Giornalismo medico scientifico in Norvegia

Ketil Slagstad, medico e redattore del Journal of the Norwegian Medical Association, prende spunto da una notizia pubblicata lo scorso febbraio sull’efficacia dei farmaci antidepressivi per fare alcune considerazioni sul ruolo del giornalismo medico-scientifico, sulla qualità dell’informazione medico-scientifica e sulle ripercussioni prodotte da informazioni scorrette o imprecise.

 

Il titolo del suo articolo è un riassunto ed allo stesso tempo un auspicio: Il giornalismo medico-scientifico non dovrebbe essere meno critico rispetto ad altre forme di giornalismo.

La notizia da cui parte è la seguente: “Una meta-analisi sull’efficacia dei farmaci antidepressivi nelle forme di depressione acuta da moderate a gravi ha mostrato che tutti i farmaci sono risultati più efficaci del placebo”. Si riferisce ai risultati di uno studio su 21 farmaci antidepressivi pubblicato su Lancet da un gruppo di psichiatri, guidati dall’italiano Andrea Cipriani.(1) Lo studio ha destato enorme interesse sia in Norvegia che nel resto del mondo. “Rimossi i dubbi sull’efficacia di farmaci controversi”, ha titolato il sito norvegese di informazione sanitaria Norsk helseinformatikk (28 febbraio 2018). “Scoperte più pillole della felicità”, è stato il titolo del quotidiano britannico The Sun (22 febbraio 2018). Sia l’agenzia di stampa Reuters (21 febbraio 2018) che il giornale The Guardian (22 febbraio 2018) hanno scritto che “i farmaci funzionano”.(2) Cipriani, professore di psichiatria prima a Verona ed ora all’Università di Oxford, ha dichiarato che lo studio fornisce “la risposta definitiva ad una lunga controversia sull’efficacia degli antidepressivi”.(3)

La meta-analisi, che è stata ben condotta, è la più grande finora effettuata sulla terapia della depressione ed ha avuto una vasta eco sugli organi di informazione. Tuttavia, nonostante i ricercatori lo avessero dichiarato, nessuno dei suddetti articoli di stampa ha riportato il fatto che:

  • l’80% degli studi aveva un rischio di bias da moderato ad alto;
  • una pressoché analoga percentuale degli studi era stata finanziata dalle industrie farmaceutiche;
  • la percentuale di sospensione della terapia nei gruppi in trattamento farmacologico è stata alta a causa degli effetti collaterali.

E soprattutto, nessun organo di stampa ha indicato chiaramente quali potranno essere i risvolti pratici di questa meta-analisi. I ricercatori avevano sottolineato che i risultati sono stati ottenuti su gruppi di pazienti altamente selezionati e pertanto non sono facilmente trasferibili nella pratica clinica quotidiana. Inoltre non è stato considerato l’effetto grandezza. É importante per il sistema sanitario sapere se un numero maggiore o minore di persone deve assumere farmaci e quanti soggetti devono essere trattati affinché uno di essi ne tragga beneficio. Nel caso specifico il NNT, Number needed to treat, è stato stimato intorno a 8-10.(4) Sarebbe stato importante informare il grande pubblico che negli studi sulla terapia farmacologica della depressione, è risultato che circa il 40% dei pazienti migliora con placebo.(5) Gli organi di informazione non sono stati all’altezza del loro compito, hanno fallito come comunicatori critici della ricerca.

Non è la prima volta che i media si comportano come meri ripetitori e amplificatori di notizie provenienti dalla ricerca scientifica. Una recensione di cento articoli di giornali americani che trattavano di farmaci ha mostrato un uso molto frequente di aggettivi altisonanti come “rivoluzionario”, “innovativo”, “miracoloso”. Metà dei farmaci non erano ancora stati approvati dalla FDA ed in un caso su sette, lo studio era ancora alla fase pre-clinica.(6) I giornalisti giocano un ruolo importante nell’enfatizzare e sovrastimare i risultati delle ricerche scientifiche. Ma non lo fanno solo i giornalisti: in circa la metà degli articoli era un giornalista, ma in un quarto dei casi era addirittura un medico che scriveva quelle parole reboanti. É risaputo che i ricercatori tendono a sopravvalutare o ad ingigantire i risultati negli articoli accademici.(7)

Dal 1960 al 2010 il giornalismo medico-scientifico americano ha subito notevoli cambiamenti. Mentre nel 1960 circa il 30% degli articoli su notizie relative al mondo della sanità sul New York Times e nella Chicago Tribune era incentrato su casi segnalati da associazioni professionali o da singoli medici (per esempio: “L’Associazione dei Medici Americani impone ai suoi iscritti di prescrivere per marca”), ciò è avvenuto solo nel 5% dei casi a partire dal 2000.(8) Il contrario è accaduto per quanto riguarda il ricorso ad articoli accademici come fonte di notizie per il grande pubblico: negli anni ’60 solo il 5% delle notizie proveniva da articoli accademici, mentre alla fine del millennio la percentuale è salita al 20%.

Benché gli esperti abbiano sempre dominato la scena, nel corso degli anni ricercatori e rappresentanti dell’industria farmaceutica hanno preso il posto di singoli medici e di associazioni professionali. Ed altri attori sono saliti sul palco, in particolare le organizzazioni dei pazienti che hanno ottenuto sempre maggiore spazio sui media. Si è verificato un cambiamento di tendenza: sono stati affrontati più spesso alcuni argomenti conflittuali, mentre sono notevolmente diminuiti gli articoli acritici. Il dato più caratteristico però è rappresentato dal fatto che, sebbene le segnalazioni neutrali siano state generalmente le più comuni, negli ultimi decenni le segnalazioni positive hanno superato quelle negative. E questo è da considerare un elemento distintivo del giornalismo medico-scientifico rispetto ad altre forme di giornalismo. Un elemento del quale non si può certo menar vanto.

