Nel paese più grasso dell’Asia i nutrizionisti prendono soldi da Big Food
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In un reportage da Kuala Lumpur, datato 23 dicembre 2017, tre giornalisti del New York Times narrano di come Big Food, la grande industria del cibo, si serva di un famoso nutrizionista e ricercatore malese per promuovere i suoi prodotti.
Negli ultimi tre decenni, i tassi di obesità in Malesia sono cresciuti tanto da farlo diventare il paese più grasso dell’Asia; oltre la metà della popolazione adulta è attualmente sovrappeso o obesa. Anni fa, il Dr Tee E Siong, in collaborazione con la Società Malese di Nutrizione, aveva condotto uno studio sulla dieta e gli stili di vita nazionali. La ricerca ha prodotto numerosi articoli su importanti riviste internazionali. Peccato che tra i finanziatori e i revisori dello studio vi fosse Nestlè. Uno degli articoli pubblicati mostrava come i bambini che prendevano per colazione una bevanda al malto zuccherata, venduta in Malesia come Milo, erano fisicamente più attivi e passavano meno tempo seduti al computer o a guardare la televisione.
Si tratta di un chiaro esempio di come Big Food manipoli ricercatori e associazioni professionali per trarne vantaggi per il marketing e per i profitti. E ovviamente non succede solo in Malesia; si tratta di una strategia globale comune a tutti i giganti del cibo industriale. I risultati di tali ricerche non sono solo pubblicati su riviste internazionali, sono anche diffusi tra gli operatori, nei programmi di congressi locali, nazionali e internazionali, sui media, negli eventi ECM. E contribuiscono ovviamente a far aumentare il consumo di questi prodotti, con le conseguenze che ormei ben conosciamo. In Malesia, per esempio, le vendite di Milo sono cresciute del 105%, sono cioè più che raddoppiate negli ultimi 5 anni.
La questione è più grave nei cosiddetti paesi in via di sviluppo, per vari motivi. Primo, perché i fondi pubblici per la ricerca sono più scarsi e per i ricercatori è più difficile trovare alternative ai finanziamenti privati. Secondo, perché questi finanziamenti permettono di arrotondare abbondantemente i magri stipendi e di fare una carriera più rapida. Terzo, perché in generale legislazione e controlli sono più lassi. Ma soprattutto perché le conseguenze avverse sono di magnitudine superiore a causa sia delle dimensioni della popolazione sia di quelle della povertà che, come è noto, favorisce i consumi di junk food.
Secondo Barry Popkin, un noto professore di nutrizione all’università del Nord Carolina, il Dr Tee, ora settantenne, “è un dio nella regione”. Oltre che per Nestlè, il Dr Tee lavora, tra le altre, per Kellogg’s, PepsiCo e Tate & Lyle (un gigante dello zucchero, compreso il fruttosio derivato dal mais). Il Dr Tee sostiene che è difficile cambiare la dieta dei malesi, facendola diventare più sana, lavorando con produttori locali e venditori di cibo per strada. Secondo lui è più facile convincere Big Food a produrre cibi più sani. Questa è la base razionale, sempre secondo il Dr Tee, per la sua collaborazione con l’industria. Sostiene anche che la sua fama gli permette di influenzare le politiche governative, compresi i regolamenti per l’industria, per esempio quelli riguardanti l’etichettatura dei prodotti. Big Food è ovviamente d’accordo. Secondo Nestlè, “le questioni di salute pubblica possono essere affrontate solo da un’ampia coalizione di tutti i portatori d’interesse, nella quale noi possiamo agire da catalizzatori”. Nestlè legge ovviamente tutti gli articoli del Dr Tee e della Società Malese di Nutrizione prima che siano pubblicati, “per garantire che i metodi siano scientificamente corretti”. “Noi affrontiamo trasparentemente la ricerca – aggiunge – e applichiamo standard rigorosi per assicurare l’integrità dei progetti fino al momento della pubblicazione”. Più chiaro di così!
