Oggi (2022) in Italia i vaccini a mRNA non tutelano meglio gli altri, e non vi è prova che riducano le malattie gravi e le morti totali

Nella Lettera precedente, la numero 108, ho sostenuto che, stando a quanto sinora comunicato, pare che la Corte Costituzionale abbia deciso in modo opposto a quanto mostrano i dati istituzionali ufficiali, che purtroppo quasi nessuno consulta. Non ultimo il Presidente AIFA, Prof. Palù, in una recente intervista al Corriere della Sera ripresa da Quotidiano Sanità, ha sostenuto ancora che il vaccino “non difende in modo completo dall’infezione”. L’affermazione è sorprendente da parte di chi dovrebbe conoscere i dati ufficiali: infatti, in realtà oggi sono proprio i vaccinati a essere più suscettibili all’infezione, come da tempo documentano proprio le pubblicazioni ISS, benché i commenti dicano altro. In base al Bollettino del 21 dicembre la vulnerabilità all’infezione dei vaccinati continua ad aumentare: il peggioramento si può misurare nel confronto con i dati dei grafici della scorsa Lettera.

Ora in media, come illustrato in un nuovo comunicato della Commissione Medico-Scientifica indipendente, rispetto ai non vaccinati di pari fascia d’età:

  • i bambini di 5-11 anni con due dosi di vaccino si infettano il 39% in più;
  • i giovani 12-39 anni con booster il 36% in più;
  • gli adulti 40-59 anni con booster il 64% in più;
  • anche gli anziani 60-79 anni con un booster si infettano ormai più dei non vaccinati, e se fermi a 2 dosi (dunque probabilmente a maggior distanza dall’ultimo inoculo) il 19% in più.

La protezione vaccinale verso Omicron è mediocre per pochi mesi, poi declina rapidamente fino ad azzerarsi all’aumentare della distanza dall’ultima dose, e infine si inverte, come ormai documenta una vasta letteratura scientifica. Ci si potrebbe chiedere come facciano tanti in buona fede a sostenere il contrario.

Risposta: molti, anche in “autorevoli” pubblicazioni, insistono nel guardare solo ai primi mesi di follow-up, e/o esprimono i risultati come “media pesata” di un periodo comunque relativamente breve, oscurando con ciò il declino progressivo dell’efficacia verso l’infezione, che appare invece evidente se si attua un monitoraggio dinamico, in grado di cogliere l’evoluzione nel tempo della curva dell’“efficacia vaccinale” (si vedano i grafici della CMSi).[1]

Si veda anche quanto documentato in oltre 51.000 operatori della Cleveland Clinic (pag. 18, Table 2 in fondo) rispetto alle reinfezioni:


[1] Un’ulteriore fonte di confusione deriva dall’insistenza con cui si vuole accreditare di efficacia aggiuntiva la protezione ibrida (inoculazioni di vaccino nei soggetti con immunità naturale), e il fatto che questo “valore aggiunto” sarebbe comunque da perseguire. A parte la modesta entità assoluta e la durata non permanente di tale vantaggio aggiuntivo, un confronto equo dovrebbe invece paragonare l’immunità naturale + booster vaccinale con l’immunità naturale +… booster naturale. Infatti, la letalità di Omicron, oggi inferiore a quella dell’influenza stagionale, e l’accertata protezione più robusta e duratura conferita dall’immunizzazione naturale, dovrebbero far accettare serenamente l’occorrenza di booster naturali per la maggioranza dei bambini, dei giovani e in genere dei soggetti in buona salute, nell’interesse proprio e della comunità.

[1] Un’ulteriore fonte di confusione deriva dall’insistenza con cui si vuole accreditare di efficacia aggiuntiva la protezione ibrida (inoculazioni di vaccino nei soggetti con immunità naturale), e il fatto che questo “valore aggiunto” sarebbe comunque da perseguire. A parte la modesta entità assoluta e la durata non permanente di tale vantaggio aggiuntivo, un confronto equo dovrebbe invece paragonare l’immunità naturale + booster vaccinale con l’immunità naturale +… booster naturale. Infatti, la letalità di Omicron, oggi inferiore a quella dell’influenza stagionale, e l’accertata protezione più robusta e duratura conferita dall’immunizzazione naturale, dovrebbero far accettare serenamente l’occorrenza di booster naturali per la maggioranza dei bambini, dei giovani e in genere dei soggetti in buona salute, nell’interesse proprio e della comunità.

