Bisogna cambiare mentalità: i campioni di farmaci vanno considerati alla stregua di un regalo, non di una forma di risparmio per il paziente, anzi sono una delle più efficaci strategie di marketing.[1] Nel 2016, negli USA, le aziende farmaceutiche hanno investito 13,5 miliardi di dollari in campioni di farmaci da distribuire gratuitamente ai medici, dai quali sono ben accetti nel’80% circa dei casi. La strategia consiste nel fatto che il paziente in futuro userà con maggiore probabilità quel farmaco ricevuto in omaggio. La relazione fra azienda e paziente è intermediata dal medico, utilizzatore indiretto del farmaco e decisore nella scelta del prodotto. La distribuzione dei campioni rappresenta per i medici uno tra i servizi più importanti fra quelli svolti dagli informatori (nel’84% dei casi secondo uno studio). I campioni non sono distribuiti casualmente o a pioggia, ma si privilegiano i prodotti più costosi e con indicazioni prolungate nel tempo, devono arrivare al medico in piccole quantità e in più occasioni ravvicinate, goccia a goccia. Questa modalità è quella che fornisce il maggior ritorno di investimento.
Perché i medici apprezzano i campioni?
Le motivazioni sono molteplici: risparmio per il paziente, valutazione di efficacia del prodotto, inizio immediato della terapia, migliore compliance del paziente, ecc. Non ultima la motivazione più prosaica, l’uso personale, per familiari e amici. Il campione è più sovente distribuito in occasione di una nuova diagnosi, e così si inizia la terapia. Li usano più spesso medici a inizio carriera o con maggiori incertezze. Il campione gratuito riduce l’ansia diagnostica, ma incrementa la dipendenza dallo stesso. Fra i neo-medici, il campione lasciato dall’informatore aumenta del’81% la possibilità di una futura prescrizione rispetto al 51% nel caso si riceva la sola informazione. Il campione, anche se gratuito, non comporta in ogni caso vantaggi finanziari al paziente. Secondo una ricerca, solo il 4% di chi li riceve è un beneficiario di sostegno statale, rispetto a un paziente pagante in proprio (20%) o assicurato (31%). La maggior probabilità che un paziente riceva un campione gratuito dipende dalla frequenza con cui si reca dal medico, non dalla sua situazione finanziaria.
I campioni influenzano le prescrizioni
Le prescrizioni sono influenzate in due modi dai rappresentanti, con la frequenza delle visite e con la distribuzione di campioni. La loro disponibilità nell’armadietto comporta spesso una prescrizione che si discosta dal trattamento abituale osservato dal paziente. Una ricerca del 2000 fra 154 medici di famiglia statunitensi, che ha preso in considerazione prescrizioni per infezioni urinarie, ipertensione e depressione, ha riscontrato come il campione gratuito nel 49-94% dei casi differiva dal farmaco di prima scelta. Una più recente ricerca canadese (2018) arrivava agli stessi risultati: il campione offerto al paziente nel 51% dei casi non rappresentava la scelta migliore per quella patologia. Infatti una revisione sistematica e metanalisi del 2017, pubblicata su PlosOne, evidenziava che dall’interazione medico/rappresentante (inclusi i campioni gratuiti) scaturisce in genere una prescrizione di bassa qualità. Anche i medici in tirocinio professionale sono influenzati negativamente dai campioni di farmaci, quando sono disponibili si riducono le prescrizioni di generici o di libera vendita. Il fatto è che i medici, pur sapendo che gli omaggi influiscono sull’attività prescrittiva, non considerano i campioni sotto quest’aspetto.
Il rischio insito nei campioni gratuiti
I campioni riducono la compliance con le linee guida e per di più i pazienti sono indirizzati a novità commerciali meno sicure rispetto a farmaci da lungo tempo sul mercato. In altri casi, si inizia una terapia che dovrà in seguito essere abbandonata per i suoi costi, mentre prescrivendo farmaci generici la compliance risulta aumentata. Un altro problema è lo stato di conservazione e scadenza dei campioni, spesso mischiati nello stesso armadietto con altri prodotti e magari dimenticati. I campioni di farmaci sono spesso confezionati in modo diverso da quelli sfusi e quindi possono contenere una quantità sproporzionata di materiale di scarto. Secondo una ricerca si arriva così a uno spreco di 5740 tonnellate di materiale l’anno. In molte università, i campioni sono di norma rifiutati e anche alcuni medici lo fanno, anche se le associazioni professionali più importanti (American Medical Association e American Academy of Family Practitioners) considerano la loro distribuzione un fatto accettabile.
Raccomandazioni e conclusioni
Gli autori dell’articolo insistono sul fatto che la distribuzione di campioni gratuiti non costituisce un’attività caritatevole bensì una modalità di marketing di sperimentata efficacia. Se non fosse così perché le aziende farmaceutiche investirebbero così tanto nel settore? I campioni di farmaci, soprattutto griffati, sono un regalo che aumenta la spesa farmaceutica, però sono ammessi anche negli stati in cui le norme proibiscono o limitano fortemente gli omaggi ai medici. Dobbiamo ragionare così: i campioni sono dei regali, il miglior modo per non esserne influenzati è dire NoGrazie!
Traduzione di Giovanni Peronato
Ndt. L’articolo prende chiaramente in considerazione il mercato statunitense, con un sistema sanitario sostenuto da assicurazioni private e statali. Non tutto quindi è immediatamente trasferibile al contesto italiano per il quale si rimanda al Decreto legislativo del 24/04/2006 n. 219
1. Alagha EC, Fugh‐Berman A. Pharmaceutical marketing: the example of drug samples. J Pharm Policy Pract 2022;15:78