Nell’editoriale della Lettera di maggio 2022 avevamo riportato la reazione della SIP (Società Italiana di Pediatria) e della SIN (Società Italiana di Neonatologia) alla pubblicazione da parte dell’OMS di un rapporto sul marketing digitale dei sostituti del latte materno.[1] Questo rapporto può essere considerato come un seguito del documento pubblicato un paio di mesi prima e di cui abbiamo scritto nella Lettera di marzo 2022.[2] Ritengo che entrambi i rapporti siano molto importanti ed efficaci nello stimolare l’indignazione che le strategie e i metodi di marketing usati dalle ditte dovrebbero indurre in ogni cittadino che si occupi di salute pubblica. Si tratta di due letture essenziali per chi è interessato all’argomento.
I due rapporti mostrano come le violazioni del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno [3] siano sistematiche e ubiquitarie. Chi ci segue, però, conosce bene queste violazioni, ne abbiamo scritto spesso. Vale la pena, invece, soffermarci sui metodi del marketing digitale, ben descritti nel rapporto dell’OMS cui hanno reagito SIP e SIN, e probabilmente usati, mutatis mutandis, anche per il marketing di altri prodotti sanitari. Leggere le due pagine del rapporto per me, ignorante digitale, è stata come togliere un velo che nasconde un mondo sconosciuto. Immagino lo sia anche per molti dei nostri lettori.
Il marketing digitale include l’uso di social networks sponsorizzati dall’industria, pubblicità online rivolta a singole persone, blog o vlog (non conoscevo questo termine, si tratta di blog basati su video invece che su testi) pagati dall’industria, e vendite via internet, scontate o meno. I media digitali usati includono piattaforme social (facebook, instagram, twitter etc), condivisioni di video (youtube, vimeo, tiktok etc), motori di ricerca (google, bing, yahoo etc), siti internet delle ditte, servizi di messaggistica (whatsapp, telegram, signal etc), e rivenditori online (amazon. ebay, apple e, per i prodotti sanitari, molte farmacie). Il tutto accessibile da personal computer e, soprattutto, da cellulare. Ai quali si stanno rapidamente aggiungendo le smart tv, destinate a soppiantare le tv tradizionali, e i pannelli digitali, come quelli che adesso troviamo in autostrada o alle fermate degli autobus, sui quali potranno apparire, al nostro passaggio, messaggi per indirizzarci al negozio più vicino dove acquistare il prodotto dei nostri desideri o il ristorante che offre il piatto di nostro gradimento.
Si stima che il 97% della popolazione mondiale abbia accesso ad almeno uno di questi media digitali. Nel 2019, più del 50% del budget mondiale per il marketing è stato usato per marketing digitale, una percentuale destinata a salire al 68% nel 2024, per un valore di quasi 650 miliardi di dollari. Non c’è dubbio che il marketing digitale sia destinato a scalzare quello tradizionale, sia perché è più efficiente (individui raggiunti per unità di spesa) sia perché è più efficace (percentuale di individui raggiunti che acquistano il prodotto).
Le tecniche digitali hanno completamente rivoluzionato il marketing. Con esse, innanzitutto, si possono disseminare le pubblicità tradizionali su media e piattaforme diverse, raggiungendo con pochi click 10, 100 o 1000 volte più persone. Risultato: aumenta moltissimo la frequenza di esposizione al marketing da parte di potenziali consumatori. Ma non conta solo la frequenza di esposizione, pur fondamentale; contano anche la tempistica e il tipo di esposizione. Un conto è ricevere un messaggio pubblicitario generico in orario casuale; un altro conto è riceverne uno molto specifico proprio quando del prodotto pubblicizzato si ha probabilmente bisogno. Per esempio, in relazione ai sostituti del latte materno, la pubblicità può arrivare alla madre all’inizio della gravidanza, oppure all’approssimarsi del parto, oppure dopo 2-3 giorni dalla nascita quando possono insorgere le prime difficoltà con l’allattamento. E il contenuto del messaggio può essere adattato ai sentimenti, alle ansie, alle paure o addirittura alla situazione di ogni singola mamma.
