L’EMA vince il ricorso sulla trasparenza dei dati

All’annuncio dell’intenzione di rendere pubblici i dati sui trial clinici dell’adalimumab, un farmaco per l’artrite reumatoide, l’EMA era stata diffidata dal farlo dalle due ditte USA implicate, la AbbVie (ex Abbott) e la InterMune (biotecnologie). La diffida era stata accettata da un tribunale. Ma il 5 Dicembre 2013 la corte d’appello dell’Unione Europea ha però annullato la sentenza di primo grado, permettendo così all’EMA di procedere con la pubblicazione dei dati.

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Accordo raggiunto in Europa sulla registrazione dei trial clinici

La notizia ci viene data dalla campagna AllTrials (http://www.alltrials.net/2013/clinical-trials-regulation-europe-breaking-news/). Glenis Willmott, laburista, europarlamentare del gruppo dei Socialisti democratici, sta guidando l’iniziativa sulla legislazione comunitaria riguardante la registrazione dei trial clinici. Il comitato dei rappresentanti di tutti i paesi membri ha approvato il testo del regolamento il 20 dicembre 2013. Questo andrà ratificato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dei Ministri, probabilmente nei primi mesi del 2014.

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Alcune industrie del farmaco lanciano un portale per l’accesso ai dati dei trial clinici

Il 3 Gennaio 2014 la campagna AllTrials ha annunciato il lancio di un nuovo portale per i ricercatori che vogliono accedere ai dati, resi anonimi, degli studi clinici al livello dei singoli pazienti (http://www.alltrials.net/2014/3559/). GSK, Roche, Boeringer Ingelheim, Sanofi e ViiV Healthcare sono le 5 aziende che per prime hanno intrapreso la strada della trasparenza e hanno invitato anche le altre a fare lo stesso.

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Mettere GlaxoSmithKline alla prova sulla paroxetina

Quando il Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry (JAACAP) pubblicò lo studio 329 nel 2001,(1) i caporedattori non sapevano che l’articolo avrebbe dato inizio a una controversia non solo sull’uso della paroxetina nei bambini, ma anche sui dati nascosti nei trial clinici. Una controversia continuata fino ai giorni nostri.

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Dalle evidenze all’azione

Ha avuto luogo a Settembre del 2013 a Dartmouth, New Hampshire, USA, la prima conferenza internazionale sulla prevenzione dell’eccesso diagnostico e terapeutico.(1) In contemporanea il National Cancer Institute USA ha pubblicato un documento nel quale afferma che “l’eccesso diagnostico è frequente ed è sempre più spesso associato agli screening per il cancro”.(2) Questa affermazione va in parallelo con i risultati di una recente indagine che mostra come solo un cittadino su 10 sia informato dal proprio medico del rischio di eccesso di diagnosi e trattamento.(3) E come dimostra la serie di articoli del BMJ su troppa medicina, non succede solo con il cancro.(4-6) Il BMJ lancia un appello per altri articoli sul tema e annuncia una seconda conferenza per Settembre 2014 ad Oxford (www.preventingoverdiagnosis.net). Alla prima conferenza sono state presentate oltre 150 tra comunicazioni orali e poster a un’audience di più di 320 ricercatori da quasi 30 paesi. Alla conclusione della conferenza sono state identificate le seguenti priorità per procedere a una riduzione dell’eccesso diagnostico e terapeutico: Continua la lettura di Dalle evidenze all’azione

Buoni sconto per i farmaci

Provate ad andare su quasi tutti i siti web ufficiali di un farmaco di marca disponibile negli Stati Uniti e, insieme a collegamenti per la prescrizione e per le informazioni sulla sicurezza, troverete i link per acquistarli con buoni-sconto e sistemi di co-pagamento con carte per le rateizzazioni mensili. La maggior parte delle offerte sono variazioni sul tema: “Perché pagare di più? Con la carta di risparmio è possibile ottenere il farmaco X per solo 18 $ per prescrizione” o “Prendi un campione di prova di 30 capsule di farmaco Y con la prescrizione del medico e chiedi al medico se va bene per te”. Perché i produttori offrono buoni-sconto per i farmaci? È una buona cosa per i pazienti? Questa è la domanda che si fanno gli autori di un recente articolo del NEJM.(1)