Se lo spirito dell’articolo sui farmaci antidepressivi è rappresentativo del giornalismo medico-scientifico norvegese, allora poco è cambiato negli ultimi 16 anni. In questo periodo di tempo, un resoconto degli articoli di stampa sui nuovi farmaci ha evidenziato che gli articoli sono stati acriticamente positivi, con gravi omissioni per quanto riguarda la segnalazione degli effetti collaterali e dei costi.(9) Il buon giornalismo scientifico necessita di giornalisti specializzati con competenze in metodologia.(10) In ultima analisi, qual è il compito del giornalismo? Nessun giornalista sarà d’accordo nel dire che il suo ruolo è quello di agire come portavoce di questa o quella persona o istituzione.(11) Al contrario, il moderno giornalismo ha il compito di smascherare i conflitti di interesse, portando alla luce i rapporti di potere e svolgendo un ruolo di forza correttiva nei confronti delle istituzioni politiche.

Ketil Slagstad non ha affrontato tuttavia alcuni argomenti scottanti: chi possiede o controlla i principali organi di informazione? Qual è il grado di indipendenza della stampa? Può l’industria farmaceutica esercitare un’influenza diretta o indiretta sui media?

Libera traduzione e adattamento a cura di Ermanno Pisani

  1. Cipriani A, Furukawa TA, Salanti G et al. Comparative efficacy and acceptability of 21 antidepressant drugs for the acute treatment of adults with major depressive disorder: a systematic review and network meta-analysis. Lancet 2018;391:1357-66
  2. http://www.bbc.com/news/health-43143889
  3. Reneflot A et al. Psykisk helse i Norge. Oslo: Folkehelseinstituttet, 2018 www.fhi.no/publ/2018/psykisk-helse-i-norge/
  4. McCormack J, Korownyk C. Effectiveness of antidepressants. BMJ 2018;360:k1073
  5. http://criticalpsychiatry.blogspot.it/2018/03/effectiveness-of-antidepressant.html
  6. Abola MV, Prasad V. The use of superlatives in cancer research. JAMA Oncol 2016;2:139-41
  7. Chiu K, Grundy Q, Bero L. ‘Spin’ in published biomedical literature: a methodological systematic review. PLoS Biol 2017;15:e2002173
  8. Hallin DC, Brandt M, Briggs CL. Biomedicalization and the public sphere: newspaper coverage of health and medicine, 1960s-2000s. Soc Sci Med 2013;96:121-8
  9. Høye S, Hjortdahl P. “Ny vidunderpille!”–hva skriver norske aviser om nye legemidler? Tidsskr Nor Laegeforen 2002;122:1671-6
  10. Brean A. Sexstillingen for deg! Tidsskr Nor Legeforen 2010;130:2105
  11. Hallin DC, Briggs CL. Transcending the medical/media opposition in research on news coverage of health and medicine. Media Cult Soc 2015;37:85-100

L’efficacia degli antidepressivi: La buona qualità metodologica di una revisione non ci mette al riparo da un suo uso distorto

La network-metanalisi di Cipriani e colleghi pubblicata su Lancet1 è stata ampiamente diffusa, con interpretazioni differenti, incluse alcune adesioni acritiche sull’efficacia degli antidepressivi.
Da segnalare che hanno collaborato alla pubblicazione autori indipendenti del calibro di Ioannidis e Turner, noti per uno studio in cui viene mostrato come la pubblicazione selettiva degli studi sugli antidepressivi con risultati positivi avesse influenzato l’apparenza di efficacia2.
Gli autori sin dall’inizio evidenziano bene i limiti del loro studio: sono inclusi pazienti con depressione moderato-severa e un punteggio medio alla scala di Hamilton di 26 e non la maggioranza dei pazienti con depressione lieve comunemente trattati negli ambulatori dei medici di medicina generale; se l’efficacia degli studi controllati e randomizzati è nota solo nelle 8 settimane in cui i farmaci sono stati testati, lo studio non dice nulla riguardo effetti collaterali a lungo termine dei farmaci; l’82% degli studi inclusi hanno un rischio di distorsione moderato-alto; il 78% degli studi sono sponsorizzati.

Ma al di là della significatività statistica, qual è la rilevanza clinica?
Il pregio maggiore dello studio è quello di dare i numeri sull’efficacia degli antidepressivi3:
Un paziente con depressione moderato-severa trattato con placebo ha un miglioramento o una remissione in circa 4 casi su 10.
Un paziente con depressione moderato-severa trattato con un farmaco antidepressivo ha un miglioramento o una remissione in circa 5 casi su 10.

Per ottenere un miglioramento o una remissione in caso di depressione moderato-severa, l’efficacia del farmaco antidepressivo rispetto al placebo è di circa 1 caso su 10 e il numero di persone da trattare per ottenere un beneficio è circa 10, al prezzo di effetti collaterali decisamente aumentati.

A cura di Luca Iaboli

  1. Cipriani A et al. “Comparative efficacy and acceptability of 21 antidepressant drugs for the acute treatment of adults with major depressive disorder: a systematic review and network meta-analysis” Lancet 2018; 391: 1357– 66 Reperibile al sito: http://www.thelancet.com/pdfs/journals/lancet/PIIS0140-6736(17)32802-7.pdf
  2. Turner et al. “Selective Publication of Antidepressant Trials and Its Influence on Apparent Efficacy.” N Engl J Med 2008; 358:252-260. Reperibile al sito: https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMsa065779
  3. McCormack J and Korownyk C. “Effectiveness of antidepressants” BMJ 2018; 360: k1073