Sembra dunque superfluo ribadire che i dati dimostrano il mancato rispetto della condizione a) di legittimità costituzionale per l’obbligo di trattamento sanitario, cioè che esso sia diretto anche a preservare lo stato di salute degli altri. La condizione b) di legittimità costituzionale (se vi sia “previsione che il trattamento non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi è assoggettato, salvo che per sole conseguenze” temporanee e di scarsa entità), è ancor meno rispettata in base alle prove scientifiche, per i motivi esposti qui https://drive.google.com/file/d/1ke5DphUmuCG7y9JwZ6NVWjHaAyfD6cuP/view, che avevo annunciato di riprendere in questo numero della Lettera. Non è rispettata:

  1. Andrebbe sempre precisato che il vantaggio nei confronti della malattia severa, enfatizzato di continuo in comunicati istituzionali e dai media, si riferisce alla COVID-19, non riguarda tutte le malattie che portano a ricoveri ecc., come sopra documentato…
  2. e ciò ha riguardato in tendenza anche i confronti tra decessi negli studi di maggior validità, fino a quando i produttori hanno reso disponibili al pubblico i dati relativi:
    – nel trial su adulti di Moderna: 16 decessi nel gruppo vaccinato verso 16 nel gruppo di controllo, con risparmio di qualche morto per COVID-19 tra i vaccinati bilanciato da morti in più per altre cause, soprattutto cardiovascolari;
    – nel trial su adulti di Pfizer: 21 morti nel gruppo vaccinato verso 17 morti nel gruppo di controllo, con un morto per COVID-19 in meno tra i vaccinati, sovracompensato da morti in più per altre cause, soprattutto cardiovascolari).

Così, se si contano solo i morti da COVID-19, si affermerà che la mortalità nei gruppi placebo è stata il triplo (3 vs 1) rispetto ai vaccinati con Moderna; e che è stata doppia (2 vs 1) rispetto ai vaccinati con Pfizer. Ma se correttamente si guarda alla mortalità totale, nel RCT di Moderna questa è stata identica nei gruppi vaccinati e placebo; e nel RCT di Pfizer è stata addirittura maggiore di 4 unità nei vaccinati, pur in presenza di 1 morto in meno da COVID-19. I punti precedenti dovrebbero indurre a modificare i comunicati istituzionali, che ancora oggi parlano ad es. di “tassi di mortalità per i non vaccinati alcune volte più alti rispetto ai vaccinati con booster”, senza precisare che non si tratta di mortalità totale, come il pubblico può essere portato a pensare, e comunque senza precisare anche quanto spiegato nei punti da 1 a 3.

  • Ormai con la variante Omicron (che si è dimostrata meno letale di un’influenza stagionale) i rischi più gravi da COVID-19 sono ridotti al minimo per la maggior parte della popolazione, mentre i dati inglesi (dell’Ufficio Nazionale per le statistiche UK) relativi al 2022, purtroppo pubblicati per stato vaccinale solo da gennaio a non oltre maggio, mostrano un’allarmante tendenza all’aumento della mortalità in tutte le fasce di età nei vaccinati rispetto ai non vaccinati. Questo aspetto costituisce una grande differenza rispetto al 2021, quando invece la mortalità totale tra i vaccinati era nettamente inferiore a quella dei non vaccinati (per possibili benefici netti dei vaccini rispetto a varianti più letali e per l’healthy-vaccinee bias, di cui parlerei in una prossima Lettera). Ciò potrebbe giustificare politiche sanitarie adottate in passato, quando appariva predominante l’associazione con effetti benefici complessivi delle campagne vaccinali, ma non si dovrebbe continuare a invocarlo ora, quando anche indagini epidemiologiche sui dati di Eurostat attuate da scienziati inglesi mostrano nel 2022 (da aprile ad agosto) tendenze sfavorevoli tra livelli di vaccinazione dei vari paesi e mortalità totale, anche per l’associazione sfavorevole con i livelli di copertura con booster.

Ci si potrebbe chiedere come mai tanti in buona fede sostengano con assoluta certezza e con argomenti “razionali” che anche oggi, nel 2022, le vaccinazioni proteggano l’insieme degli italiani dalla mortalità.

Casella di testo:     Risposta: l’ISS dissemina di continuo solo i dati di mortalità da COVID, ma molti intendono che si riferiscano alla mortalità totale. Altri ritengono, quanto meno, che la mortalità totale debba essere coerente con la mortalità da COVID. Ma quest’ultima presunzione non è scontata.

In Italia non sapremo se la mortalità totale sia coerente con quella da COVID-19 finché non saranno comunicati dati odierni (del 2022, con Omicron) di mortalità totale associata ai diversi stati vaccinali. È riportato che la mortalità totale nel 2021 fosse maggiore nei non vaccinati. Ma in Inghilterra da gennaio a maggio 2022 i tassi di mortalità totale rispetto ai non vaccinati sono stati maggiori nei vaccinati con 1-2 dosi, e han teso ad aumentare rapidamente anche all’aumento della distanza dalle tre dosi.

In conclusione, quanto esposto non costituisce ancora prova decisiva contro le strategie in atto, ma rafforza comunque la richiesta, emersa con vigore anche nel Congresso POLI-COVID-22, di aprire un urgente confronto scientifico anche con voci scientifiche critiche, come quelle presenti al Congresso, cui è stato di nuovo negato un confronto istituzionale. E penso che sarebbe utile che un confronto scientifico attivo si aprisse anche nel Gruppo NoGrazie.

Alberto Donzelli

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