Il JAMA ha recentemente pubblicato tre research letters su temi che interessano i NoGrazie. La prima riguarda i pro e i contro della pubblicazione dei risultati preliminari di trial clinici randomizzati (RCT) che sono ancora in corso.(1)
Gli autori hanno cercato in PubMed articoli che hanno pubblicato risultati preliminari di RCT pubblicati nei 10 anni trascorsi tra il 01/01/2006 e il 31/12/2015. Hanno poi cercato su vari database le pubblicazioni dei risultati definitivi degli stessi RCT; quando non le trovavano, scrivevano agli autori chiedendo spiegazioni. Su 613 articoli con risultati preliminari, 442 (72%) appartenevano a RCT che non erano stati completati a causa di effetti benefici evidenti (n=105), effetti dannosi evidenti (n=67), inutilità (n=224) o altri problemi (n=46). I rimanenti 171 RCT (quasi tutti in oncologia, chirurgia e cardiologia) sono stati completati; per 98 di questi erano disponibili i risultati finali. Per 73 di questi 98 RCT erano disponibili risultati preliminari sulle stesse misure di outcome e sicurezza. In 58 casi (79%) non vi erano differenze sostanziali tra i risultati. Nei rimanenti 15 casi (21%) vi erano delle differenze: da nessuna differenza tra i trattamenti a benefici del trattamento in esame (4 casi), da nessuna differenza a danni (3 casi), da benefici a nessuna differenza (6 casi), da benefici a danni (1 caso), e da inconclusivo a non inferiore (1 caso). In conclusione, la maggioranza delle pubblicazioni su risultati preliminari di un RCT sono inutili perché non sapremo mai com’è andata a finire, non sapremo mai cioè se il trattamento era efficace, dannoso o simile a quello con cui si paragonava. E nel 21% dei rimanenti casi il lettore è portato a credere a risultati che sono poi ribaltati a RCT completato e pubblicato. Probabilmente vale la pena leggere i risultati preliminari solo di quei RCT che prevedono la loro pubblicazione nel protocollo di ricerca.
La seconda lettera riguarda la condivisione pubblica dei dati sui singoli individui che partecipano a un RCT.(2) Si tratta di una misura caldeggiata do molti enti finanziatori e dalle più importanti riviste mediche perché permette verifiche più accurate rispetto alla condivisione di dati aggregati.Il più importante registro pubblico di RCT, ClinicalTrials.gov, ha aggiunto dal 2015 un paio di voci per invitare i ricercatori a dichiarare che renderanno pubblici i dati individuali. Ma quanti ricercatori lo fanno? Un’analisi degli RCT registrati su ClinicalTrials.gov tra gennaio 2016 e agosto 2017 rivela che su 35.621 RCT registrati, il 72% aveva completato le voci corrispondenti del registro, 2.782 (10.9%) con un sì, 6.452 (25.3%) con un forse, 16.317 (63.9%) con un no. Tra i sì, però, in 154 casi la descrizione di come sarebbero stati disponibili i dati faceva pensare a un malinteso delle regole. Ma, come nell’orwelliana fattoria degli animali, non tutti quelli che rispondevano erano uguali. I sì e i forse erano più numerosi tra gli RCT finanziati dal settore pubblico, mentre restavano prossimi allo zero per gli RCT finanziati dall’industria. In base a questi risultati, dalla fine di giugno 2017 ClinicalTrials.gov ha aggiunto delle sottovoci che dovrebbero permettere di strutturare meglio le risposte. Vedremo se queste misure serviranno a migliorare la pratica di condividere pubblicamente i dati individuali degli RCT.
La terza lettera riguarda una stima della prevalenza di dichiarazione di conflitto d’interesse nella letteratura medica e l’attenzione rivolta a queste dichiarazioni nei media.(3) Gli autori hanno analizzato un campione casuale di 1002 articoli da 269 riviste che aderiscono alle politiche dell’International Committee of Medical Journal Editors (ICMJE), indicizzati in PubMed nel 2016. La dichiarazione di conflitti d’interesse poteva essere mancante, negativa (se tutti gli autori ne dichiaravano l’assenza), o positiva (se almeno uno degli autori dichiarava interessi passati, esclusi cioè quelli riguardanti il finanziamento dello srudio in oggetto). Nel 13.6% degli articoli la dichiarazione mancava, era negativa nel 63,6% e positiva nel 22.9%. La prevalenza delle dichiarazioni positive variava per tipo di articolo e tema: maggiore in editoriali, commenti e revisioni non sistematiche (31.4%), minore nelle revisioni sistematiche (10%), di poco inferiore alla media negli articoli riportanti risultati di ricerche (19.8%). Tra questi ulrimi, la prevalenza era maggiore quando si trattava di farmaci (31.5%) o dispositivi medici (22.3%), rispetto ad altri trattamenti (15.4%). Gli articoli con dichiarazioni positive erano in generale pubblicati su riviste con impact factor più alto e ricevevano maggiore attenzione sui media, scientifici e no. C’è evidentemente bisogno di migliorare le regole per le dichiarazioni di conflitto d’interessi, compresa una migliore classificazione degli stessi che permetta di analizzare con maggiore chiarezza la loro possibile influenza.
A cura di Adriano Cattaneo
- Woloshin S, Schwartz LM, Bagley PJ et al. Characteristics of Interim Publications of Randomized Clinical Trials and Comparison With Final Publications. JAMA 2018;319:404-6
- Bergeris A, Tse T, Zarin DA. Trialists’ Intent to Share Individual Participant Data as Disclosed at ClinicalTrials.gov. JAMA 2018;319:406-8
- Grundy Q, Dunn AG, Bourgeois FT et al. Prevalence of Disclosed Conflicts of Interest in Biomedical Research and Associations With Journal Impact Factors and Altmetric Scores. JAMA 2018;319:408-9