Quando medici e pazienti fanno gli interessi dell’industria

Con questo titolo abbiamo riportato nella lettera n. 46 (marzo 2017) uno scambio di opinioni tra NoGrazie e ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici), che aveva espresso delle obiezioni in merito al pezzo che Giovanni Peronato aveva scritto per la lettera n. 45 (febbraio 2017) riassumendo e citando un articolo apparso su JAMA Internal Medicine.(1) Nella lettera 46 abbiamo pubblicato anche un commento di Giovanni Codacci-Pisanelli su un articolo nel frattempo uscito sul New England Journal of Medicine sullo stesso argomento.(2)

 

 

Evidentemente il tema comincia ad essere considerato interessante dai ricercatori e dalle riviste scientifiche. E non è solo l’ANMAR in Italia ad intervenire a difesa delle associazioni di pazienti.

Sul BMJ è stato pubblicato il 14 marzo 2017 un editoriale firmato dal direttore esecutivo di National Voices,(3) una coalizione di circa 150 associazioni britanniche che si occupano di assistenza sanitaria e sociale.(4) Tra i membri della coalizione vi sono moltissime associazioni di pazienti.(5) Citando gli articoli del JAMA Internal Medicine e del New England Journal of Medicine, gli autori ammettono il rischio di bias legati ai conflitti d’interessi per le associazioni di pazienti, notoriamente e purtroppo in maniera non trasparente finanziate in tutto o in parte dall’industria di farmaci e dispositivi medici. Essi però non sono d’accordo sulle proposte di tagliare di netto il cordone ombelicale che lega le associazioni all’industria.(6) Secondo loro, i legami possono essere mantenuti, se le associazioni di pazienti:

  • Sono governate da leaders forti e capaci.
  • Si dotano di codici di condotta sulla gestione dei conflitti d’interesse.
  • Rendicontano entrate e uscite in maniera dettagliata e trasparente.
  • Diversificano le fonti di finanziamento.
  • Fanno conoscere i loro principi e le loro politiche ai donatori e al pubblico.

Le coalizioni e le reti che riuniscono le associazioni di pazienti a livello nazionale potrebbero avere il compito di guidare i loro aderenti a mettere in pratica i principi di cui sopra.

Ammesso e non concesso che quanto proposto sia accettabile e fattibile (la letteratura mostra che sono poche le associazioni di pazienti disposte a rendicontare in maniera trasparente e a dotarsi di codici di condotta sui conflitti d’interesse), la domanda da porsi è: ma l’industria di farmaci e dispositivi medici sarebbe disposta a mantenere gli attuali livelli di finanziamento se le associazioni di pazienti decidessero di essere totalmente trasparenti e indipendenti da conflitti d’interesse? Potrebbe ritenere che si tratti di un investimento poco profittevole e dirottare i fondi su altre forme di marketing.

Sul tema forse si sta aprendo un dibattito anche in Italia, grazie ad alcuni esempi citati da un articolo di Repubblica Salute.(7)

A cura di Adriano Cattaneo

  1. Rose SL, Highland J, Karafa MT, Joffe S. Patient Advocacy Organizations, Industry Funding, and Conflicts of Interest. JAMA Intern Med 2017. 10.1001/jamainternmed 2016 8443
  2. McCoy MS, Carniol M, Chockley K et al. Conflicts of Interest for Patient-Advocacy Organizations. N Engl J Med 2017;376 (9):880-5
  3. Taylor J, Denegri S. Industry links with patient organizations. BMJ 2017;356:j1251
  4. http://www.nationalvoices.org.uk/
  5. http://www.nationalvoices.org.uk/membership/our-members
  6. Moynihan R, Bero L. Towards a healthier patient voice: more independence, less industry funding. JAMA Intern Med 2017;356:350-1
  7. http://www.repubblica.it/salute/2017/04/03/news/cosi_big_pharma_finanzia_le_associazioni_dei_malati-162065246/?ref=RHRS-BH-I0-C6-P10-S1.6-T1