Passeggiando con il Dr Tee tra le corsie di un supermercato in un sobborgo di Kuala Lumpur, con scaffali pieni di cibi industriali pronti per il consumo, compreso Nestlè Star, con il 28% di zucchero ed una scritta enfatizzata e cerchiata in rosso (“Scelta salutare del Ministero della Salute”), ci dice: “Dobbiamo smetterla di colpevolizzare le multinazionali”. “Il vero problema – continua – non è il tipo di cibo che la gente mangia, ma la quantità e lo stile di vita. I malesi mangiano in continuazione e non fanno esercizio fisico”. Stranamente gli stessi argomenti usati a propria difesa da Big Food. Non per nulla il Dr Tee viaggia per il mondo di congresso in congresso. Ha anche messo in piedi una sua ditta, la TES NutriHealth, i cui clienti sono piccole industrie alimentari. É anche membro di 7 comitati governativi ed è stato fino al 2011 presidente del comitato sui claim di salute e nutrizione.
Nel 2014 il Dr Tee ha creato la Rete di Nutrizione per la Salute Pubblica dei paesi del sudest asiatico, le cui finanze sono sostenute da Danone, Nestlé, PepsiCo e altre ditte i cui loghi svettano su tutte le pubblicazioni e sul website della Rete. Di cui le ditte non sono solo sponsor, ma anche membri associati per pianificare e realizzare attività compresa, oltre alla ricerca, l’educazione nelle scuole di tutto il sudest asiatico. Il Dr Tee ci mostra una brochure per le scuole malesi, dal titolo “Le meraviglie dei cereali integrali”. La brochure include pubblicità per i cereali Koko Krunch and Cookie Crisp, della Nestlè, che contengono sì cereali integrali, ma anche oltre il 25% di zuccheri. La Rete promuove anche il programma Healthy Kids, sempre di Nestlè, che nel 2014 ha raggiunto in Malesia 4200 alunni in 77 scuole. I materiali del programma, video, poster e stampati, non contengono pubblicità di singoli prodotti, ma fanno sì che sia ben visibile il logo Nestlè .
La Società Malese di Nutrizione, secondo i rapporti degli ultimi anni, ha ricevuto 188.000 US$ da Nestlè e Cereal Partners Worldwide per lo studio sulla dieta, 44.000 US$ da Nestlè per altri progetti e collaborazioni, 11.000 US$ dall’industria dei latticini, 10.000 US$ da una ditta di edulcoranti, e almeno 40.000 US$ da Philips Avent, che vende prodotti per la nutrizione materna e infantile. I congressi annuali sono sponsorizzati da PepsiCo e da Tate & Lyle, così come la Rete creata dal Dr Tee, ma le ditte rifiutano di svelare l’ammontare dei contributi.
Le ditte lavorano anche direttamente con il governo. Un comitato del Ministero della Salute incaricato di proporre un nuovo sistema di etichettatura include rappresentanti della Federazione delle Industrie Alimentari. Lo stesso comitato assegna il diritto di scrivere in etichetta “Scelta salutare del Ministero della Salute”. Lo stesso Ministro della Salute afferma che il ruolo del ministero non è di “fare il cane da guardia nei confronti dell’industria, ma di cooperare con la stessa”.
Per fortuna in Malesia ci sono anche dei medici e dei nutrizionisti indipendenti dall’industria. Essi elaborano e distribuiscono foglietti in cui inseriscono corrette informazioni sull’alimentazione e l’attività fisica. Organizzano anche riunioni con la popolazione e con venditori di cibi da strada per illustrare queste raccomandazioni e svelare i segreti ben nascosti degli alimenti industriali, soprattutto in relazione al loro contenuto in zuccheri semplici e grassi. Criticano anche apertamente gli articoli e altri documenti del Dr Tee e della Società Malese di Nutrizione (una specie di NoGrazie malesi; ndr).
A cura di Adriano Cattaneo