Come fanno le ditte a inviare il messaggio pubblicitario giusto al momento giusto? Io non uso nessun tipo di social network, ma chi li usa posta dei like e/o dei commenti, oppure condivide dei post con altri, mostrando in questo modo un interesse per un certo argomento. Oppure diffonde una notizia del tipo: ho un ritardo delle mestruazioni, vado a fare un test di gravidanza. O entra in un negozio di prodotti prenatali e acquista un vestito per la gravidanza; il sensore (tipo google maps) del suo cellulare e la sua carta di credito se ne accorgono immediatamente. Questo fa sì che spesso le ditte sappiano che una donna è incinta prima che lo sappiano il suo partner e i suoi genitori. Quando la mamma inizia ad allattare può scrivere alle sue amiche o sul suo profilo facebook che i frequenti risvegli notturni la disturbano perché non vi era preparata, oppure che sente le mammelle molto tese e i capezzoli doloranti. La pubblicità giusta non tarda ad arrivare. Queste pubblicità hanno un nome tecnico in inglese, boosted posts, e sono prodotte da algoritmi automatici che operano sulla base del comportamento digitale del consumatore.
Poi ci sono i dark posts, detti anche dark ads o unpublished posts. Nomi inquietanti, vero? Anche queste pubblicità si adattano al profilo del potenziale consumatore, ma operano indipendentemente dalla ditta cui il marketing si riferisce, non appaiono cioè nella cosiddetta advertiser’s timeline, quella che, per esempio, fa apparire un piccolo riquadro pubblicitario pertinente ogni volta che facciamo una ricerca con google, oppure che interrompe con uno spot pubblicitario la nostra sessione su youtube. Inoltre, i dark posts non sono visibili a nessun altro se non al potenziale consumatore bersaglio del messaggio pubblicitario. I dark posts sono usati per diminuire il volume della pubblicità riconoscibile e per dare l’impressione che la ditta si occupa personalmente di te, consumatore che ha ricevuto quel messaggio.
Video, audio e podcast digitali sono spesso sviluppati in modo tale da occultare all’utente il fine pubblicitario. Il prodotto pubblicizzato vi può apparire solo come se fosse casualmente piazzato nell’ambiente o nel discorso, oppure vi può essere un semplice endorsement. L’idea è creare un sentimento positivo ed evitare reazioni critiche o negative da parte dell’utente. È la tecnica usata dai cosiddetti influencer, che possono prestare i propri servizi a molteplici ditte. Ma ci sono anche influencer, o blogger, pagati da una singola ditta, oppure per un singolo prodotto. Molto note sono le mamme influencer pagate, e formate, da Danone (il secondo produttore mondiale di formula infantile, dopo Nestlé) e presenti in moltissimi paesi di tutti i continenti.
Regolamentare il marketing digitale è difficile e complicato, sia per ragioni politiche (manca la volontà di farlo in un contesto sempre più neoliberale) che tecniche. Per definizione, infatti, questo marketing è transfrontaliero. Una legge nazionale serve a poco, e forse anche una legge per l’Unione Europea; ci vorrebbero accordi e regolamenti globali di non facile elaborazione e implementazione. Inoltre, gran parte di questo marketing non è visibile, e quindi controllabile, perché è personalizzato e raggiunge solamente la persona bersaglio. Se non è questa persona a bloccarlo (e non è facile) o a denunciarlo, anche leggi e regolamenti globali potrebbero non avere effetti.
A cura di Adriano Cattaneo
1. Scope and impact of digital marketing strategies for promoting breastmilk substitutes. WHO, Geneva, 2022 https://www.who.int/publications/i/item/9789240046085
2. How the marketing of formula milk influences our decisions on infant feeding. WHO and Unicef, Geneva, 2022 https://www.who.int/publications/i/item/9789240044609
3. http://www.ibfanitalia.org/cosa-e-il-codice/#:~:text=Il%20Codice%20Internazionale%20per%20la,informazioni%20corrette%20circa%20l’allattamento