Le strategie della Coca Cola in Estremo Oriente

Delle strategie di marketing della Coca Cola potremmo scrivere in ogni numero di questa Lettera non periodica, tante sono le malefatte di questa compagnia transnazionale e tanti i danni per la salute dell’umanità e del pianeta. Il mese scorso abbiamo visto come abbia influenzato conferenze e oratori in USA e Gran Bretagna. Ma il mercato, e i relativi profitti, si spostano sempre più verso l’Estremo Oriente, Cina in primis, e di conseguenza si spostano, e si adattano, le strategie di marketing. Le analizza un articolo uscito da poco sul BMJ Global Health.[1]

Gli autori hanno analizzato con metodi qualitativi documenti, datati dopo il 2000, scaricabili da numerosi siti internet, compresi quelli della ditta, o reperibili presso centri di documentazione sul commercio nazionale e internazionale o negli archivi di organi di stampa che si occupano del tema. L’analisi, limitata ai paesi a basso e medio reddito di quell’area, si inserisce nel filone, ormai ricchissimo, degli effetti sulla salute dei cosiddetti determinanti commerciali. Da notare che l’analisi non si limita alla Coca Cola, ma si estende a numerose ditte sussidiarie che assicurano la produzione, l’imbottigliamento e la distribuzione sia delle bevande a marchio sia di bevande con marchi diversi, ma controllati dalla casa madre. I quattro campi strategici presi in considerazione sono la catena di produzione e distribuzione, le attività di lobby, il marketing e le relazioni pubbliche.

Dall’analisi di oltre 600 documenti, risulta che la Coca Cola opera attraverso una ragnatela di ditte sussidiarie e controllate per espandere la sua catena di produzione e distribuzione, e dominare il mercato, nei seguenti paesi: Cambogia, Indonesia, Laos, Mongolia, Myanmar, Papua Nuova Guinea, Filippine, Timor-Leste e Viet Nam. Questa espansione si accompagna a un frequente coinvolgimento nelle politiche nazionali sulla nutrizione allo scopo di aumentare, o per lo meno mantenere, vendite e profitti. Il marketing si sposta sempre più dall’ambito tradizionale (carta stampata, centri commerciali, radio e televisione) a quello digitale, basato soprattutto su applicazioni e social media ormai quasi universali nei paesi studiati. Il marketing non manca di rivolgersi a madri, bambini e adolescenti; in molti casi, anzi, questi sono i bersagli principali. Le relazioni pubbliche mirano a minimizzare gli effetti avversi su salute, diritti umani e sostenibilità ambientale; questi temi sono addirittura integrati spesso nelle campagne di marketing (per esempio, promuovendo il riciclaggio di lattine e bottiglie usate). L’articolo propone numerosi esempi dai vari paesi all’interno dei quattro campi considerati. Il lettore interessato può scaricare gratuitamente l’articolo open access e può andare alla ricerca dei vari esempi. Interessante, e per me nuova, la promozione di lattine personalizzate da usare come regalo per familiari e amici.

In conclusione, nulla di nuovo, strategie risapute e ormai impiegate sistematicamente da tutte le ditte transnazionali, che vendano bevande zuccherate, formula infantile, alimenti ultra-processati, fumo elettronico o qualsiasi altra merce pericolosa per la salute e l’ambiente. Vecchia anche la raccomandazione: governi in grado di sviluppare e attuare rigorose politiche di controllo e leggi adeguate. Ma quali governi?

A cura di Adriano Cattaneo

Huse O et al. Strategies used by the soft drink industry to grow and sustain sales: a case-study of The Coca-Cola Company in East Asia. BMJ Global Health 2022;7:e010386

LEGGI TUTTA LA LETTERA 110