Quando si tratta di influenzare le politiche internazionali e nazionali, Big Food, Big Drink e Big Sugar non sono da meno di Big Pharma.(1) Succede anche in Italia: chi tra i NoGrazie non ricorda l’acqua della salute?(2) Più recentemente, un gruppo di ricercatori australiani ha cercato di capire come funzionano le cose nel loro paese.
Nell’articolo che hanno pubblicato su BMC Public Health,(3) open access e quindi liberamente scaricabile, hanno analizzato tutta l’informazione disponibile al pubblico (non oso immaginare cos’avrebbero scoperto se avessero avuto accesso anche all’informazione secretata) riguardante l’attività politica delle cinque più importanti imprese di alimenti che operano in Australia: Australian Food and Grocery Council, Coca Cola, McDonald’s, Nestle e Woolworths.
Agli autori interessava soprattutto conoscere gli effetti, reali o potenziali, di queste attività sulle politiche di salute pubblica, soprattutto per quanto riguarda il controllo delle malattie non trasmissibili. Le fonti di informazione indagate per risalire a queste attività sono stati: documenti ufficiali delle imprese stesse, disponibili sui siti internet o sui social media (facebook e twitter); documenti disponibili presso istituzioni governative (parlamento, ministeri, altre agenzie governative); documenti disponibili sui siti internet dei tre maggiori partiti politici e delle commissioni elettorali; registri delle attività di lobby (regolamentate in Australia, non in Italia); notizie apparse sui media. Gli autori hanno inoltre fatto richiesta di altri documenti alle ditte stesse e a vari dipartimenti del Ministero della Salute. L’indagine è stata retrospettiva e ha coperto gli anni dal 2012 al 2015.
In totale, gli autori hanno raccolto e catalogato 310 pezzi di informazione. La categoria più numerosa, 148 casi, è stata quella delle informazioni e dei messaggi: per enfatizzare l’importanza economica dell’industria, promuovere la de-regulation, impostare il dibattito sull’alimentazione come fattore di salute pubblica, e modellarne le evidenze scientifiche. Al secondo posto, con 127 casi, la costruzione del consenso: stabilire buone relazioni con key opinion leaders e associazioni professionali, coinvolgere la collettività, creare relazioni con i politici, costruire relazioni con i media. C’erano poi 22 casi di vere e proprie proposte di politiche sanitarie, 12 di incentivi finanziari e un caso di azioni legali. I meccanismi e gli argomenti più usati per modellare il dibattito pubblico erano: smentire qualsiasi responsabilità dell’industria sull’insorgenza di malattie non trasmissibili, promuovere le proprie buone intenzioni e pratiche, ed enfatizzare le attività in favore di stili di vita e di prodotti più salutari. Immancabile naturalmente l’accento sulla ricerca promossa e finanziata dall’industria al fine di migliorare la salute, con i relativi buoni rapporti con l’accademia. Per quanto riguarda le iniziative nella e per la comunità, da notare la sponsorizzazione di sport e attività fisica a tutte le età, ma soprattutto per i bambini e gli adolescenti (una tecnica ben nota per sviare l’attenzione dalla cattiva alimentazione), e l’offerta di informazioni e prodotti per mense di vario tipo (da quelle scolastiche a quelle per i poveri).
In conclusione, le strategie e le attività di Big Food tendenti ad influenzare le politiche di salute sono ben studiate dai loro uffici per le pubbliche relazioni e sono messe in pratica con costanza e regolarità. È molto probabile che raggiungano gli scopi che le ditte si prefiggono, visto che continuano ad investire in esse. È anche probabile che siano simili in tutti i paesi in cui queste imprese multinazionali sono presenti, con qualche necessario aggiustamento alla situazione locale. Quindi anche in Italia.
A cura di Adriano Cattaneo
1. http://www.nograzie.eu/finanziamenti-usa-della-coca-cola/#more-796
2. http://www.nograzie.eu/mi-e-andato-un-sorso-dacqua-di-traverso/
3. Mialon M, Swinburn B, Allender S, Sacks G. Systematic examination of publicly available information reveals the diverse and extensive corporate political activity of the food industry in Australia. BMC Public Health 2016;16:283 https://bmcpublichealth.biomedcentral.com/articles/10.1186/s12889-016-2955-7