Il 1-12-22 la Consulta ha deciso in modo opposto a quanto mostrano i dati citati a sostegno

Rispetto all’obbligo vaccinale legittimato dalla Corte Costituzionale abbiamo letto un articolo sul Corriere della Sera che afferma:
Gran parte della discussione è ruotata intorno all’efficacia delle dosi… non solo sull’efficacia rispetto alla contrazione del virus, ma anche sulla limitazione della sua diffusione.
E un altro quotidiano:
All’obiezione dell’Avv. Sandri sul vaccino che non blocca l’infezione, replica l’Avv. Tomiola (dello Stato) “L’efficacia dei vaccini è evincibile dai dati dell’ISS, che comprovano che due terzi delle persone non si ammalano, pertanto la critica non tiene conto della realtà obiettiva”.
L’aspetto paradossale è che nessuno, pare, abbia smentito tale affermazione presentando i “dati dell’ISS” richiamati (parlo dei dati, non della narrazione dell’ISS, che sul tema citato diverge dagli stessi dati che l’Istituto pubblica). Proveremo a presentarli almeno a chi leggerà questa Lettera, con riferimento al Bollettino ISS del 23 novembre (Tab. 6, pag. 28), l’ultimo pubblicato, e riprendendo nei grafici i dati delle Tabelle corrispondenti (prima erano le n. 5), nella serie dei Bollettini settimanali da gennaio 2022.

Citata la fonte, che ciascuno può subito verificare, sintetizziamo il messaggio nelle slide allegate, riferite ai bambini da 5 a 11 anni e alle tre fasce d’età successive considerate dall’ISS, in cui operano anche tutti i lavoratori della Sanità che molte forze politiche e sociali vorrebbero ancora soggetti alle vaccinazioni obbligatorie. La realtà documentata dai dati ISS è invece che oggi, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età:

  • i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 30,4% in più;
  • i giovani 12-39 anni con booster si infettano il 22% in più;
  • gli adulti 40-59 anni con booster si infettano il 56% in più;
  • gli anziani 60-79 anni con booster si infettano ormai il 2% in più dei non vaccinati, e se fermi a 2 dosi (dunque probabilmente più distanti dall’ultimo inoculo) si infettano il 7% in più.

I dati italiani sono coerenti con un gran numero di studi internazionali. In sintesi: la protezione vaccinale dall’infezione, buona all’inizio con le precedenti varianti ma solo mediocre con Omicron, declina poi rapidamente, si azzera in pochi mesi, e quindi si inverte, cioè i vaccinati diventano in media più soggetti a infettarsi dei non vaccinati. I booster ripristinano in modo transitorio la protezione iniziale, ma si torna a perderla velocemente, con un percorso che sembra accelerato al ripetersi dei successivi inoculi.*  Gli studi sono stati presentati in occasione del Congresso POLI-COVID-22 appena svoltosi a Torino, che chiunque può visionare nelle slide o in videoregistrazione (v. quelle specifiche sul sito della CMSi), chiedendo se lo desidera gli studi integrali da cui sono tratte.

Chi volesse aggrapparsi al cavillo che rischio di infezione non significhi anche rischio di trasmissione, trova risposta, tra l’altro, nel grande studio israeliano che mostra che a 70 giorni dalla 3a dose la carica virale (buona proxi del rischio di trasmissione, in relazione inversa con il numero dei cicli di amplificazione con la PCR-RT) precipita già sotto al livello dei non vaccinati, con una pendenza della curva di discesa non certo rassicurante.[1]

Alla luce dei dati ufficiali esposti (salvo prova contraria che i lettori sono invitati a esibire, aprendo un dibattito nella comunità dei NoGrazie che si richiama alle prove di efficacia),chi ha portato fuori strada la Consulta con affermazioni contrarie a quanto emerge dai datisono gli avvocati dello Stato, senza che le istituzioni scientifichedi riferimento si siano levate a offrire interpretazioni più corrette dei dati da loro prodotti. Quanto sopra esposto dovrebbe rendere chiaro che non è affatto rispettata la condizione a) prevista dalla nostra Costituzione per legittimare un trattamento sanitario obbligatorio per legge, cioè:

Anzi, nel medio periodo può valere persino l’opposto.

