Le relazioni tra farmacisti e industria

Saavedra K, O’Connor B, Fugh-Berman A. Pharmacist–industry relationships. Int J Pharm Pract 2017;doi: 10.1111/ijpp.12333
L’articolo si pone come obiettivo di documentare, anche con citazioni testuali, le convinzioni e le attitudini che i farmacisti americani hanno nei confronti dell’industria farmaceutica e le interazioni dei farmacisti con l’industria.

 

 

L’obiettivo appare ambizioso, tenuto conto che il campione di farmacisti inclusi nello studio è limitato a soli 9 soggetti, seppur coinvolti a diverso titolo nella relazione con l’industria. Sono inclusi nello studio: 1 farmacista amministrativo, 4 farmacisti ospedalieri, 2 farmacisti indipendenti e 2 farmacisti di farmacia convenzionata. Lo studio viene definito di tipo esplorativo e qualitativo, e utilizza un metodo etnografico attraverso interviste non strutturate di circa 30-60 minuti. Le interviste seguono comunque una traccia per assicurare al termine dell’incontro di aver indagato i numerosi aspetti di interesse degli autori, in maniera comunque molto libera e spontanea.

Dalle citazioni si evince che sebbene l’interazione tra medici e industria sia ritenuta un elemento che condiziona le prescrizioni dei clinici, i farmacisti intervistati, nonostante incontrino rappresentanti dell’industria, partecipino a programmi di formazione sponsorizzati, affermino che gli incontri con l’industria abbiano un carattere formativo/informativo, al pari di molti medici ritengono di non essere influenzati nella loro pratica professionale da tali tipi di relazioni con l’industria.

I farmacisti intervistati risultano molto sensibili all’alto prezzo dei farmaci e alla messa in commercio di farmaci me-too che nulla aggiungono al paziente in termini di efficacia, ma risultano più costosi perché sottoposti a brevetto. Gli intervistati vedono inoltre come negativa la pubblicità diretta al consumatore, ma non la correlano con l’aumento del costo dei farmaci. Paradossalmente, inoltre, sottolineano l’influenza dei farmacisti nell’inserimento dei farmaci nei prontuari e nel mitigare la prescrizione inappropriata, pur ritenendo contemporaneamente che abbia un effetto relativamente limitato sul comportamento prescrittivo.

I farmacisti intervistati sono risultati in gran parte neutri o favorevoli alla formazione e ai programmi di adesione sponsorizzati. Ritengono inoltre di non sentirsi condizionati dalla partecipazione a eventi sponsorizzati o dal ricevimento di doni o incentivi. La maggior parte afferma che sono i medici l’oggetto di attenzione dell’industria, mentre ritengono non esserlo altrettanto i farmacisti nonostante forniscano consulenza sia ai pazienti che ai medici ed abbiano assunto un ruolo sempre più ampio negli USA nell’assistenza ai pazienti.

Lo studio mette in evidenza infine come i farmacisti siano convinti di resistere all’influenza indebita dell’industria e ritengano che siano invece i medici gli obiettivi più attraenti per la promozione nel settore farmaceutico, ed anche i più influenzabili. Gli autori, nel ricordare che il Sunshine Act si rivolge esclusivamente ai medici, ne propongono l’estensione ai farmacisti e propongono che i curricula per la formazione dei farmacisti includano sezioni specifiche sulle interazioni con l’industria ed i CdI. E concludono ritenendo che negli USA i farmacisti saranno con molta probabilità più frequentemente oggetto delle attenzioni dall’industria farmaceutica, esprimendo il timore che se le loro opinioni saranno da questa influenzate, la corretta presa in carico del paziente potrebbe esserne compromessa.

A cura di Lucia Alberghini