Perché non possiamo avere fiducia nelle linee guida*

Nel 1994 un piccolo gruppo di studiosi stabilì che tutte le donne che avevano una densità ossea inferiore a 2,5 deviazioni standard rispetto alla norma erano osteoporotiche e quelle con densità fra -1.0 e -2.5 osteopeniche. Dopo quella data l’osteoporosi divenne una malattia universalmente riconosciuta. Anche se quel livello di densità ossea doveva avere solo un valore epidemiologico, divenne di fatto la soglia per un intervento farmacologico sempre più diffuso.

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Chi è il nemico dell’ECM? Il conflitto d’interessi o il bias?

I crediti ECM sono richiesti agli operatori sanitari per continuare ad esercitare la professione. Negli USA, nel 2011, il 75% dei providers di crediti ECM ricevevano sostegno finanziario e tecnico dall’industria della salute, con Big Pharma in prima fila. Un recente articolo del JAMA si chiede se questo sostegno presenti più problemi per l’implicito conflitto d’interessi o per il bias, cioè la sistematica inaccuratezza delle informazioni, che vi è associato.(1) Gli autori pensano che il bias abbia effetti più gravi e che prevenirlo sia perciò più importante che prevenire il conflitto d’interessi. Da informazioni inaccurate, infatti, derivano non solo pratiche errate da parte degli operatori di quei corsi ECM, ma anche linee guida e politiche errate che hanno effetti a più ampio raggio.

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Bevande energetiche e alcol: la ricerca finanziata dall’industria minimizza i danni

Mescolare alcol a una bevanda energetica è un’usanza popolare, ma con quali e quanti rischi?(1) In alcuni paesi circa il 40% della gente si intossica con miscele di queste bevande il venerdì e il sabato sera. Un’indagine italiana mostra che l’85% degli studenti di una Facoltà di Medicina riferisce il consumo di bevande energetiche mescolate con alcol nel mese precedente l’inchiesta.(2)

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Articolo completamente inventato e accettato da 157 riviste

Un giornalista di Science si è inventato un articolo pieno di errori facilmente identificabili e l’ha inviato a 304 riviste “open access”.(1,2) Riviste di questo tipo spuntano attualmente come funghi e danno la possibilità ai ricercatori di pubblicare i loro articoli, pagando somme ragionevoli ma a volte anche elevate per renderli accessibili liberamente e gratuitamente al pubblico.

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Molte riviste mediche non obbligano ancora a registrare i trials clinici

Per stabilire la percentuale di riviste mediche che richiedono la registrazione obbligatoria dei trials clinici per accettare un articolo, e per capire le ragioni per l’adozione o meno di tale regola volta a ridurre il bias di pubblicazione, gli autori di questo studio hanno inviato a un campione casuale di 200 riviste una richiesta per ricevere il testo completo delle istruzioni per gli autori e una valutazione di editori e caporedattori sul bias di pubblicazione.(1)

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L’EMA dovrebbe rendere pubblici i suoi dati sui farmaci approvati negli ultimi 10 anni

Association Internationale de la Mutualité, Health Action International Europe, International Society of Drug Bulletins, e Medicines in Europe Forum chiedono che l’EMA (European Medicines Agency) renda accessibili tutti i dati sui farmaci approvati negli ultimi 10 anni, e non solo quelli dei farmaci che saranno approvati dopo il 1 marzo 2014, come propone l’EMA stessa.(1)

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I dati resi pubblici da Big Pharma sono solo una parte di quelli in suo possesso

Questo studio pubblicato su PLoS Med icine compara le informazioni disponibili sui Clinical Study Reports (CSR), cioè le relazioni dettagliate sui trials clinici in possesso delle ditte farmaceutiche e rese disponibili volontariamente per questo studio, con quelle disponibili al pubblico nelle riviste mediche o nei documenti per la registrazione dei farmaci.(1)

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Le librerie dell’industria farmaceutica non sono facilmente accessibili

Il BMJ riferisce una notizia data al 7° Congresso Internazionale sulla peer review e le pubblicazioni biomediche, tenutosi recentemente a Chicago.(1) I delegati al congresso sono stati informati sul fatto che i documenti interni dell’industria farmaceutica sono meno accessibili di quelli dell’industria del tabacco.

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Rendere pubblici tutti i dati dei trial clinici

Quasi 10 anni fa un epidemiologo italiano, Alessandro Liberati, scrisse un appassionato articolo sul BMJ.(1) Era affetto da mieloma e doveva decidere se sottoporsi a un secondo trapianto di midollo. Tra le evidenze a disposizione c’erano “quattro trials randomizzati i cui risultati non erano stati ancora pienamente pubblicati”. “Perchè,” si chiedeva, “sono obbligato a prendere una decisione sapendo che l’informazione esiste, ma non è disponibile?” E concludeva scrivendo che i “risultati della ricerca dovrebbero essere facilmente accessibili alle persone che hanno bisogno di prendere decisioni sulla propria salute.”

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Sunshine Act in azione

Per i medici USA il 1 agosto 2013 è stata una data storica. Quel giorno è infatti entrato in vigore il Sunshine Act. Da quel giorno ogni transazione finanziaria in denaro o in natura che superi i 10$ tra un medico o gruppo di medici e uno o più produttori di farmaci o altri materiali sanitari deve essere notificata e inserita in uno speciale registro pubblico che dal 1 settembre 2014 potrà essere interrogato da chiunque.

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Una campagna low cost per ridurre la prescrizione di antibiotici in Italia

Questo studio controllato non randomizzato è stato realizzato per verificare l’ipotesi che una campagna di comunicazione fosse fattibile e contribuisse a ridurre la prescrizione ambulatoriale di antibiotici.(1) La campagna è stata indirizzata, da novembre 2011 a febbraio 2012, a 150.000 residenti delle province di Modena e Parma,  usando come controllo la popolazione delle altre province dell’Emilia Romagna.

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L’iniziativa Choosing Wisely (scegliere con accortezza)

Per ridurre l’eccesso di diagnosi e di terapia, e le relative conseguenze, in Italia è nata Slow Medicine (http://www.slowmedicine.it/). Nei paesi anglofoni è nata e sis ta diffondendo un’iniziativa che condivide gli stessi obiettivi: Choosing Wisely (scegliere con accortezza).(1) L’idea è chiedere alle associazioni professionali di elaborare delle liste di 5 procedure diagnostiche e/o terapeutiche usate in eccesso, per poi chiedere agli associati di ridurne l’uso.

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