Per quanto riguarda la condizione b) (cioè se vi sia “la previsione che il trattamento non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneità e scarsa entità, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili”), questa è ancor meno rispettata, per i motivi che riprenderemo in un prossimo contributo, avendo consumato lo spazio disponibile in questo numero della Lettera, ma chi volesse può già trovarne documentazione qui:(https://drive.google.com/file/d/1ke5DphUmuCG7y9JwZ6NVWjHaAyfD6cuP/view).

* Gli studi spesso citati a sostegno di una protezione dall’infezione grazie alle vaccinazioni sono afflitti in varia misura dai problemi che seguono, che ne inficiano la validità. Valgano le valutazioni critiche sulla revisione sistematica con metanalisi di Higdon,[2] che concludeva: “Verso la malattia sintomatica, a 4-6 mesi dalla serie primaria resta poca protezione (ndr: ~10%). Anche dopo il booster la protezione decresce in fretta, ma meno che dopo la 1a serie” (ndr: residuerebbe un ~30% a 4-6 mesi, ma altre analisi non confermano; anche la stessa UK Health Security Agency arriva a concedere che “la protezione dalla trasmissione con il vaccino Pfizer si stima tra lo zero e il 25% nei periodi dopo la dose booster”[3]). Tuttavia, nella suddetta metanalisi:

  • Alcuni studi mostrano protezione negativa (significativa in Scozia e Qatar).
  • La pendenza delle curve nella protezione dall’infezione dopo ciclo-base e dopo booster fa ritenere che prolungando l’osservazione di qualche mese il riscontrato ~10% e 30% di protezione media diverrebbe negativo.
  • In bambini 5-11 [in cui la dose è minore] la protezione declina prima, ma la rassegna non li ha inclusi, o li ha accorpati ad altre classi d’età, attenuando il declino complessivo.
  • Il follow-up considerato non va in genere oltre i 6 mesi, ma è proprio dopo che la protezione può precipitare.[4]
  • Soprattutto, sono sempre solo infezioni sintomatiche, non si includono le asintomatiche, contro cui la protezione vaccinale si perde prima e molto di più.[5]
  • La rassegna non include studi successivi, che supportano in modo ulteriore il concetto di “efficacia dall’infezione che si negativizza nel tempo”.
  • Da ultimo, ma non certo per i NoGrazie, la maggior parte degli autori (compresi i 2 Principal Investigators) ha pesantissimi conflitti di interessi (anche con Pfizer), e ciò si associa a esagerazione sistematica dei benefici e della sicurezza dell’intervento in studio[6,7]

Alberto Donzelli, Patrizia Gentilini e Giovanni Malatesta

  1. Woodbridge Y, Amit S, Huppert A et al. Viral load dynamics of SARS-CoV-2 Delta and Omicron variants following multiple vaccine doses and previous infection. Nat Commun 2022;13:6706 https://doi.org/10.1038/s41467-022-33096-0
  2. Higdon MM, Baidya A, Walter KK et al. Duration of effectiveness of vaccination against COVID-19 caused by the omicron variant. Lancet Infect Dis 2022;22:1114-1116
  3. COVID-19 vaccine surveillance report: week 44 (publishing.service.gov.uk) e precedenti
  4. Fabiani M, Puopolo M, Morciano C et al. Effectiveness of mRNA vaccines and waning of protection against SARS-CoV-2 infection and severe covid-19 during predominant circulation of the delta variant in Italy: retrospective cohort study. BMJ 2022;376:e069052
  5. Abu-Raddad LJ, Chemaitelly H, Bertollini R; National Study Group for COVID-19 Vaccination. Waning mRNA-1273 vaccine effectiveness against SARS-CoV-2 infection in Qatar. N Engl J Med 2022;386:1091-3
  6. Ahn R, Woodbridge A, Abraham A et al. Financial ties of principal investigators and randomized controlled trial outcomes: cross sectional study. BMJ 2017;356:i6770
  7. Lundh A, Lexchin J, Mintzes B et al. Industry sponsorship and research outcome: systematic review with meta-analysis. Intensive Care Med 2018;44:1603-12 https://doi.org/10.1007/s00134-018-5293-7

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