C’è accordo generale nell’auspicare un Sistema Sanitario Nazionale (SSN) efficiente, che riesca a garantire cure efficaci per tutti in tempi rapidi e medici interessati e attenti alla nostra salute. Tuttavia i tagli alla spesa pubblica avviati negli ultimi decenni e aumentati a seguito della crisi economica stanno incidendo fortemente sulle scelte di politica sanitaria e sul finanziamento del SSN sottraendo risorse importanti per lo stato di salute sia del SSN che dei cittadini di cui dovrebbe tutelare il diritto alla salute.
Negli ultimi anni, inoltre, sull’onda di un trend internazionale intensificatosi in seguito alla crisi, accanto al SSN si è assistito all’emergere di un “sistema sanitario privato” in grado di erogare servizi e prestazioni fruite da una crescente quota di cittadini “assicurati”, che oggi si stima arrivino a 14 milioni.
Questo “sistema sanitario privato” comprende un variegato settore non profit, costituito da fondi sanitari, casse mutue e società di mutuo soccorso, previdenze sanitarie garantite dai datori di lavoro; e il settore for profit delle assicurazioni sanitarie commerciali. La logica in apparenza è semplice: dove non arriva il SSN, in seguito ai tagli progressivi, si crede possa arrivare tale sistema privato, integrando eventuali mancanze del SSN, fornendo uno strumento per la sua sostenibilità e costituendo un nuovo “pilastro” nella tutela della salute dei cittadini. Su questa scia, di fronte all’arretramento del SSN, le organizzazioni e i cittadini che ne hanno la possibilità assicurano se stessi e le proprie famiglie, senza essere consapevoli che questo “sistema sanitario privato” rappresenta una delle maggiori minacce attuali per il nostro SSN.
Le casse dello Stato infatti finanziano (tramite incentivi, detrazioni fiscali e oneri deducibili) la crescita di questo “sistema sanitario privato” a scapito del buon funzionamento del SSN. Per cui non solo si sottraggono risorse preziose al principale pilastro a reale tutela della salute di tutti i cittadini, il SSN; ma le fasce di popolazione più avvantaggiate dal punto di vista socioeconomico e da quello di salute che accedono a questo nuovo “pilastro” sanitario, grazie ai privilegi fiscali scaricano parte dei costi su chi non può accedervi e non ne usufruisce, pur versando in condizioni di salute in media peggiori. Inoltre, al contrario di quanto la legge istitutiva intendeva evitare, più che integrare l’offerta del SSN verso bisogni di salute dei cittadini, questo “sistema sanitario privato” tende a sostituirvisi erogando, duplicandole, prestazioni nella maggior parte dei casi già disponibili.
Ma i fondi sanitari, casse mutue, previdenze sanitarie garantite dai datori di lavoro e assicurazioni sanitarie commerciali peggiorano la sostenibilità del SSN anche per altri motivi. Il primo riguarda l'(in)efficienza: gestire milioni di transazioni connesse a questo sistema sanitario privato è molto dispendioso per i professionisti sanitari e le amministrazioni pubbliche, che devono sacrificare parte delle proprie risorse, anche di tempo, per negoziare, stipulare e rinnovare i contratti, documentare le prestazioni eseguite, tenere conto dei diversi regolamenti, eseguire i controlli delle centinaia di fondi che costituiscono questo sistema sanitario privato. Un’ulteriore e più subdola minaccia riguarda il modo con cui i cittadini si relazionano con la propria salute e con le prestazioni sanitarie. Tali sistemi sanitari privati, per sopravvivere, hanno bisogno di vendere il maggior numero possibile di prestazioni. Per garantire la propria sopravvivenza e sviluppo, inducono i cittadini a consumare un numero di prestazioni che permetta loro di avere ricavi sufficienti. C’è però spesso molta differenza tra il numero di prestazioni di cui necessitano tali sistemi sanitari privati per sopravvivere e svilupparsi e ciò di cui i cittadini hanno davvero bisogno per una buona salute. Questi sistemi sanitari privati finiscono così per aumentare il bisogno dei cittadini di consumare prestazioni anche non necessarie per la salute (quando non dannose), ma fondamentali per il mantenimento degli utili. All’aumento dell’offerta di prestazioni anche non necessarie fa così seguito un aumento della domanda.
Questo “secondo pilastro” è caldeggiato con l’intento dichiarato di ridurre la spesa sanitaria pubblica. Ma si può invece osservare che i paesi dotati di “sistemi assicurativi” (anche non profit, di tipo mutualistico) molto sviluppati, pur non avendo affatto migliori esiti di salute, hanno sia la spesa sanitaria totale, sia quella pubblica in media maggiori rispetto ai paesi in cui la presenza di fondi sanitari e assicurazioni commerciali è tuttora inferiore, come accade nei paesi con un SSN. Per l’aumento di transazioni amministrative improduttive e l’induzione di consumi sanitari anche futili, dove è più forte la componente privata del sistema sanitario la spesa sanitaria totale è maggiore (sia in termini percentuali sul PIL che come spesa totale). Ma è maggiore anche la spesa sanitaria pubblica, in netto contrasto con l’obiettivo dichiarato di ridurla, ed è persino maggiore la spesa privata complessiva (se non si considera solo quella pagata in modo diretto dai cittadini, ma le si somma la spesa privata intermediata da fondi sanitari e assicurazioni). Non si dimentichi, infine, che il SSN italiano è nato anche perché le mutue erano andate in fallimento e sono state liquidate.
In considerazione della minaccia rappresentata per il SSN da tale sanità sedicente “integrativa”, la Rete Sostenibilità e Salute chiede agli enti pubblici, ai sindacati, ai cittadini, ai partiti politici di invertire la rotta, prima che l’attuale politica finanziaria e sanitaria determini la completa insostenibilità per il SSN e che molti cittadini siano esposti a un eccesso di prestazioni inutili e persino iatrogene, mentre tanti altri si trovino nell’impossibilità di potersi curare. Pur riconoscendo i benefici che potrebbero derivare da sistemi sanitari privati che si limitassero a offrire, a chi è libero di associarsi, prestazioni di efficacia provata e solo integrative all’attuale offerta del SSN, la Rete Sostenibilità e Salute chiede che cessino i privilegi fiscali destinati ai fondi sanitari, che alcuni vorrebbero estendere anche alle assicurazioni. Le risorse derivanti dalla cessazione di tali privilegi fiscali sarebbero meglio destinate al potenziamento degli aspetti lamentati dai cittadini come inefficienze del SSN, a partire dalla riduzione delle liste di attesa per le prestazioni di efficacia provata, e dall’erogazione di assistenza domiciliare e cure odontoiatriche.
Bologna, 28 Ottobre 2017
Rete Sostenibilità e Salute
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