Big Pharma, come i NoGrazie ben sanno, millanta le proprietà benefiche dei farmaci. Dato che le strategie di marketing sono universali, non ci sorprende che Big Formula faccia lo stesso con i sostituti del latte materno. Lo mostra chiaramente uno studio multicentrico, Italia inclusa (tre ricercatori del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, sezione di Pediatria, dell’Università di Pisa), pubblicato sul BMJ.[1]
L’obiettivo degli autori era analizzare le affermazioni, in inglese claim, su salute e nutrizione nelle etichette e nelle pubblicità delle formula infantili, quelle che si usano nel primo anno di vita e note in Italia come formule iniziali (formula 1) e di proseguimento (formula 2), per valutare la validità delle prove usate per comprovare i claim. Non sono state incluse nell’analisi le formule per i bambini oltre l’anno di età (formula 3) e le formule speciali per bambini con disturbi o malattie. Per far questo, hanno visitato, tra il 2020 e il 2022, i siti internet di tutte le ditte operanti nel settore in 15 paesi: Australia, Canada, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Italia, Nigeria, Norvegia, Pakistan, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Spagna e Stati Uniti. La lista comprende paesi a reddito basso, medio e alto di tutti i continenti. Per ogni claim su un prodotto, o su uno o più ingredienti di un prodotto, gli autori hanno analizzato la bibliografia di riferimento riportata dal produttore usando gli stessi criteri sui rischi di bias usati dalle revisioni Cochrane. L’analisi ha riguardato 757 prodotti, con una media di due claim a prodotto (range: 1-4), claim suddivisi in 31 categorie. I tre tipi di claim più comunemente usati erano: “aiuta a sviluppare il cervello e/o la vista e/o il sistema nervoso” (13 ingredienti e 323 prodotti, il 53%); “rinforza il sistema immunitario” (12 ingredienti e 239 prodotti, il 39%); e “aiuta la crescita e lo sviluppo” (20 ingredienti e 224 prodotti, il 37%). 41 gruppi di ingredienti erano associati a più di un claim, ma molti claim (307, 50% dei prodotti) non facevano riferimento ad alcun ingrediente in particolare. Gli ingredienti più citati nei claim erano gli acidi grassi polinsaturi (9 tipi di claim, 278 prodotti), i prebiotici, probiotici e simbiotici (19 tipi di claim, 225 prodotti), e gli idrolisati proteici (9 tipi di claim, 120 prodotti). Il 26% dei 608 prodotti con uno o più claim forniva uno o più riferimenti scientifici a supporto, per un totale di 266 voci bibliografiche per 24 tipi di claim su 161 prodotti. Ciò significa che nel 74% dei prodotti con uno o più claim non vi era alcun riferimento scientifico a supporto. I tipi di studi più citati erano i trial randomizzati (134, 50%), seguiti dagli articoli di revisione (52, 20%). Solo il 28% dei trial clinici (38/134) era stato registrato sulle piattaforme disponibili; di questi, meno della metà (19 su 38) erano stati registrati prima che il trial iniziasse. Un totale di 58 claim faceva riferimento a 32 trial registrati; di questi, 51 in relazione a una comparazione tra soggetti randomizzati. Ben 46 di questi 51 claim facevano riferimenti a trial con alto rischio di bias. Anche tutte le revisioni sistematiche citate sono state classificate ad alto rischio di bias. Gli autori concludono che la maggioranza dei prodotti analizzati usa claim privi di solide prove scientifiche, usati dalle ditte nonostante regolamenti e raccomandazioni nazionali e internazionali che li proibiscono. C’è evidentemente qualcosa che non funziona nelle leggi e nei regolamenti, o nel modo in cui sono applicati, oppure nei sistemi pubblici di monitoraggio sulla loro applicazione. Il tutto a danno dell’allattamento, e quindi di nutrizione, salute, servizi sanitari, economia famigliare e statale, e ambiente.
In un commento all’articolo, sempre sul BMJ, Nigel Rollins ci ricorda l’etica.[2] Se un ingrediente aggiunto a una formula infantile fosse veramente efficace nel migliorare crescita e sviluppo, o nel prevenire disordini e malattia, dovrebbe automaticamente diventare obbligatorio per tutti i prodotti. Non dovrebbero cioè esistere formule di serie A, più costose e quindi abbordabili solo da genitori ricchi, e formule di serie B per i più poveri. E se tutte le formule contenessero obbligatoriamente tutti gli ingredienti di provata efficacia, non ci sarebbe ovviamente bisogno di claim. Ma se non ci fosse bisogno di claim, che ne sarebbe degli uffici di marketing delle ditte o delle compagnie di pubbliche relazioni che sviluppano e organizzano le campagne pubblicitarie per le ditte? Infine, aggiungo io, che fanno i pediatri e gli operatori sanitari che si occupano di alimentazione infantile? Si bevono tutte queste fandonie senza protestare? Vanno tranquillamente a braccetto con le ditte, facendosi sponsorizzare congressi o la partecipazione agli stessi? Non sarebbe ora che si ribellassero e chiedessero a gran voce a governi e ministri della salute misure appropriate per regolare il marketing e proibire i claim?
A cura di Adriano Cattaneo
1. Cheung KY, Petrou L, Helfer B. Health and nutrition claims for infant formula: international cross sectional survey. BMJ 2023;380:e071075