l’uso di dolcificanti, 6 la pediatria, 5 la Coca Cola stessa, 3 il diabete e uno la tassazione delle bevande zuccherate. In 28 casi, la ditta ha finanziato direttamente gli organizzatori, in 70 casi il finanziamento è passato attraverso terzi, in 60 i pagamenti erano per gli oratori, in 9 i soldi andavano sia agli organizzatori sia agli oratori. Il range dei singoli pagamenti era compreso tra 2.500 e 100.000 dollari, con un certo margine di incertezza perché in molti casi la somma pagata non era svelata.
Qualche esempio. Il congresso nazionale USA sull’attività fisica del 2015 è stato finanziato con 30.000 dollari che hanno permesso alla Coca Cola di influenzare il programma, scegliere alcuni oratori e fare pubblicità. Al congresso internazionale su scienza, educazione e medicina tenutosi a Glasgow nel 2012, la ditta era lo sponsor principale. In un’email al Dr Steven Blair, professore di salute pubblica presso l’Università della South Carolina, un funzionario della Coca Cola lo invita a fare una lezione magistrale per insegnare ai medici come consigliare i loro pazienti in merito all’attività fisica (senza ovviamente accennare al consumo di bevande zuccherate), aggiungendo che “of course we will cover all expenses”. Blair accetta l’offerta, ça va sans dire. In altri casi la ditta si rivolge agli oratori, attentamente selezionati, chiedendo loro di ampliare i loro punti di vista quando sono a beneficio della Coca Cola. Spesso chiede loro anche di parlare con i media, nel corso di interviste o conferenze stampa.
Come accennato, frequente è anche l’uso di terzi. Per esempio, per una conferenza internazionale sull’attività fisica nel 2012, la ditta ha donato 100.000 dollari al Beverage Institute for Health and Wellness. Peccato che questo istituto fosse stato fondato dalla Coca Cola stessa nel 2004 per “usare scienza basata su prove di efficacia per far progredire la conoscenza e la comprensione delle bevande e dei loro ingredienti, e dell’importante ruolo che stili di vita attivi e salutari giocano nel sostenere salute e benessere”. Tra le terze parti usate per finanziamenti indiretti c’è ovviamente l’International Life Sciences Institute (ILSI), di cui abbiamo scritto estesamente nella nostra Lettera non periodica. In Colombia, l’ILSI è stato usato dalla Coca Cola per organizzare riunioni private con politici e industriali allo scopo di disegnare strategie mirate ad affossare qualsiasi proposta di legge sulla tassazione delle bevande zuccherate. In altri casi i soldi vanno a istituzioni accademiche nelle quali compiacenti ricercatori hanno portato a termine progetti finanziati dalla Coca Cola e ora devono presentarne i risultati, ovviamente favorevoli alla ditta, a qualche congresso.
In conclusione, ed era risaputo, la Coca Cola esercita un’influenza diretta e indiretta su istituzioni accademiche e non, e sui relativi docenti e ricercatori, allo scopo di disseminare attraverso eventi locali, nazionali e internazionali di vario tipo i suoi messaggi e punti di vista. Messaggi e punti di vista che hanno lo scopo di forgiare politiche di salute pubblica favorevoli agli interessi della ditta, o per lo meno prevenire ed evitare politiche sfavorevoli. Tutti gli eventi finanziati o sponsorizzati dalla Coca Cola sono in realtà strumenti di marketing che hanno lo scopo di aumentare le vendite e le quote di mercato, alla faccia della salute di adulti e bambini, e alla faccia dell’ambiente (assieme alla Nestlé, la Coca Cola è la maggiore responsabile dell’inquinamento globale da plastica). Gli appelli a un consumo responsabile, miranti a caricare la responsabilità dei danni sugli individui, sono degli specchietti per le allodole. Quello che serve sono leggi più rigorose su produzione e distribuzione, tasse più salate per chi danneggia salute e ambiente, e uno stop al marketing.
A cura di Adriano Cattaneo
1. Gunnarsson JA et al. Food and drink sponsorship of conferences and speakers: a case study of one multinational company’s influence over knowledge dissemination and professional engagement. Public Health Nutr 2022