Dopo una battaglia legale durata sette anni, a inizio Aprile 2013 la Corte Suprema indiana ha respinto il ricorso della multinazionale svizzera Novartis per il riconoscimento del brevetto della forma beta cristallina dell’Imanitib mesilato, un farmaco anti-tumorale commercializzato come Glivec.
Al centro di quella che è stata una lunga battaglia politica ed economica vi è ancora una volta il tema della proprietà intellettuale e dell’accesso ai farmaci per milioni di pazienti. In realtà, come sottolineato da più voci, Novartis ha perso la causa per motivazioni strettamente tecniche. La Corte indiana ha affermato infatti che la versione beta cristallina dell’Imatinib mesilato non rappresenta una vera innovazione, ma una versione modificata di un composto già noto (pratica che in termini tecnici prende il nome di “evergreening”). La legge sui brevetti, adottata dall’India nel 2005, definisce infatti criteri piuttosto severi per brevettare nuove versioni di farmaci già esistenti, stabilendo che il composto modificato deve dimostrare una maggiore efficacia terapeutica, una clausola fondamentale per evitare il prolungamento fittizio dei monopoli industriali. Si tratta di una sentenza storica che potrebbe stabilire un importante precedente per prossime dispute sulla proprietà intellettuale, ma la cui portata potrebbe essere limitata dalle negoziazioni attualmente in corso tra Europa e India per siglare un Accordo di Libero Commercio (Free Trade Agreement) che potrebbe contenere ulteriori restrizioni in termini di protezione brevettuale.