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Cina: nubi sulla ricerca farmacologica

Un articolo del New York Times pubblicato online il 22 luglio 2013 riferisce che i dirigenti della multinazionale britannica GlaxoSmithKline (GSK) erano stati avvisati due anni fa sui problemi cui stava andando incontro la ditta nel suo centro cinese di ricerca e sviluppo, con potenziali rischi finanziari e legali.(1) Il New York Times ha avuto accesso a un documento riservato del novembre 2011 che sembra indicare come i problemi per GSK vadano oltre eventuali pratiche immorali di marketing, al centro dello scandalo attuale, e si estendano al centro di ricerca che GSK ha creato a Shanghai per lo sviluppo di farmaci neurologici.

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La rottura della partnership tra un istituto di ricerca e un’industria farmaceutica

Il non raggiunto accord tra l’Istituto Mario Negri (IMN) e la GlaxoSmithKline (GSK) su un importante progetto di ricerca porta alla luce sfide importanti per le partnerships tra pubblico e privato.(1) L’IMN ha deciso di non partecipare a un progetto per affrontare la resistenza agli antibiotici a causa dei rigidi accordi legali e nei confronti della confidenzialità dei dati imposti dalla GSK, del fatto che la stessa controllava il disegno della rierca e l’accesso ai dati.

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Il mea culpa di Fiona Godlee, caporedattore del BMJ

Ben Goldacre, l’autore di Bad Pharma (tradotto in italiano come Effetti collaterali) si chiede come facciano molte organizzazioni sanitarie ad adottare Linee Guida in collaborazione con l’industria del farmaco. In questo errore è caduto niente meno che il BMJ, ed ecco come spiega l’accaduto Fiona Godlee. Il BMJ aveva chiesto all’Associazione Britannica Produttori di Farmaci (ABPI) la sponsorizzazione per due meeting, uno sull’accesso ai dati degli RCT e un secondo sul ruolo dell’industria nell’ECM.

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Il parere di Ben Goldacre

Sul divorzio di cui sopra ha espresso il suo punto di vista sul BMJ anche Ben Goldacre, assieme a due coautori.(1) Essi ribadiscono che la Guidance conteneva gravi distorsioni dei fatti. Affermava, per esempio, che tutte le informazioni sui trils clinici condotti dall’industria sono accessibili al pubblico. Sappiamo che non è vero: le migliori stime disponibili ci dicono che di circa la metà dei trials non sappiamo nulla. Affermava che vi è un robusto quadro di regole che impone la pubblicazione dei dati.

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Il matrimonio con Big Pharma si è concluso con il divorzio*

Vi ricordate tutta la discussone sulla Guidance (Guidance on Collaboration between Healthcare Professionals and the Pharmaceutical Industry and Clinical Trial Transparency)? Siamo intervenuti anche come NoGrazie con una lettera sul BMJ e ne ha scritto estesamente Guido Giustetto su Dialogo sui Farmaci (2012;3:136-8). Si trattava di un tentativo di redigere e approvare una guida per un partenariato fra medici e industria farmaceutica.

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La medicina basata sulle evidenze diventa più vecchia ma non più saggia?

Nel 1995 David Sackett condusse uno studio su un ospedale inglese da cui risultò che il 53% dei pazienti aveva ricevuto un trattamento basato su RCT e il 29 % su evidenze non sperimentali ma convincenti. Diciotto anni dopo lo studio è stato ripetuto con le stesse modalità, stesso ospedale e stesso numero di pazienti,(1) rilevando che il 22% dei pazienti aveva ricevuto un trattamento in base a RCT mentre il 61% secondo convincenti evidenze non sperimentali.

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